giovedì, 21 novembre, 2024
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INTERVISTA A DIEGO BASSO - di Francesco Bettin

Diego Basso Diego Basso

Direttore d’orchestra tra i più estrosi e creativi, eclettico Maestro musicale attivissimo su numerosi fronti, dalle direzioni delle arie d’opera al rock sinfonico, al pop, da numerosi anni Diego Basso è al centro di importanti progetti curati in prima persona, portati in giro per il mondo. Convinto che la musica sia sempre occasione di incontro e costruzione, senza confini, ha scelto un percorso per una condivisione allargata che possa arrivare a tutti, che lo ha portato a lavorare con tantissimi artisti, da Il Volo ad Andrea Griminelli, a Simon Le Bon, Roby Facchinetti, Andrea Bocelli, solo per citarne qualcuno. E con la Musica, un rapporto straordinariamente intenso e d’amore. Moltissimi gli spettacoli e le formazioni dirette, gli omaggi ai grandi artisti (Morricone, Queen, Battisti, Dalla…) le serate dedicate alle colonne sonore del cinema, moltissime le proficue collaborazioni e i progetti ideati, l’Orchestra Ritmico Sinfonica Italiana, Art Voice Academy, di cui è Direttore Artistico. Lo intervistiamo in una delle sue pause, la sua estate è infatti colma di impegni. Molto attivo anche sugli schermi televisivi, Basso ha arrangiato anche l’Inno Fratelli d’Italia per Gianni Morandi

Maestro, come sono stati i suoi inizi?
Frequentavo la parrocchia e il parroco chiamò un signore per insegnare musica, ma ero troppo giovane e non se ne fece nulla. Successe poi che arrivò un'altra persona che cercava allievi per il Conservatorio e capì la mia sensibilità per la musica, invitandomi a fare un esame affiancando le scuole medie a quel percorso. Fui ammesso alla classe di fagotto dopo un esame, per poi passare al corso di tromba. Ma dopo qualche anno mi venne la poliposi nasale e svenivo suonando. Non era possibile continuare. 

Ma un certo destino l’attendeva…
Già. Mollai la tromba e studiai direzione di coro, lavorando molto anche nelle direzioni d’orchestra, scoprendo un mondo mio finchè anni dopo Paolo Limiti mi chiamò in televisione per i suoi programmi. Da lì è partito tutto. Ma all’inizio non ne girava bene una, sembrava ci fosse un destino beffardo. 

La musica cosa le ha dato più di tutto?
Tantissime soddisfazioni, a volte anche qualche sofferenza perché non è mica facile fare questo lavoro. Ma stare sul palcoscenico è un’emozione unica, è vero, come quella che si sente quando la gente si complimenta, ti aspetta, ti dice che ha passato una bella serata e ti ringrazia. Sono cose che contano perché siamo qui anche per questo. Ma ci sono alti e bassi, e molti sacrifici. 

Come si onora la musica, come è giusto approcciarsi?
Con disciplina, studio, rispetto. Il Direttore non è il capo di nessuno, ma è al servizio dell’orchestra e fa sì che il suono diventi musica. Conta moltissimo l’emozione, il palcoscenico è verità, la gente percepisce tutto. E si capisce dall’applauso che arriva, si sente. Sono convinto che il lavoro paga, anche se ci vuole della fortuna, gli incontri giusti, se il treno passa bisogna essere preparati e le occasioni quando arrivano bisogna saperle portare avanti. E non si finisce mai di imparare, lavorando tutti i giorni si matura sempre di più. Anche i grandi che ho conosciuto, collaborandoci assieme, Morricone, Maazel, era gente che non si fermava mai, che cercava dalle partiture qualcosa di speciale. 

Lei dirige nei suoi progetti anche molto pop, spazia nei generi.
Conoscendo la musica, come bisogna. In questi giorni ho dei concerti lirici, musica che ho studiato e che si sa non è una passeggiata. Se si studia, e si conosce quel mondo poi si può fare di tutto dopo, anche dirigere il pop, il rock, la sinfonica in modo completamente diverso. 

Abbracciare tanti generi musicali come fa lei è una specie di segreto per conoscerla meglio, la musica?
Per me la musica è una sola. E’ un principio fondamentale, nell’Ottocento le arie d’opera erano in fin dei conti la musica pop di oggi. Non mi permetterei mai di dirigere una sinfonia di Beethoven, dirigo delle arie, delle sinfonie, che è il mondo che ho sempre sentito più mio: il rock sinfonico, le colonne sonore. La musica di Ennio Morricone è qualcosa che mi appartiene, come quella dei Queen. Niente si improvvisa, dietro c’è uno studio di anni a fianco di alcuni grandi compositori, come con Morricone appunto, vedendo le prove e la severità, una certa maniacalità, il rigore che metteva. Lui stesso mi ha esortato a continuare quando ha visto le mie trascrizioni. 

