20 dicembre 2020. Terzo pesante lockdown in gran parte del Paese per l’impennata dei casi Covid dovuti alle nuove mutazioni del virus. I teatri che si stavano preparando al breve respiro dalle restrizioni per il periodo natalizio promesso dal governo, hanno dovuto abbassare il sipario ancora una volta, cancellando la stagione festiva delle pantomime.
Cosa fare allora per mantenere in vita il teatro dopo mesi di chiusura e come preservare la sua specificità di diretto contatto col pubblico?
In questo periodo si è assistito, se non alla nascita, alla crescita di un’altro fenomeno. Infatti è diventata sempre più evidente la necessità di utilizzare la rete digitale per comunicare, e via via si è sviluppata l’idea che anche gli spettacoli dal vivo potessero diventare così facilmente accessibili come il programma televisivo preferito.
Per i teatri questa evoluzione si è svolta per fasi dettate sia dalla risposta del pubblico che dall’iniziativa dei teatri stessi.
Durante il primo lockdown del marzo 2020 le registrazioni digitali degli spettacoli teatrali e operistici, dei balletti e dei concerti erano state offerte gratuitamente al pubblico su YouTube o diffuse attraverso i canali televisivi della BBC. Erano state viste da milioni di persone ed avevano ampliato il pubblico attirando una fascia anche di nuovi spettatori. Ma dopo alcuni mesi, nonostante il risultato positivo, si è dovuto constatare che questa forma di diffusione non era in grado di produrre salari per i creativi che avevano realizzato gli spettacoli o per gli attori che vi apparivano.
A luglio, il National Theatre con lo streaming gratuito dei suoi spettacoli su YouTube, aveva raccolto in donazioni l’equivalente di soli 20 penny per visione, nonostante i quindici milioni di spettatori, sollevando la preoccupazione che lo streaming gratuito su YouTube non era in grado di sostenere economicamente i lavoratori del teatro, nonostante l’alto indice d’ascolto.
Si aggiungevano altri problemi. Da una parte la constatazione che non tutti i teatri, specie quelli piccoli o medi, avevano filmato in precedenza i loro spettacoli e che quindi mancavano della materia prima per questo tipo di comunicazione. In secondo luogo, la chiusura e riapertura a singhiozzo dei teatri non lasciava tempo per mettere in scena e poi filmare gli spettacoli che si potevano con fatica produrre durante le varie fasi di allentamento delle restrizioni Covid. Si assisteva quindi, da una parte alla scarsità del materiale da mettere in rete, dall’altra alla difficoltà di produrlo, unite al bisogno di sostenere con un salario ed una continuità di lavoro i creativi ed i lavoratori dello spettacolo.
Questo complesso insieme ha portato alla progressiva anche se molto misurata monetizzazione degli spettacoli offerti in forma digitale, da poche sterline a un progressivo anche se pur minimo aumento, solitamente al di sotto delle due cifre, per poterli accedere, accompagnato da una quasi costante domanda di un’offerta monetaria supplementare per il mantenimento dello specifico teatro. Così opera per esempio la Royal Opera House di Covent Garden, che mette sul suo sito web opere, balletti e concerti a pagamento.
Intanto le piattaforme digitali già esistenti hanno velocemente intercettato la possibilità di un nuovo mercato e in connubio coi i creativi in cerca di visibilità hanno incentivato la creazione di nuove piattaforme digitali.
In un ulteriore sviluppo, il primo dicembre il National Theatre di Londra ha annunciato la creazione di una propria piattaforma digitale a pagamento, chiamata National Theatre at Home, per la diffusione dei suoi spettacoli. Dettata da ragioni economiche, per trovare altri mezzi di sussistenza per gli artisti ed i creativi degli spettacoli della piattaforma, costerà 9,98 sterline al mese o 99,98 sterline all’anno, con in più l’opzione di noleggiare singole produzioni per 72 ore, per circa sei/otto sterline secondo lo spettacolo. Ha lanciato undici spettacoli sia registrati dal vivo che d’archivio, tra cui Phèdre, di Racine del 2009, per la regia di Nicholas Hytner, con Helen Mirren; Three Sisters di Chekov, adattato da Inua Ellams, riambientato in una Nigeria sull’orlo della guerra civile che è stato in scena al NT fino al febbraio 2020; Medea con Helen McCrory del 2014; Othello con Adrian Lester e Rory Kinnear del 2013 e Mosquitoes di Lucy Kirkwood, con Olivia Colman e Olivia Williams, per la regia di Rufus Norris, del 2017.
Così il National Theatre at Home si unisce alla altre piattaforme digitali on demand (a pagamento), al Digital Theatre ed alla Marquee TV.
Allo stesso tempo altre istituzioni hanno creato le proprie piattaforme web interne come il Soho Theatre, l’English National Ballet, il Shakespeare Globe e il Royal Court Theatre.
Questo proliferare di piattaforme ha a sua volta stimolato la creazione di nuovi spettacoli ad hoc in digitale, dando vita a un nuovo tipo ibrido di comunicazione e di spettacolo: il teatro digitale.
