Direttore Artistico Bruno Beltrão
Assistente alla direzione Gilson Cruz
Con Wallyson Amorim, Camila Dias, Renann Fontoura, Eduardo Hermanson, Alci Junior, Silvia Kamyla, Ronielson Araújo “Kapu”, Leonardo Laureano, Leandro Rodrigues, Antonio Carlos Silva
Luci Renato Machado
Costumi Marcelo Somme
Musica Lucas Marcier / ARPX, Jonathan Uliel Saldanha
Video Eduardo Pave
Elettricista Sineir
Auditorium Parco della Musica, RomaEuropa Festival, 17-19 Novembre 2022
Una scia di colorate luci soffuse sono tutto quel che rimane dei danzatori del Grupo de Rua de Niterói, mentre questi, in un battito di ciglia, si spostano dalla destra alla sinistra del palco. Nell’aria dell’Auditorium Parco della Musica di Roma resta così sospesa un’evanescente scia di movimenti mentre una spettatrice nella fila dietro me sussurra: “ma come fanno?”. È questo lo stupore che ci ha travolti nel vedere la compagnia brasiliana di Bruno Beltrão esibirsi in “New Creation”, una creazione linguisticamente ricca e celatamente complessa. Si presenta così la sfida di riscriverne i compromessi: in principio solo spalle, braccia, gomiti e polsi che in un meccanico processo di flessione-estensione montano e smontano pezzi di in un puzzle fisico, poi, contemporaneamente, sollevamenti, salti, acrobazie, una serie di azioni causa-effetto che spostano i danzatori. Mentre noi non facciamo neanche in tempo ad afferrare la completezza di ogni gesto, i danzatori sono impegnati in movimenti estremamente dettagliati, atletici, praticati così a lungo da farli apparire come un semplice ma vaporoso soffio di vento. Interessante qui sottolineare che il linguaggio coreografico sviluppato da Beltrão è radicato nell’Hip-Hop ma adotta l’estetica concettuale della danza contemporanea. Quella del “soffio di vento” è infatti una metafora banale ma decisamente non convenzionale quando si parla di Hip-Hop, generalmente pensata come una danza stilisticamente impertinente e sfrontata. Questo aspetto è maggiormente visibile nelle espressioni di grugno di una minuta ma potentissima Camila Dias (@billcamila), che mentre sbraccia con dita puntate verso il petto e batte i piedi pesantemente, esprime quel che è superficialmente letto come uno stile “aggressivo”, ovvero il Krump. Come diversi stili Hip-Hop, il Krump nasce negli Stati Uniti come un linguaggio di resistenza e ribellione a politiche socio-economiche di oppressione. È impossibile slegare il Krump dalla sue radici ed oggi continua ad essere una danza-protesta contro le continue pratiche di assoggettamento di comunità dell’Afro-diaspora, proprio come quelle che hanno caratterizzato la recente politica brasiliana. I corpi dei ballerini sono testimoni di queste narrative comuni, nei segni visibili ed invisibili del corpo, e Beltrão le svela con grande innovazione: solitamente nel Krump la metà bassa del corpo rimane piuttosto ferma sul posto, qui invece i ballerini si spostano con una grazia e velocità inverosimili, mentre mantengono l’espressività delle braccia nella metà superiore. Da questo, e non solo, si nota la presenza della danza contemporanea. C’è anche l’originale immobilità delle power-move della break dance: mentre tre ballerini/atleti creano delle forti verticali, invece di cadere e seguire l’impeto del movimento rimangono immobili. Quando, dopo qualche istante, ruotano il corpo lentamente e rotolano via, improvvisamente risalgono in verticali forti, così, come nulla fosse! La spettacolarità di questi corpi nasconde però quella che credo sia una verità più profonda ed intima. L’ho vista nei volti dei danzatori quando lo spettacolo era finito e gli applausi distraevano un contorno ormai chiaro. Inizialmente i danzatori non accennavano ad alcun sorriso. In piedi, tutti di un pezzo, mostravano un’apparente forza che contraddiceva la luce chiara nei loro occhi, un misto tra orgoglio e vulnerabilità, potenza e impotenza.
Maria Elena Ricci