drammaturgia del movimento Marta Ciappina
drammaturgia Simone Derai, Piero Ramella
assistente alla drammaturgia Paola Barbon
collaboratori alla regia Marco Menegoni e Piero Ramella
assistente alla regia Dijana Brnič
con Bruno Bassanello, Vittoria Caneva, Marta Ciappina, Lisa Hofman, Piero Ramella,
Maya Ripalti, Elena Sgarbossa, Max Simonetto, Francesca Ferrazzi e Joshua Zilinske
musica e sound design Mauro Martinuz, additional drums Alberto Paolin
scene, luci, costumi e regia Simone Derai, foto Giulio Favotto
organizzazione Annalisa Grisi, distribuzione e art managment Domenico Garofalo
produzione 2023 Theater an der Ruhr/Anagoor, produzione italiana OperaEstate, Csc San Bonaventura,
Bassano del Grappa, 27 luglio 2024, prima nazionale Operaestate Festival
È Michele Mele, direttore di Operaestate Festival per la sezione danza, a fornire la chiave di lettura di un lavoro che è nato al Theater an der Ruhr come esito di laboratorio e che è rinato a Bassano del Grappa, in sinergia con Centrale Fies, ovviamente ad opera della compagnia Anagoor. «Operaestate trasforma Bassano del Grappa e non solo in città spettacolo – racconta Mele -. La comunità degli spettatori incontra la comunità degli artisti e per quanto riguarda la danza c’è un tessuto autoctono e di formazione coreografica molto fertile e che ho cercato di far dialogare con i grandi maestri della scena italiana contemporanea. Da questa consapevolezza e soprattutto risorsa è scaturita la coproduzione di Bromio, performance nata in Germania e che ora trova nuova vita nell’ambito di Operaestate». Ed è l’aspetto comunitario, la consapevolezza che il teatro nel suo dna sia rito e coralità che attraversa la sfida coreutica e di movimento messa in atto da Anagoor. Come sempre per la compagnia di Castelfranco Veneto il punto di partenza di ogni azione scenica è da individuare nel mito e nella tradizione classica. Da qui il titolo Bromio, soprannome di Bacco, derivante da βόόμος, ‘fragore’, ‘fremito ‘, o perché secondo il mito il dio era stato generato in mezzo ai fragori del tuono dalla madre Semele colpita dal fulmine, o perché l'ebbrezza del vino produce fremito e furore. Altro riferimento è poi alle Baccanti di Euripide che fanno da pre-testo a un lavoro tutto fisico che va in cerca di quello stordimento, di quel fremito che dà vita a un nuovo mondo, che è la vertigine di un corpus unico che si muove, attraversato da un fremito che toglie il respiro, che stordisce, in fondo purifica per ridare vita poi alla communitas. È questo che, forse, Bromio vuole sollecitare nel suo chiamare a raccolta gli spettatori e come in una transumanza umana guidarli verso l’ex chiesa di San Bonaventura, con le immagini sacre velate, luogo di raccolta. Seduti lungo il perimetro della chiesa, su coperte come migranti in cerca di una nuova terra, si assiste alla danza di un gruppo di giovani corpi, sollecitati dall’interno dalla regia coreutica di Marta Ciappina. Ciò che va in scena in Bromio è il lento e autosuggestionato montare di un fremito coreutico che vorrebbe essere bacchico e strizza gli occhi ai rave party: ma in fondo sono questi i nuovi lavacri dello stare e del rinascere contemporaneo, dello stordimento, dell’annullamento di sé in cerca, forse, di un comune senso di straniamento e di cupio dissolvi. Noi spettatori rimaniamo tali, osserviamo il mutare dei volti, il sudare dei corpi, ipnotizzati dalla ripetizione dei movimenti. In piedi si vorrebbe ballare, forse si dovrebbe farlo. La performance finisce con l’invito a uscire dal tempio per assistere in coro alla chiusura sulla piazza dell’azione coreografica. Nella replica a cui si è assistito tutto ciò è stato stemperato, se non annullato, da una pioggia torrenziale che ha sciolto il senso di comunità, lasciando che gli officianti al rito s’immergessero nell’atto lustrale di un temporale, tanto inatteso, quanto liberatorio. Ciò che mette in luce Bromio di Anagoor è la voglia di reiventare riti che ci ridiano respiro collettivo, che ci facciano dimenticare l’io solitario del nostro individualismo, per farci accedere a un noi che nasce da una condizione di disorientamento in cui si cerca di far pronte unendo le comuni debolezze, incertezze e speranze. Nicola Arrigoni