Ecco i particolari. Dal marzo 2020 i teatri hanno cominciato a diffondere spettacoli in streaming su YouTube. Grandi produzioni come Frankenstein con Benedict Cumberbatch e Johnny Lee Miller per la serie National Theatre at Home, per esempio, oppure più contenute come Anansi the Spider Re Spun, ricreato per la rete, dell’ Unicorn Theatre. La BBC col suo programma Culture in Quarantine ha divulgato produzioni passate come Albion di Mike Bartlett dell’Almeida Theatre, ma ha anche commissionato nuovi lavori per la televisione e la radio, e creato per iPlayer (l’equivalente di RayPlay) la serie Headlong che lancia nuovi brevi spettacoli. I vari lockdown hanno creato opportunità per le piattaforme digitali di streaming già esistenti, come Digital Theatre, creata nel 2009 e Marquee TV attiva dal febbraio 2019. Digital Theatre, ha una grossa fetta del mercato dell’istruzione - Drama è tra le materie del curriculum scolastico - ed ha triplicato i suoi abbonati nel primo mese di lockdown. Anche Marquee TV - che auspica una possibile simbiosi con le Arti e si è velocemente associata con la Royal Shakespeare Company di cui ha in streaming al momento venti spettacoli su richiesta - ha visto da marzo un aumento del 300% dei suoi spettatori di cui ha identificato due categorie, quella di chi ha più di 55 anni, gli spettatori che andavano a teatro prima del Covid e la categoria dai 18 ai 25 anni, che usa di più il digitale, ma con spettatori mutevoli, incostanti, per cui è necessario cambiare il palinsesto degli spettacoli offerti settimanalmente.
Se da una parte queste piattaforme digitali non si possono permettere dal punto di vista economico di trasmettere gratuitamente - l’abbonamento a Digital Theatre costa al mese 9,99 sterline e 8,99 sterline la Marquee TV - ed anche di pagare i creativi e gli artisti degli spettacoli trasmessi, dall’altra, la Marquee TV ha da luglio iniziato a commissionare nuovi lavori. Progetta di produrre cinque o sei novità all’anno ed ha già filmato un pezzo di teatro-danza del coreografo Crystal Pite, Revisor, in collaborazione con la Canadian Broadcasting Corporation e la BBC Arts.
La BBC da parte sua, come servizio pubblico, ha messo insieme un repertorio di spettacoli teatrali e musicali provenienti dalle maggiori istituzioni, dai teatri regionali e da artisti indipendenti ed ha dato avvio ad una strategia di commissioni per generare quella continuità di lavoro che è essenziale per la vita dei teatri e dei creativi.
Anche l’Art Council England, la maggiore istituzione governativa per le Arti, ha istituito in associazione con la BBC, l’agenzia di commissione digitale Space, e una rete multicanale per le Arti su YouTube, Canvas.
Queste agenzie sono particolarmente importanti per le piccole compagnie teatrali che non hanno le risorse finanziarie per filmare i loro lavori. Per esempio lo spettacolo It’s True. It’s True. It’s True del Breach Theatre in scena a Edinburgo nel 2018, - la drammatizzazione del processo per stupro del 1612 della pittrice Artemisia Gentileschi - è stato trasmesso dalla BBC a febbraio, poi per un mese da iPlayer e infine è apparso su YouTube. Billy Barrett, co-fondatore di Breach asserisce che questo non sarebbe stato possibile senza il finanziamento, le attrezzature e le risorse della sovvenzione che ha permesso di pagare la compagnia e di oltrepassare le difficoltà che si presentano ad un regista teatrale quando si trova a filmare con molteplici telecamere o quando deve sbrogliare la barriera dei diritti musicali. Da cui risulta che è cruciale aiutare le piccole - e non piccole - compagnie se il digitale deve essere accessibile a tutti. Conseguentemente Sarah Ellis, direttrice dello sviluppo digitale della Royal Shakespeare Company e presidente di Space asserisce che mentre “il Covid accelera la convergenza tra spettacoli dal vivo e il digitale”, è vitale sviluppare l’abilità delle compagnie e dei professionisti autonomi per aiutarli a diventare indipendenti. “Streaming grandi produzioni filmate crea un nuovo pubblico e mostra il talento di chi lo produce. Ma senza una continuità di materiale, il pozzo creativo inevitabilmente si asciugherà.”
Lancia anche una critica ed uno sguardo al futuro quando dice che finora dallo streaming, data l’emergenza di far vedere spettacoli, è emerso un prodotto derivativo dell’esperienza teatrale, mentre il suo successo a lungo termine risiede nell' “essere agile”, nell’usare diversi strumenti in modi diversi.
Per esempio la Compagnia Talawa di Croydon, nel sud di Londra, ha portato avanti un progetto digitale, messo sul sito web della compagnia in autunno, Tales From the Front Line (Racconti dal Fronte) che consiste di sei brevi pezzi di dieci minuti ciascuno derivati da interviste dal vivo con lavoratori neri e coi lavoratori in prima linea nella lotta contro il Covid, filmati sul cellulare.
A questo punto emerge un’altra domanda, infatti varie altre domande. Quali sono le caratteristiche di quello che appare come un nuovo genere in seno alle Arti ? Come si presenta la nuova simbiosi? Date le plurime ramificazioni per i mezzi tecnici digitali con cui si configura, è possibile individuare e analizzare in che cosa consiste la sua originalità?
E se il pubblico è l’elemento sine qua non del teatro dal vivo, cosa succede al vitale ruolo del pubblico nel teatro digitale? Il pubblico, in presenza, deve esistere?
In fondo la domanda essenziale rimane: il teatro dal vivo, può esistere al digitale?
Domande a cui cercherò di rispondere nel prossimo articolo.