da un’idea di Mauro Bigonzetti e Fabrizio Plessi
coreografia: Mauro Bigonzetti
scene e costumi: Fabrizio Plessi
montaggio musicale: Sergei Prokofiev
luci: Carlo Cerri
consulenza musicale: Bruno Moretti
ATER in collaborazione con Piccolo Teatro di Milano
Un inno all'amore e alla giovinezza Romeo e Giulietta. E un balletto che conquista sempre comunque lo si voglia realizzare. Magari semplificandolo e recando alla storia un finale che annuncia teneramente una possibile rigenerazione. Come ha inteso fare Mauro Bigonzetti con questa sua svelta e bella coreografia creata in sinergia con Fabrizio Plessi , artista visivo di fama internazionale, per l'Aterballetto. Compagnia che, fuori da quelle ufficiali dei teatri lirici, continua ad essere la più agile, fresca, coraggiosa formazione di danza che l'Italia possiede. E che dopo una lunga assenza, dopo ventitre anni (la cosa suona persino strana), è tornata a Milano con questo interessante Romeo and Juliet. In quel Teatro degli Arcimboldi che, pur ancora vuoto di vertici direttivi, il pubblico sembra sempre di più premiare e la danza a trovare la sua sede ideale. A dimostrarlo anche i recenti passaggi della Guillem e dei Trocadero.
Scardina Bigonzetti la vicenda partendo dal fondo, dalla cripta dove giacciono i due giovani amanti veronesi, per tornare indietro e celebrare in una apoteosi di rinascita il messaggio positivo, quasi salvifico della coppia shakespeariana che qui appare moltiplicata. E compone un balletto, magnificamente danzato, che tra energiche scene collettive ed elaborati passi a due, funziona soprattutto quando la danza si ambienta nelle suggestive visioni scenografiche ideate da Plessi. Quadri che acquisiscono grande forza drammaturgica nonostante l'annullamento, o quasi, del racconto e l'assenza dei personaggi secondari (qui non hanno più peso le famiglie rivali), come ad esempio quello dell'acrobatico passo a due danzato all'interno di un ventilatore gigante che isola la coppia in un luogo segreto: O quello finale, non meno suggestivo con i due protagonisti che rinascono, nere silhouttes su sfondo rosso, in cima a due montagne geometriche. Per Bigonzetti, la storia di Romeo e di Giulietta, riscritta con uno stile moderno ma che non rifiuta del tutto il classico, a tradursi in una manifestazione della gioia di vivere, come quarant'anni fa, pur con altra sensibilità, aveva fatto anche Béjart. Il pubblico, soprattutto quello giovanile, apprezza e decreta un vibrante successo.
Domenico Rigotti
Ormai il pubblico si accosta ai classici del balletto narrativo con una certa bonomia, lieto di ritrovare musiche e storie note e ben poco preoccupato di eventuali tradimenti coreografici, tematici e musicali. Confortati da tutto ciò Mauro Bigonzetti e Fabrizio Plessi hanno creato per l’Aterballetto un Romeo e Giulietta (rimbalzato agli Arcimboldi di Milano, quasi al termine di una lunga tournée per ora soprattutto nazionale) che taglia con l’accetta il dramma shakespeariano. Il coreografo ha selezionato quattro leitmotive – amore, potere, passione, morte –, l’artista visivo ha specularmente scelto i quattro elementi primordiali – fuoco, aria, terra, acqua – per adornare una danza dal disegno semplicissimo, anzi pop che parte dalla morte (alcune bare con danzatori redivivi sopra i quali vengono proiettate macchine sanguigne) e termina con una profezia di nuovo intinta nel sangue.
Intanto venti protagonisti, quasi sempre in scena contemporaneamente, si trasformano, donne incluse che sono la metà, in machi da motocicletta, appartenenti a qualche gang, a qualche disgraziato consesso del sabato sera in borchie e pellami neri e si trastullano con i loro caschi (ai piedi! come nell’assolo iniziale, variamente ripreso). Oppure si combattono senza armi, saltando l’uno contro l’altro – petto contro petto – in un tema dinamico ripetuto anche nei passi a due d’amore. Qui i protagonisti discinti, in costumi color carne, si intrecciano in forme muscolari, feroci e a effetto, come se non fossero guidati dal sentimento bensì da un meccanismo a orologeria. Al tempo dell’aggressività e della violenza (la lotta tra Montecchi e Capuleti non distinguibili), segue l’ora dei buoni sentimenti, magari ingabbiati in solidi trasparenti, ove oltre alle coppie in vetrina ruotano grandi eliche.
Il coreografo gioca sulla rifrazione dei protagonisti: nessuno è Romeo e Giulietta e tutti quanti lo sono; nessuno è il torvo Tebaldo e tutti quelli vestiti di pelle nera lo diventano; naturalmente non c’è posto per i personaggi complessi come Mercuzio, per pretendenti sfortunati come Paride o genitori oppressivi e ipocriti. Ma va bene così: una scelta pop, dagli effetti plateali, non pretende sfumature. Peccato che l’utilizzo di una partitura scandita per scene ormai entrate nell’immaginario visivo e uditivo come quella di Sergej Prokof’ev rovini non poco la festa con incongrue ripetizioni delle scene di duelli ma anche con depistaggi infantili. Nell’afflato spirituale della scena del matrimonio, il coreografo finisce per far benedire la sola Giulietta consegnandole da parte non si sa di chi, un casco. L’oggetto simbolico assurge così a vero busillis della vicenda: servirà come protezione (dalla passione spericolata e perciò da evitare: discutibile assunto di partenza) o come ingaggio nel clan dei bellicosi? Chissà.
