Libretto di Tanya Ronder
Musiche di Jim Fortune
Liriche di Rufus Norris
Regia di Rufus Norris
Scene e costumi di Katrina Lindsay
Coreografia di Jade Hackett
Con Michael Elcock (Principe), Rosie Graham (Principessa), Victoria Hamilton-Barritt (Queenie),
Lisa Lambe/Neïma Naouri (Fairy)
Al National Theatre, Londra fino al 14 gennaio 2023
Hex significa Maleficio. Il nuovo felice musical offerto dal National per la stagione natalizia e oltre, prende l’avvio dalla famosa storia de La Bella Addormentata di Charles Perrault del 1697- la principessa che addormentata è risvegliata dal bacio di un principe-, e la integra con una storia derivata da Sole, Luna e Talia, de Lo cunto de li cunti, di Giambattista Basile pubblicata nel 1636, in cui la principessa si ritrova con due figlioletti dopo l’abbraccio del principe che non è riuscito a svegliarla. Hex ripropone anche una sua versione della seconda parte della storia, presente nelle due versioni seicentesche, in cui una donna malvagia trama una vana vendetta ai danni della principessa. In Basile è la moglie del principe, mentre in Perrault, come in Hex, è la madre del principe, discendente dagli Orchi.
Quindi personaggi ed i motivi chiave rimangono in Hex, ma mescolati ed agitati sì da formare uno spumeggiante, fantasioso, magico, divertente, ironico, paradossale musical.
Neïma Naouri (Queen Regina) and Kody Mortimer (King), both front right, with cast of Hex at the National Theatre. Foto Johan Persson.
Tutto incomincia per il pasticcio creato dalla Fata, Fairy, maldestra e pasticciona che estromessa dal regno fate -che calano dall’alto-, chiamata a corte, infligge il maleficio che se la principessa si pungerà, si addormenterà fino a quando un principe la sveglierà con un bacio. Ironicamente attualizzata è la Regina che istericamente pretende che la principessa sia addormentata per farla smettere di strillare. Ma le spine si moltiplicano: personaggi clown con spine enormi prorompenti dai costumi le si fanno intorno, uno strisciante spinone la punge, e una selva di scalei suggerisce la foresta che cresce intorno al palazzo. Il palazzo stesso pende dall’alto, con torrette gotiche, trapuntato di lucine che accrescono la magia e che girandosi rivela l’alcova dove la principessa dormirà per un secolo. C’è l’Orco, puzzolente e a caccia di cibo umano che si aggira, ma senza una storia, che invece si concretizza nel Secondo atto attraverso il personaggio dell’Orchessa Queenie, la superba Victoria Hamilton-Barritt, dalla voce potente e capace di modulazioni. La sua presenza in scena è magnetica. Dal suo apparire con una parrucca che l’alza di trenta centimetri ed un costume che la rimpolpa sul retro, ma anche sul davanti perché gravida, Victoria Hamilton-Barritt riempie la scena e la sua interpretazione porta tutto il Secondo atto. Le fa da contrappeso Fairy, l’attrice Neïma Naouri, capace soprano con ampi acuti e variazioni di timbro e intensità, così che si avvale per esempio con effetti comici di motivi orientaleggianti nell’invocare i suoi poteri magici. Un po’ come in Aladdin di Walt Disney del 1992. In un certo senso il gioco dello spettacolo è simile a quello di Disney. Un misto di comico e di drammatico, con un risvolto giocosamente ironico. L’Orchessa indotta dalla Fairy a non mangiare i bambini, non ne può più ed ordina di imbandire la tavola.
Michael Elcock (Prince Bert, centre) and Ensemble in Hex at the National Theatre. Foto Johan Persson.
Un enorme tavolo sale dalla cavità del palcoscenico, all’Orchessa viene servito quello che lei pensa essere il primo bambino. Con le spalle al pubblico risucchia rumorosamente- suono ingrandito dai microfoni- ingordamente il piatto. Stessa scena. Il tavolo raddoppia in altezza, all’Orchessa viene servito quello che lei crede il secondo bambino. Suoni di ingurgito amplificati, risucchi. Scena grottesca, spaventosa, ipnotizzante per gli spettatori, che non sono solamente bambini sopra gli otto anni, quelli ammessi allo spettacolo secondo il programma. Il grottesco è alleggerito da personaggi e scene comiche: Michael Elcock, il Principe, a metà Orco da parte del padre e a metà umano per la madre Orchessa, e immune per nascita alle spine, è atletico e comico eroe senza paura che a stento reprime i grugniti che gli sfuggono dalla gola e che appare con la cordata di ridicolissimi principi che hanno tentato di avvicinarsi alla principessa prima di lui. Ma come in tutte le favole per bambini, il tutto si ricompone, con l’amicizia tra la Fata e l’Orchessa, che supera tutte le loro differenze e dà la morale della storia. Quella di non essere Above It All, cantata da Fairy, -mettersi al di sopra di tutto, come le Fate-, ma di vedersi per quello che si è, I Know What I Am, cantata da Queenie e On The Inside, cioè far vedere quello che si è dentro. Che sono le ultime liriche del Secondo atto. Jim Fortune, il compositore, ritiene le prime due le sue preferite e quella di Queenie una canzone tecnicamente difficile piena di passaggi drammatici e con una vasta gamma di variazioni: “spero ci sia anche un senso di piacere e di divertimento, l’essenza del tono del nostro spettacolo”. Per connettere l’intero musical ha usato temi e motivi ricorrenti: “ma stilisticamente, speriamo che la gioia di Hex sia nella gamma di stili che adoperiamo e con cui giochiamo”, per esempio “per la canzone Good Morning ci siamo immaginati le Spine come il gruppo Madness, tipicamente londinese, aggressivo e ‘Ska-infused”, mentre gli Scudieri ripetono ogni parola della Regina come in un’operetta di Gilbert e Sullivan.
Quindi una festa, uno spettacolo da godere!