Se il linguaggio esce senza quasi pettinarsi
Dialogo al limite del volto di Quotidianacom… il pensiero in radiodramma
Recensione in dialogo con Paola Vannoni e Roberto Scappin di Nicola Arrigoni
«I primati superiori si spulciano, noi invece di spulciarci chiacchieriamo», «La narrazione è una necessità biologica»…. Inizia così il Dialogo al limite del volto di Roberto Scappin e Paola Vannoni di Quotidianacom, appositamente composto per Rai Radio Tre. Dialogo al limite del volto offre l’occasione di una riflessione sul linguaggio, sulla carnalità della voce, sulla presenza sonora del pensiero, sulla capacità (non frequente) di fermare, narrare senza concedersi alla fabula, la nostra condizione quotidiana, non facendo della cronaca, ma individuando nelle parole, nel respiro che dà vita alle parole il disvelamento di quell’autentico che collima con l’essere. Si ascolta Dialogo al limite del volto con divertito spiazzamento.
Roberto Scappin e Paola Vannoni hanno la rara capacità di trasformare il particolare in universale. E allora l’aprire le noci, piuttosto che stare curvo sul piatto della minestra sono particolari di una quotidianità conflittuale che assume nella voce, nella tonalità, nella sonorità del dialogo qualcosa di assoluto, è la condizione di un continuo sfidarsi, di un tendersi trappole verbali per farla fuori e risorgere più autentici, l’uno per l’altra. È come se Roberto Scappin e Paola Vannoni con controllata impudicizia invitassero lo spettatore/ascoltatore nella loro intimità, gli chiedessero di farsi voyeur acustico, di essere complice degli sgambetti linguistici che i due si fanno per conflittuale unità d’amorosi sensi. Quel dialogo è fatto di piccoli quadri, l’uno apparentemente slegato dall’altro, ma in realtà tutti condividono una frizione fra i due che si gioca come messa alla prova amorevole. Una leggera dolcevita a strisce rosse e blu sotto lo spolverino di velluto marrone, indossata da Paola, richiama a Roberto la città di Bologna e i colori della squadra di calcio e la considerazione: «Mi sono sentito in imbarazzo, diviso tra un ricordo inutile e una sensazione piacevole. Tutto si svolgeva nel muto silenzio del mio cattivo umore». E Paola ribatte: «E’ un vero peccato che queste strisce di felicità inattesa del mattino non trapelino, così da mitigare la pena del risveglio, già di per sé ingiusta». Nell’ascolto, ma anche alla lettura le frasi e le parole che compongono il dialogo sembrano affermare: le parole precise sono queste e non potrebbero essere altrimenti.
Dialogo al limite del volto è l’esito di una raccolta di parole, conversazioni rubata e congelata con la tecnologia: «Per comporre Dialogo al limite del volto abbiamo utilizzato la videocamera come aiuto regia, segretaria di qualcosa – spiega Paola Vannoni – Abbiamo usato molto whatsapp ed e-mail che ci siamo scambiati quando i pensieri si facevano più elaborati. Il tentativo è quello di cercare di dire il linguaggio del pensiero. I nostri dialoghi non stanno tanto tempo davanti allo specchio, escono quasi senza pettinarsi. Cerchiamo il più possibile di essere spontanei, sintetici proprio per avvicinarsi al linguaggio del pensiero che è una forma pura di linguaggio che non si scontra con i congiuntivi o non ha la preoccupazione di fare bella figura». Roberto Scappin entra nel merito del sentirsi liberi e della necessità di perseguire una autenticità del dirsi: «Noi ci mettiamo nella condizione di sentirci liberi. Il caso può provocare piccole tempeste di libertà. Laddove nella vita ci si sorveglia un po’ troppo, ci si tiene un po’ troppo d’occhio, nello spazio della scrittura noi affidiamo al caso, se pure non riusciamo a non sorvegliarci, perché il pensiero pur spontaneo e sintetico è sempre sottoposto alla lente di noi stessi. Per questo sentiamo la necessità di calarci nella condizione di silenzio e di attesa e in questa dimensione le parole e i pensieri riescono ad avere più coraggio e più spregiudicatezza anche nei confronti dell’altro, come cura, come volersi bene, come atto di sincerità».
