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MEDEA - regia Leonardo Lidi

“Medea”, regia Leonardo Lidi. Foto Luigi De Palma “Medea”, regia Leonardo Lidi. Foto Luigi De Palma

da Euripide
traduzione Umberto Albini
regia Leonardo Lidi
dramaturg Riccardo Baudino
con Orietta Notari, Nicola Pannelli, Valentina Picello, Lorenzo Bartoli, Alfonso De Vreese, Marta Malvestiti 
scene e luci Nicolas Bovey
costumi Aurora Damanti
suono Giacomo Agnifili
Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale
Fonderie Limone Moncalieri aprile 2024 debutto nazionale

www.Sipario.it, 9 aprile 2024

Chi scrive ha sempre guardato con occhio critico la regia, ritenendo centrali, nel fatto teatrale, gli attori e le attrici. Eppure certi lavori inducono a pensare che almeno l’importanza sia equivalente, tra chi immagina lo spettacolo e chi invece lo fa. Lidi è un visionario e un autentico innovatore. Si palesa in una miriade di segni sparsi a mani piene. Piccoli, significanti. Baluginano emozioni. Accompagnano nell’esaustivo mondo a parte di  una messinscena che sposa le sue componenti nelle proiezioni cerebrali del regista plasmatore di spazio e azioni, e nelle interazioni degli attori, partecipi ad un quadro che non ha nulla di scontato. Con l’imprescindibile complicità di brave attrici e bravi attori, Notari, Pannelli, Picello, Bartoli, Malvestiti, De Vreese, Lidi ha delle visioni e le concretizza. Vede una protagonista ingabbiata dietro pareti trasparenti che sembrano le sbarre di gabbie da circo, e la fa muovere come tigre o gatta, belva o bestiola domestica, addomesticata. Chi è questa dolce Medea che ucciderà i suoi bambini spauriti? Infanti a occhi spalancati, addossati alla parete di questo spazio asfittico. In silenzio, mano nella mano. Flash. Medea ha la naturalezza del mistero dell’uomo, che non conosce gli altri e neppure se stesso. Medea è affranta ma capace di ironie, trasuda dolore, ma poi non c’è solo la vendetta, c’è un barlume di gioco nella coscienza della fragilità della vita, che accomuna tutti, tranne forse Medea, parente del Sole. Amore anche da parte di Glauce e di Giasone. Quant’è straziante Glauce. Quant’è disarmato Giasone. Quant’è nobile, nella sua compostezza, Egeo. Quant’e incantatrice e ammaliante questa indagine sull’amore attraverso la drammaturgia, che il regista ha svolto scavallando le epoche e approdando ora a una delle tragedie più fosche di Euripide. Così pregna d’amore. 

Maura Sesia 

Ultima modifica il Giovedì, 11 Aprile 2024 16:25

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