Moltissime le sue collaborazioni con artisti notevoli.
L’importante come ho detto prima è essere pronti quando ti vien chiesto qualcosa, come successe ad esempio con Simon Le Bon che doveva fare un pezzo rock in un programma televisivo, ma lo voleva sinfonico. O con Brian May, Sting. O stando a fianco di Roby Facchinetti per due anni, scrivendo 540 pagine di musica dei Pooh. La grande forza è poter stare accanto ai grandi artisti e con loro sentire, anche sperimentare. Certe volte ho avuto la fortuna di avere carta bianca, che è un’arma a doppio taglio, soprattutto con dei mostri sacri. Ho avuto molte soddisfazioni. 

Tra i suoi impegni di questo periodo c’è  un concerto a EstEstate Festival con un progetto su Lucio Battisti, e nuove moltissime altre date in programma.
Ogni volta che lavoro su un autore mi chiedo cosa posso fare io per lui. Essendo un Direttore che lavora con la grande orchestra mi son messo a pensare a un’idea particolare per Battisti, con un concerto sinfonico e alcuni pezzi in versione jazz, con cinque cantanti donne. Un’altra ricerca. 

Tutto questo serve anche per riuscire a coinvolgere anche un pubblico giovane che riesca ad apprezzare il classico, oltre al pop e ai generi di adesso?
Esatto, è importante portare la musica nelle piazze e in tutti i posti e dare a tutti la possibilità di ascoltarla perché succede che dopo averla ascoltata lì certe volte i giovani vanno nei teatri a scoprire, diciamo, quell’altra musica, la classica. I ragazzi dobbiamo andare a prenderli noi orchestrali, artisti, dobbiamo essere bravi a farli uscire e appassionare. 

Lei è un convinto fautore della musica in tutti i luoghi, vero?
Certo. I miei concerti li ho fatti al mare, in montagna a 2600 metri, dove posso cerco di uscire dai luoghi canonici perché il teatro è un mondo un po’ chic. In Inghilterra, ad esempio ci sono nei teatri dei posti n vendita a cinque sterline, proprio per avvicinare i giovani, e qui da noi? E comunque non è che basti riservare questi spazi, con loro bisogna riuscire a comunicare. Guardi anche i mass media, se continuano a insistere solo con certi brani di rap, trap, chi ascolta sente solo quello. All’Art Voice Academy, la mia scuola, ho parlato di Beatles e nessuno li conosceva, ma quando ho fatto fare a tutti un pezzo del quartetto inglese sono rimasti tutti entusiasti. Bisogna divulgare. 

Il mondo della musica è cambiato molto?
Nessuno più investe, è tutto un mordi e fuggi, si incidono le canzoni e si bruciano in pochissimo, mi dica lei quali sono i successi rimasti negli ultimi trent’anni. A parte pochissime eccezioni.

La scuola cosa dovrebbe fare per avvicinare alla musica?
Stendiamo un velo pietoso, lì si studia ancora il flauto. Qualche conservatorio ha aperto un pochino al pop, ma c’è sempre tanto muro, sono troppi quelli ancora fin troppo chiusi. Fin che non ci si rende conto che la musica è una, come ho detto prima, e se fatta bene funziona, non si va da nessuna parte. Questo è il senso della musica, del lavoro da svolgere. Anche se si fa la musica classica ma non la si fa bene non serve a nulla.  Bisogna riconoscere che qualche realtà interessante per i ragazzi in giro si trova, ma siamo ancora molto, molto indietro rispetto ad altre situazioni in Europa, dove l’ora di musica è considerata importante e non tanto per fare. E’ questione di cultura ovviamente. 

Una cosa che le sta molto a cuore, giustamente.
Fondamentale è la formazione, non il successo, poi ognuno di noi ha delle sue peculiarità, si può fare il cantante, il solista, l’insegnante. Nella scuola che dirigo alcuni son venuti per cantare pop e si sono laureati in musica lirica, ed è la soddisfazione più bella che ho avuto nella mia vita. O come qualcuno che si è iscritto per imparare a cantare e ha scoperto di avere doti attoriali. I bambini bisogna capirli, scoprire la loro vocazione, il loro strumento più adatto. Che è la funzione che dovrebbe avere la scuola n questo Paese. 

I suoi prossimi impegni?
Diverse cose, diversi progetti come sempre. Sono sempre in giro, con i miei progetti, Plays Queen, Musicall, sarò a Sanremo al teatro Ariston, al teatro Romano di Verona, poi festeggeremo i 20 anni della scuola con concerti a Castelfranco Veneto. E il 19 di agosto sarò al Bryant Park di New York con la New York City Opera, per un concerto con un tenore italiano. E tante altre cose tra cui un concerto all’alba sulle colline del Prosecco, omaggiando il Maestro Morricone

Francesco Bettin

Ultima modifica il Lunedì, 03 Luglio 2023 19:34

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