Qual’è la scelta giusta: potenziare le Arti a Londra per poi portarle nelle Regioni o potenziare le Arti nelle Regioni depotenziando Londra?
Quando Nadine Dorries, il ministro della Cultura, Digitale, Media e Sport nel governo di Boris Johnson, ha chiesto all’Art Council di dirottare 24 milioni per anno fino al 2026 alle Regioni, ha creato un dilemma che è stato risolto con un taglio brutale ai sussidi per il teatro e soprattutto per l’Opera a Londra.
In particolare l’English National Opera (ENO) con sede al Coliseum di Londra, la seconda affermata casa operistica della capitale, con un’orchestra, coro, cantanti, professionisti e forza lavoro di più di trecento persone, ha perso in ventiquattro ore tutti i dodici milioni annuali di sussidio. L’English National Opera è l’istituzione che ha popolarizzato e diffuso l’opera nel mondo anglosassone con produzioni cantate in inglese. Se questo pare strano all’orecchio italiano il lavoro di traduzione e quello sulla tonalità e ritmo della parola nell’accoppiarla alla musica originale ha dato risultati ottimi. Le testimonianze di questi giorni a favore dell’ENO raccontano del suo ruolo nell’attrarre e nel far amare l’opera a un pubblico anche giovane. Associati all’ENO, tra i direttori d’orchestra sono stati Colin, Davis, Reginald Goodall, Charles Mackerras, Mark Elder e Edward Gardner, e tra i registi David Pountney, Johnathan Miller, Nicholas Hytner, Phyllida Lloyd e Calixto Bieito.
La Royal Opera House di Covent Garden si è vista ridurre il suo sussidio del 9% per anno (da 24 milioni e mezzo ai 22 milioni e duecento all’’anno) e la prestigiosa Glyndebourne Opera nel Kent ha subito un taglio che non le permetterà di girare con le sue produzioni su territorio regionale.
All’Hampstead Theatre, al Gate Theatre (una perdita di più di 300 mila sterline l’anno), alla Donmar Warehouse fondata e diretta da Sam Mendes, tra i maggiori produttori di nuove scritture teatrali e fervidi centri culturali a Londra, sono stati tolti di secco tutti i sussidi e per tre anni.
I mondi dell’opera e del teatro sono in rivolta. I maggiori critici, i direttori artistici, i professionisti della musica e del teatro hanno deprecato la scelta di cui non si capiscono le ragioni e che sembrano e sono contraddittorie: togliere il cento per cento di sussidi ad alcune grandi istituzioni che avanzano l’Arte a Londra per dirottarli a una miriade di centri regionali. Si sospetta che la scelta sia stata dettata dalla politica del governo conservatore di “livellare” le differenze tra la ricchezza di una prosperosa metropoli ed una povertà di risorse regionali che diventa più notevole più a Nord vai. È chiaro che la decisione è stata dettata non solo da scelte etiche, ma anche da scelte politiche, dato che il partito conservatore vuole mantenere i comuni “rossi” del Nord che erano stati in mano ai laburisti, e che aveva conquistato nelle ultime elezioni.
Ma, detto questo, la scelta di defenestrare delle istituzioni portanti nelle Arti dall’oggi al domani non fa comunque senso.
Sir Nicholas Serota, presidente dell’Art Council England, ha dichiarato che si è preferito falciare delle istituzioni che hanno il potenziale di riprendersi e rinnovarsi, piuttosto che limitare i sussidi ad una moltitudine di altre compagnie. Il direttore generale dell’Art Council England, Darren Henley, ha precisato che le istituzioni artistiche a Londra continueranno a ricevere 152 milioni di sterline all’anno, un terzo dei fondi dell’Art Council. Ed ha specificato i problemi notati: l’opera su larga scala non ha aumentato il suo pubblico, mentre il maggior incremento si è visto nei pub, in piccoli ambienti e sul tablet. Stuart Murphy, direttore generale dell’English National Opera, ha ribattuto che la sua politica degli ultimi tre anni era focalizzata sull’aumento del pubblico. Nella stagione 21/22 ci sono stati all’ENO 64.000 spettatori, di cui 51% nuovi. Per la nuova stagione 22/23, da settembre, sono stati venduti 6000 biglietti di cui più della metà gratis a chi ha meno di 21 anni e gli altri con forti riduzioni per gli under 35. Ha inoltre ricordato la sua drive-in opera, in un parcheggio, durante la pandemia ed il lavoro con Netflix nel creare una TikTok Opera con 17 milioni di spettatori. Chiede quindi quali siano i dati che provano che il publico vuole l’opera in spazi più intimi.
