Claudio Ambrosini
TANCREDI APPRESSO IL COMBATTIMENTO
Ginevra Schiassi Clorinda
Christian Federici Testo
Stefano Maiorana tiorba
Claudio Monteverdi
IL COMBATTIMENTO DI TANCREDI E CLORINDA
con Alvaro Lozano
Stefano Maiorana tiorba
Roger Hamilton cembalo e direzione
Matelda Cappelletti regia
Lorenzo Bergamini scene
Massimo Poli costumi
Gianni "Giaccio" Trabalzini luci
44ª Cantiere Internazionale d'Arte, Montepulciano 2019
Teatro Poliziano 27 luglio 2019
Montepulciano risente ancora di tutta la vena creativa e umana di Henze. Il compositore tedesco che s'innamorò letteralmente del borgo toscano, oggi riserva ancora tante sorprese. Soprattutto per quel che riguarda il fine didattico della musica. Henze proveniva da una formazione moderna della scrittura compositiva, veniva dalla scuola di Schoenberg e il suo pensiero era talmente moderno da far rabbrividire anche i più scettici suoi contemporanei. Pertanto nel pensiero di Henze a Montepulciano si cerca di trovare la contemporaneità singolare. E questo è alla base della democratica volontà di mantenere i rapporti fra tutti coloro che fanno di Montepulciano un qualche cosa che va oltre il festival, l'evento, la musica. È un confronto. Nell'indirizzo pertanto è ancora importante creare confronti con il passato e il presente. Quindi mettere in scena un capolavoro come "Il combattimento di Tancredi e Clorinda" di Claudio Monteverdi significa andare a fondo del senso della Passione che è il tema che il direttore artistico Boer ha voluto dare a questa edizione. La passione, il dolore, la scomparsa, la ricerca di un tempo finito o infinito è trattato con estrema profondità da Monteverdi in una indagine dell'animo umano così come poteva essere oltre l'uomo del suo tempo. A tutto ciò è stato contrapposto il pensiero musicale di Claudio Ambrosini che ad oggi presenta una visione di ulteriore grande profondità. Scrive "Tancredi appresso il combattimento" che è quello che non si narra nell'opera di Monteverdi. Ambrosini si mette lo scafandro e scende a fondo delle viscere del dolore umano. La rappresentazione scenica è di forte intensità. La regia di Matelde Cappelletti sa segnare con il rosso più intenso entrambe le opere. Inoltre Ambrosini sa sentire a fondo il dolore di Tancredi, è come se lui fosse li a narrare, come se fosse egli stesso a dire come sente la sofferenza di una morte così tragica. Monteverdi era un uomo nel cui tempo certamente non poteva esprimere alcune profondità dell'anima. Ambrosini invece convoca tutti in una sorta di seduta di psicanalisi collettiva dove ognuno proietta il proprio su una narrazione di grande gesto musicale e umano. Tutti gli interpreti sono stati di assoluta bravura che è coincisa con il pathos che hanno sviluppato entrambi gli autori. L'ensemble diretto da Roger Hamilton è stato così recettivo del fare linguaggi simili e mai così vicini da essere certamente oltre il normale giudizio di una operazione del genere. D'altronde Ambrosini non è lontano da Monteverdi proprio perché allora come oggi il linguaggio cerca un orizzonte che vada oltre la comune romantica passione dove è tanto fuori. E questo il genio di un tempo che va di pari passo con le crisi dell'umanità.