LONDRA
EK/ FORSYTHE/ QUAGEBEUR
12 novembre Sadler’s Wells
Blake Works
Choreography and stage design William Forsythe
Music: James Blake songs from The Colour in Anything
Costume design: Tanja Ruhl, William Forsythe
Prémière 4 July 2016 with Paris Opera Ballet, Palais Garnier, Paris
Take Five Blues
Choreography and Costume Design: Stina Quagebeur
Music: Nigel Kennedy, songs from Recital
Take Five (written by Paul Desmond,)
Stage prémière of the original version : 17 May 2021, Sadler’s Wells, London
The Rite of Spring
Choreography : Mats Ek
Music: Igor Stravinsky
Costume and Set Design: Marie Louise Ekman
World Prémière
A Londra c’è un teatro dedicato esclusivamente alla danza. Purché danza sia, il cartellone varia a ritmo sostenuto al Sadler’s Wells Theatre. Per la serata speciale che ha visto l’English National Ballet impegnato in tre pièces, l’ultima delle quali in prima assoluta mondiale, ogni ordine di posti era occupato da un pubblico competente e appassionato.
Tre pièces in crescendo emotivo: William Forsythe non ha bisogno di presentazione, il suo interesse è il movimento nello spazio, si diverte a giocare con quello codificato della classica che considera lettere di un alfabeto, per lui non ha segreti, li scompone e ricompone in un gioco che può giocare come nessun altro, ci vuole una tecnica assoluta perché il corpo di ballo riesca ad assecondarlo fingendo che tutto questo non sia frutto di fatica, ma sembri qualcosa di facile e leggero. Questa volta, per Blake Works, ha scelto come colonna sonora la creazione di un delicato cantautore inglese, James Blake, ponendo quindi la più ardua tra le tecniche coreutiche al servizio di un album intitolato The Colour in Anything, per trasmettere un sentimento di piacevolezza e delicatezza che è sottolineato da costumi minimali del colore del cielo. L’ammirazione di Forsythe per il corpo dei ballerini classici, che sfida la fatica e di questa è frutto, è tale che li paragona agli atleti di Olimpia, ma non si percepisce in loro sudore ne’ fatica e il pubblico premia tanta aerea perfezione.
La giovane Stina Quagebeur segue in qualche modo la stessa ispirazione, in questo suo Take Five Blues. Pur essendo reduce da un grande successo nel 2019 con un balletto narrativo come Nora, tratto da Casa di bambola di Ibsen, nell’annus horribilis si trova a dover creare un balletto per L’English National Ballet’s Digital Season, per il quale dovrà creare anche i costumi, che sono per l’appunto di varie sfumature di blu. E per le musiche Stina sceglie il jazz di Nigel Kennedy, che esplora in Recital Dave Brubeck e Paul Desmond, standards che non esitiamo a riconoscere, come è facile riconoscere l’uso che qui si fa di Bach, come sempre magnifico in ogni versione. E i danzatori, come i jazzisti, improvvisano i movimenti e lavorano sul gesto come quelli fanno col suono. E soprattutto non è più un filmato!
La grande sorpresa però ce la riserva in questa sua creazione Mats Ek, che sette anni orsono, al compimento del suo settantesimo compleanno, aveva deciso di tornare a creare solo se spinto da una profonda esigenza. E in questa sede direi consacrata ha avuto luogo una coreografia su di un balletto creato per Nijinsky ed i Ballets Russes di Djaghilev nel 2013 che ha successivamente ispirato non solo lo stesso Ek nel 1984, ma Léonide Massine, Martha Graham, Maurice Béjart e Kenneth Mac Millan, e già Pina Bausch per il National English Ballet. Chiunque avrà la fortuna di vedere quest’ultima versione di The rite of the Spring firmata da Ek, vedrà quanto il bello possa essere fecondo all’infinito. “La musica è la mia guida e la mia sorgente” dice il coreografo svedese, e ciò che sembrò già un secolo fa di una innovazione stupefacente è stato ancora un seme fecondo. Perché per Ek la connessione tra musica e drammaturgia è assoluta, il gesto sembra fiorire dal suono, e il suono è quello magnifico dell’English National Ballet Philarmonic. Sembra impossibile fare avanguardia sull’avanguardia, ma qui coreografia, scenografia e costumi dell’artista svedese, e collaboratrice di Ek Marie-Louise Ekman, da cinquant’anni, un corpo di ballo del quale dobbiamo almeno citare Emily Suzuki e Ferrando Carratalà Coloma, perché protagonisti, ma è davvero una compagine tutta di altissimo livello che fa lavoro di squadra. Lavorare oggi ancora sull’avanguardia a distanza di un secolo vuol dire costumi che sembrano impossibili e sono ieratici, scenografie cariche di mistero, movimento totalmente lontano dal balletto di tradizione che recupera anche la grande innovazione del gesto bidimensionale della compagnai Nijinsky, e scelte finali di cui non vogliamo fare menzione perché cariche di una inaspettata e liberatoria innovazione, delle quali non vogliamo togliere a nessuno la gioia della scoperta.
Annamaria Pellegrini