Uno spettacolo che incanta i bimbi e non fa pentire i genitori: chissà cosa penserebbero i fratelli Grimm se sapessero che, a ben due secoli di distanza, il nome della loro Rapunzel, pubblicato per la prima volta nella raccolta "Kinder und Hausmärchen", ancora accende, così intensamente, l'immaginario dei più piccoli.
Una fiaba riadattata, che ha accettato la sfida di trasformarsi addirittura in musical, in scena al Teatro Brancaccio fino al 24 aprile per la regia di Maurizio Colombi.
Intelligente la scenografia, che sa scomporsi e, nuovamente, assemblarsi, quasi a rappresentare, idealmente, le pagine di vecchio libro, in cui proiettore e tecniche d'animazione, incontrando i gusti di un'infanzia ormai più tecnologica, intervengono con parsimonia per non alterare la magia del racconto, inteso nella sua più classica forma.
"Rapunzel, sciogli i tuoi capelli!" è la richiesta che la strega Gothel (così malvagia da rendere il suo nome scomponibile in "Go to hell", "Vai all'inferno"), interpretata da una carismatica Lorella Cuccarini, lancia, quotidianamente, alla giovane Raperonzolo (Alessandra Ferrari) per inerpicarsi lungo la ripida parete della torre in cui la tiene prigioniera.
Sarà un ragazzo ben poco perfetto - e non un principe come nella versione originale - impersonato da un eccellente Giulio Corso, a cambiare il destino della ragazza e a farle scoprire la verità che si cela dietro al suo passato.
Una prova fisica considerevole per i venti performer coinvolti tra danza, recitazione e canto, in cui i brani, per la direzione musicale di Davide Magnabosco, in primissimo piano, accompagnano il pubblico, anche quello più maturo e scettico, verso la leggerezza di una dimensione spontanea e ludica.
Piccoli escamotage, come i fiori canterini, divertono la platea, mentre qualche digressione su espressioni dialettali, inserite in un vocabolario fantastico, insegnano che il suono, la voce, così come si espande nello spazio, va ascoltata per essere realmente percepita.
Il teatro come uno snodo di "autonomia creativa" da vivere anche con i bambini per vederli, nel corso della rappresentazione, prendere coscienza su come buttare lo sguardo al di là del sipario, cogliendo gli stimoli urlati, suggeriti o solo lievemente accennati nel "viaggio" della narrazione. Se vi è mai capitato di occuparvene, saprete, infatti, che esistono due tipi di viaggiatori: quelli "del corpo" e quelli "della mente". I primi si spostano fisicamente in lungo e in largo, quasi a voler incasellare, elencare luoghi e incontri, restando, però, a questi totalmente impermeabili: loro avranno la sfortuna di essere, nonostante tutto, sempre nello stesso punto. I secondi, invece, prima ancora di partire, sono già in grado di pregustare, profondamente, il fascino dell'esperienza e avranno il dono di visitare tanti angoli di mondo, pur rimanendo nello stesso luogo. E portandoli a teatro, anche solo per saggiare il soave incantesimo di "Rapunzel", augurerete ai vostri bimbi di essere i secondi.
Antonella Andriuolo