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BIENNALE TEATRO 2018: “Gli spettri” di Leonarto Lidi e il fantasma di Ibsen alla Biennale Teatro. - di Nicola Arrigoni

Michele Di Mauro, Christian La Rosa, Mariano Pirrello, Matilde Vigna in “Spettri”, regia Leonardo Lidi Michele Di Mauro, Christian La Rosa, Mariano Pirrello, Matilde Vigna in “Spettri”, regia Leonardo Lidi

Gli spettri di Leonarto Lidi
e il fantasma di Ibsen alla Biennale Teatro
di Nicola Arrigoni

È così indispensabile sapere che Spettri è un testo di Henrik Ibsen? Forse sì, se come in certe antologie scolastiche si inizia dalla vita dell'autore per poi risalire all'opera. Ma se l'opera è un punto di partenza, forse l'autorialità ibseniana è quasi di impaccio, se poi è un testo da interrogare, allora il contesto della sua genesi può dirsi accessorio. Questa è la considerazione fatta a mente uscendo da Spettri di Leonardo Lidi, visto alle Tese dei Soppalchi di Venezia nell'ambito della Biennale. La messinscena è l'esito del progetto vincitore di College 2017. Una pedana di metallo con fondale acidato grigio, su una panchina gli attori: Michele Di Mauro, Christian La Rosa, Mariano Pirrello e Matilde Vigna. Tutto vira al nero /grigio, tranne che per la parrucca di Regina e della signora Alving e la maglietta dell'Hard Rock Cafè di Osvald, ragazzo tetraplegico che ha bisogno di continua assistenza. Il dramma ibseniano perde ogni connotato naturalistico nella lettura e riscrittura di Leonardo Lidi. Il giovane regista e dramaturg – attore nel Tieste del lattelliano Santa Estasi - ha asciugato il testo dagli orpelli realistico/descrittivi e ne ha proposto una versione tutta mentale in cui gli stessi attori sono chiamati a passarsi il testimone su più personaggi che nel caso delle figure femminili è visivamente l'indossare la parrucca bianca/ argentina. L'effetto è quello di un flusso di coscienza in cui si fatica a entrare e che non sempre è chiaro nel suo svolgersi. Tutto ciò fa perdere un po' la dinamica narrativa e relazionale. Ciò che accade in scena ha qualcosa di crudele, una crudeltà tesa e disperata che a tratti fa mancare il respiro. È come se quelle figure fossero in balia di una inevitabile e ora confessabile verità taciuta: la natura viziosa e fedifraga del defunto capitano che pretende di essere ed è, oppure la malattia di Osvald o il fatto che Regina sia figlia fuori dal matrimonio dello stesso capitano. Tasselli di un drammone sul disvelamento della falsa morale borghese che Lidi assolutizza in un incubo della mente annegato in un diluvio reale che inonda gli attori sulla scena, quella pioggia che caratterizza l'intera vicenda ed è più volte evocata. E allora di questi Spettri che dire? Che siamo di fronte a un lavoro interessante, acuto e che mostra – con pregi e difetti – cosa si possa fare di un classico e di un repertorio che ci parla quando da esso caviamo fuori le urgenze del nostro presente. Lidi in Spettri vede la casa da smontare e rimontare in cui fare abitare le false verità, gli opportunismi, il non vedere per convenienza e vergogna di un' umanità soffocata e annichilita dal bisogno di amore. Tutto questo suggerisce e stimola Spettri di Lidi e non è cosa da poco per una Biennale che vuole con generosità e ostinazione immaginare possibile un futuro del teatro.

SPETTRI
da Henrik Ibsen
adattamento e regia di Leonardo Lidi
con Michele Di Mauro, Christian La Rosa, Mariano Pirrello, Matilde Vigna
scene e luci di Nicolas Bovey
costumi di Graziella Pepe
suono di Gup Alcaro
produzione La biennale di Venezia
prima nazionale il 21 luglio 2018

Ultima modifica il Lunedì, 23 Luglio 2018 19:44

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