ENO Tosca 22 Sinéad Campbell Wallace. Foto Genevieve Girling
Darren Henley dell’Art Council ha inoltre dichiarato che per il periodo 2023-26 attraverso il Transfer Programme si è voluto dare anche un aiuto finanziario alle compagnie che vogliono trasferirsi fuori Londra tra cui per esempio l’Headlong Theatre (circa 700 mila sterline), le compagnie teatrali Paines Plough (circa 300 mila sterline) e Complicité (quasi 400 mila sterline), la English Touring Opera (più di due milioni), Music for Youth e Orchestra for All a cui vanno circa 300 mila sterline ciascuna.
Ma allo stesso tempo i sussidi per il touring della Glyndebourne Opera sono stati tagliati.
Lo scandalo per aver tolto il 100% dei sussidi all’English National Opera viene ridimensionato con l’offerta di dare 17 milioni in tre anni alla Compagnia per aiutarla a traslocare in una città di preferenza - e citano Manchester- senza contare che Manchester è già servita dall’Opera Nord che opera nella vicina Leeds.
Se su carta l’operazione sembra fattibile, in realtà spostare 300 professionisti e le loro famiglie fuori Londra, è un suicidio per loro e per l’ENO. Quanto del sussidio andrebbe in buonuscite e ricollocazioni?
Sorgono altre domande: come una nuova ENO potrebbe trovare patrocini e sovvenzioni private e pubbliche in un mercato più ristretto di quello internazionale di Londra? Le entrate di botteghino potranno essere le stesse, senza quelle in particolare dei turisti, specie quelli americani? E come questo si riverserà sul prezzo dei biglietti? Dovranno aumentare facendo dell’ENO un’opera per élite? La nuova ENO potrà mai avere lo stesso peso nel mondo della musica così da poter portare le sue produzioni a Londra, per sfruttare quel mercato? E musicisti, cantanti, professionisti e operatori dell’Opera, potranno avere gli stessi contratti e contatti internazionali di cui godevano prima?
Ci sono voluti cento anni di grandi energie per conseguire l’alto livello delle produzioni e formare ed avere ottimi artisti, come si è visto in Porgy and Bess del 2018 col suo glorioso cast nero, e nella Tosca attualmente in cartellone. Destabilizzare l’ENO, sperando in un rinascimento altrove è molto rischioso.
Depauperare Londra, che ancora stenta a far tornare a teatro lo stesso numero di spettatori pre-pandemia, per aiutare le Regioni, non sembra essere la scelta corretta. Senz’altro le regioni vanno aiutate e il touring delle maggiori rappresentazioni londinesi va intensificato. Ma decurtare brutalmente in questo momento di faticosa ripresa delle istituzioni artistiche che offrono produzioni di qualità riconosciute internazionalmente, prodotti che tutti vorrebbero vedere ‘in giro’ per le Regioni, per il Mondo, o recapitate nella propria casa attraverso la televisione o in digitale, è economicamente e culturalmente illogico.
Sadiq Khan, sindaco di Londra, si dice devastato dai più di 50 milioni di tagli alle sovvenzioni per le Arti londinesi, quando i costi operativi si stanno alzando vertiginosamente, quando le bollette elettriche stanno aumentando, quando il Covid e la crisi economica impattano sul numero degli spettatori. “ Le organizzazioni culturali di Londra contribuiscono miliardi e potenziano la ripresa economica della capitale e dell’economia del paese in generale. Una Londra forte equivale ad un forte Regno Unito”.
Non tagli, ma crescita. Teatri, cinema, televisione, radio, musei, e attività culturali fanno di Londra un crogiolo di creatività solo eguagliato da New York. L’industria delle Arti dà lavoro e forma artisti e tecnici di alto livello oltre a dare immenso piacere intellettuale e di intrattenimento a migliaia di spettatori ed è pietra fondante dell’industria turistica. Dissipare un tesoro non solo culturale, ma economico è assurdo.