In Dialogo al limite del volto la poetica dialogica della coppia Vannni/Scappin trova una sua assolutezza di ascolto che si compie nella quotidianità dell’ascoltatore, della fruizione in podcast affidata non al tempo festivo dell’appuntamento radiofonico, ma alla scelta quotidiana della fruizione. E ciò ha un curioso rispecchiamento nella prassi poetica messa in atto dai due attori che nel nome del loro sodalizio Quotidianacom dichiarano una poetica di intenti: «la convivenza in questo ultimo anno ha determinato delle frizioni abbastanza interessanti su cui abbiamo indagato anche dal punto di vista del linguaggio – racconta Vannoni-. La nostra modalità di creazione si avvicina molto alla quotidianità. Il nome della nostra compagnia deriva proprio da questo: dalla nostra abitudine di sfidarci su molte cose, di metterci sempre alla prova, di dubitare di tante cose. Il nostro lavoro nasce dal dubbio, in tutte le storie che si possono raccontare mettiamo una buona dose di dubbio e da questo partiamo per lavorare e intessere i nostri dialoghi. Nel caso del radiodramma commissionatoci da Rai Radio Tre abbiamo messo in scena un dialogo fra due individui in un forzato isolamento». Sta qui l’abilità dei due autori, nel non prestarsi alla cronaca, per cercare una giusta distanza di racconto, nella consapevolezza che la scrittura e il linguaggio già sono impregnati del quotidiano che viviamo: «Il periodo che stiamo vivendo ha inciso sulla nostra scrittura. Ha inciso anche in maniera paradossale – spiega Roberto Scappin -. Vivere questo momento di chiusura ci ha chiesto di imparare a soffrire con la malattia. Il modo che abbiamo di confrontarci con il male, sadismo e masochismo, è quello di cercare l’autenticità, approfondire ciò che siamo. Il lockdown ci ha condizionato, abbiamo cercato di viverlo sotto il segno della luce, cercare di fare in modo di vivere questa situazione difficile amandola».
Nella sospensione del tempo e dell’agire Paola Vannoni confessa che: «Ho ritrovato il senso del nostro fare nel senso che dedichiamo all’osservazione del reale e a quei luoghi invisibili del reale che noi possiamo dilatare e diventarne quasi il paradosso, per mettere in luce queste pieghe invisibili che nascondono forse qualche verità. Ho trovato in questo il senso del nostro lavoro: mettere in luce queste parti invisibili del reale che ci aiutano a dare una lettura più autentica del periodo che stiamo vivendo». E in questa ricerca risuona ciò che scrive Martin Heidegger quando scrive «il linguaggio è la casa dell’essere e insieme la dimora dell’uomo». E in un certo qual modo con il loro mettersi in dialogo Quaotidianacom realizza sulla scana quanto scrive Umberto Galimberti riferendosi al filosofo di Essere e Tempo e parlando del linguaggio nella filosofia di Heidegger: «Il linguaggio non è qualcosa che è in potere dell’uomo, al contrario è l’uomo in potere del linguaggio, in quanto può pensare ciò che nell’ambito di un certo linguaggio rientra». In questo senso l’arte diventa apertura di un mondo, «così il linguaggio poetico non è un segno che rinvia a qualcosa che è già dato, ma è luogo in cui l’essere si dà, si eventua», scrive sempre Galimberti. In questo senso anche il titolo e il proseguire dialogico che lega Vannoni e Scappin appaiono una tensione a oltrepassare l’ente di realtà per concedersi all’essere, per disvelare qualche piccola verità nelle pieghe del reale, laddove verità nel suo senso etimologico vuol dire svelare, alzare il velo. E allora Dialogo al limite del volto mette in evidenza la sfida alla nostra incapacità di arrivare all’autenticità dell’altro. «Con Dialogo al limite del volto abbiamo voluto interrogarci sul perché spesso non si riesce arrivare all’altro, ma soprattutto abbiamo cercato di regalare all’altro l’espressione dell’altro, regalare una nuova possibilità, una sensibilità, una nuova sensazione, al di là del volto. Oltrepassando la barriera del volto appunto. Oltre il volto c’è un tipo di linguaggio che si può instaurare fra due persone che si conoscono e sembra che le loro menti riescano a dialogare al di la del volto, delle loro espressione».
Roberto: Il narrare discende da un’esigenza biologica
Paola: Non abbiamo fatto altro che spulciarci
Roberto: Come i primati superiori! Abbiamo pronunciato parole, discorsi, ma in fondo ci stavamo solo spulciando
Paola: Ma il vaccino potrebbe causare danni…
Roberto: Non possiamo saperlo se non ci vaccineremo
Paola: Una volta vaccinati potremmo smetterla di spulciarci…
Roberto: In quel caso avremmo davvero le prove…
Paola: L’effetto collaterale… uno shock dialettino.
Roberto: La prova effettiva del danno
Paola: E’ un danno se non parliamo più?!?
Dialogo al limite del volto di e con Roberto Scappin e Paola Vannoni,
ricerca sonora Roberto Scappin,
cura del suono Fabio Mazzotti,
produzione quotidianacom 2021,
radiodramma per Rai Radio Tre, 8 aprile 2021