Vizio delle anime anguste
Concept e drammaturgia ROSANNA CIERI
Coreografia SIMONA CIERI
Musiche autori vari
Danzatori Martina Agricoli, Paloma Biagioli, Ilaria Fratantuono, Roberta Morello, Giovanni Consoli, Mattia Solano
Regia Rosanna e Simona Cieri
Produzione MOTUS con il sostegno di Regione Toscana
Siena, Teatro dei Rinnovati, 4 febbraio 2024
Giunta ad oltre 100 produzioni in 30 anni di attività, la senese compagnia Motus, creata da Rosanna e Simona Cieri, si distingue per le proposte a forte impatto etico e sociale, ed è ormai attiva in campo internazionale, in Europa ed in USA. In Siena l’abbiamo vista nascere e crescere, educare alla danza generazioni, ma non è per motivi affettivi che abbiamo voluto essere presenti a questa ultima creazione. La domanda che ci incuriosiva era: come potrà essere rappresentata l’ingratitudine, in danza? E perché questa dedica a Julian Assange, attualmente recluso in UK, che prima della fine di questo mese andrà a processo? Anche perché non è facile trasferire l’impegno morale in arte, si rischia la retorica fine a se stessa. E la danza deve essere arte, lo è. Prima dello spettacolo, nel buio, poche parole hanno spiegato il tema dato, con semplicità e chiarezza. Al levarsi del sipario, i movimenti della compagnia hanno espresso con eleganza, professionalità, rigore e capacità creativa di grande calibro, in poco più di un’ora, in un’esperienza di assoluta bellezza formale, senza ricorrere alla narrazione, il concetto dato, la storia di una vita straordinaria, il timore che le nostre vantate libertà di occidentali siano davvero tali, o se abbisognino di una prudente autocensura. Lo sapremo fra poco, se dire la verità è un delitto, o una necessità. Al termine della rappresentazione tutto è chiaro, anche se non si ricorre alla narrazione gestuale, con una tecnica molto vicina, nel campo dell’arte, a quella di Escher o di Piranesi (per l’appunto): con la tecnica della ripetizione per accumulo del gesto, in questo caso non del segno grafico, i danzatori sobriamente abbigliati in abito borghese circondano una silhouette simile a quella di Assange, che a sua volte ripete i gesti di giorni sempre uguali, quelli delle reclusioni in un piccolo spazio, guidati da una base sonora che spazia da Bach al Jazz, dove il sassofono è strumento guida. Si muovono sulla scena apparentemente in maniera astratta, in compagnia di neri tavolini e seggiole thonet parimente nere, dapprima una, poi due poi tre…poi altre ancora e ancora: al termine della danza, la silhouette di Assange è dietro un’impalcatura, che è diventata la sua prigione, legato con corde, che faranno infine crollare la stessa prigione, mentre Giorgio Gaber canta Libertà. Il cronista non può fare niente di più per cercar di raccontare questo teatro – danza, uno spettacolo perfetto per forma e contenuto, di grande maturità espressiva, e speriamo di buon auspicio. Uno spettacolo che va semplicemente visto, a cui auguriamo grande fortuna a tutte le latitudini, soprattutto in USA naturalmente. E che sia solo testimonianza di un ricordo vergognoso. Annamaria Pellegrini