Giunti al finale due danzatori si staccano dal gruppo in proscenio e scalano l’alto muro diviso da una cascata che nel frattempo è calato sulla scena; proprio là, in cima, si protendono l’uno verso l’altro e il virtuale gettito d’acqua cristallina che li divide si tinge di sangue. L’epilogo un po’ a cartone animato, sigla un balletto circolare – da morte “già consumata” a morte “preannunciata” – sostenuto dalla bravura dei ballerini e da una danza che non lascia spazio a sensualità e grazia per prediligere i toni freddi di una forma puntigliosamente “estetica”.
Marinella Guatterini
Era dal lontano 1984 che la più importante compagnia italiana di danza contemporanea non si esibiva nella nostra città. A segnare questo storico ritorno una singolare messa in scena di “Romeo and Juliet”, al Teatro degli Arcimboldi il 29 e il 30 marzo. Uno dei più utilizzati (e sfruttati) testi shakesperiani risplende di nuova luce e originalità nell’inedito allestimento frutto del sodalizio artistico tra Mauro Bigonzetti e Fabrizio Plessi. Un cast di ballerini provenienti da tutto il mondo porta al pubblico le emozioni di due giovani innamorati che hanno sfidato la loro stessa esistenza. A questo proposito dice Plessi: «”Romeo e Giulietta” è una storia dal sapore tardo – gotico, che ha sempre affascinato il nostro presente, caricandola tuttavia di elementi superflui, luoghicomuni, deviazioni kistch che non le appartengono. Una lettura contemporanea conferisce al tessuto fruibilità ed energia, epurandola da ciò che non è necessario senza stravolgerne il senso originario, la ricerca del valore autentico dell’amore». Per questo il sipario si apre sui due giovani nudi stesi su un letto ardente di brace: «E’ l’incarnazione della morte, da cui si parte con una serie di flashback che riportano al loro primo incontro, come se le loro strade si incrociassero di nuovo e i due risorgessero dal loro sentimento». Il tutto in una struttura drammaturgica inusuale per Shakespeare: «In scena, sulle musiche di Prokofiev, solo dieci Romeo e dieci Giuliette, nient’altro. Il nostro scopo è attraversare diagonalmente la creatività dell’opera, che ha una sua struttura e una sua bellezza».
Originalità e vigore in un’opera completa come il balletto. «E’ una rappresentazione di grande importanza e creatività, che esprime la sintesi di varie arti, corpo e musica, con maggiore libertà e sentimento rispetto alla lirica», dice Vittorio Sgarbi.
A margine della presentazione non sono mancate alcune note polemiche sul Teatro degli Arcimboldi e sulla mancata valorizzazione, nel panorama culturale meneghino, di progetti come quello rappresentato da Aterballetto. «Gli Arcimboldi sono una struttura anarchica – dice l’assessore alla Cultura – ma sono vivi nella loro autogestione, e la programmazione transitoria e di emergenza di questi due anni ha sorprendentemente incontrato un grande consenso da parte del pubblico. Si potrebbe dire che gli Arcimboldi sono il teatro del popolo».
E’ emersa da parte del Comune la volontà di dare agli Arcimboldi nelle prossime stagioni una veste più definita, probabilmente orientata al balletto e che consenta una programmazione più lunga e variegata, con duecento aperture di palcoscenico. In merito alla seconda polemica parla l’ideatore di “Romeo and Juliet”, Mauro Bigonzetti: «Torniamo a Milano con grande gioia e senza alcun problema. Ci auguriamo di poter inaugurare una collaborazione costante e continuativa con le città italiane. Non a caso per il 2010 stiamo già lavorando ad una rivisitazione del “Macbeth”».
Fra. Bec.
Il «Romeo and Juliet» firmato da Mauro Bigonzetti per l' Aterballetto di Reggio Emilia è approdato con grandissimo successo agli Arcimboldi: si tratta di una rilettura molto particolare della tragedia scespiriana, sorretta da un allestimento innovativo con oggetti moderni pensato da Fabrizio Plessi e da una esecuzione sotto ogni aspetto impeccabile. L' Aterballetto è una compagnia conosciuta in tutto il mondo, e questo «Romeo and Juliet», ha meritato il premio Danza&Danza della critica quale miglior spettacolo del 2006. C' è ormai una lunga tradizione di balletto, a Reggio Emilia, dove si sono mossi i primi progetti italiani nel moderno; ora, con Bigonzetti - uno dei pochissimi nostri coreografi invitato dalle più famose compagnie - i valori iniziali si sono consolidati. Bene aiutato dalla musica di Prokofiev arrangiata da Bruno Moretti, il Balletto semplifica la vicenda puntando su due cardini fondamentali, la guerra e l' amore, sottolineando l' instabilità delle situazioni e moltiplicando in un trionfo di morte e passione, la «coppia», ovvero la chiave di volta della nostra umanità. La guerra si svolge in clima gladiatorio, l' amore si esprime nella purezza dei corpi, la passione negli ardori multipli dei «superclonati» amanti di Verona. Non ci sono altri personaggi; soltanto attraverso il linguaggio del corpo e l' evidenza dei passi il coreografo ottiene che il pubblico si lasci coinvolgere. Bigonzetti, attento ai toni muscolari e un po’ michelangioleschi della scultura grecoromana e rinascimentale, plasma con vigore estremo duetti e gruppi, chiedendo agli artisti prestazioni al limite delle possibilità fisiche. Il balletto parte dalle multiple tombe di Verona, in un flash back, per snodarsi attraverso i passaggi della storia. Emergono dal passato, in altre vesti e brandelli di cuoio, i rissosi Capuleti e Montecchi, e alla fine, dopo un generale massacro, Lei e Lui salgono purificati in acqua e sangue su un' alta struttura dove avviene il definitivo congiungimento. La tournée continua.
Mario Pasi