Di Pyotr Ll’ yich Tchaikovsky
Regia: LAURENT PELLY
Tatiana: Sally Matthews
Olga: Lilly Jorstad
Larina: Bernadetta Grabias
Filipp’yevna: Cristina Melis
Oneghin: Stephan Degout
Lensky: Bogdan Volkov
Gremin: Nicolas Courjal
Petrovich: Kris Belligh
Direzione musicale: Alain Altinoglu
Teatro La Monnaie, Bruxelles dal 29 gennaio al 14 febbraio 2023
Sarà che è meno ‘russo’ di Mussorgsky, sarà che gli animi al nord sono più flemmatici, sta di fatto che nessuno ha qui’ trovato niente da eccepire sulla scelta del La Monnaie di rappresentare a inizio di stagione non una, ma due opere russe: la Dama di Picche in settembre-ottobre e ora questo eccellente Eugenio Oneghin di Tchaikovsky. Certo, sono opere quasi del tutto prive degli afflati nazionalistici del Boris di Mussorgsky, ma pur sempre di due opere russe si tratta. Per la cronaca: contemporaneamente al Beaux arts di Bruxelles mettevano in scena Rachmaninov, a Berlino Staatsopera Prokoviev e il Berlin Simphony Orchestra la Sheherazade di Rimsky-Korsakov. Senza scandalo per nessuno: l’arte unisce contro la guerra.
L’Oneghin di Puskin è un personaggio centrale della letteratura e dello spirito russo: incarna il dissidio tra Russia patriarcale e la cultura modernizzante dell’Occidente, tra i sogni della adolescenza e il realismo dell’eta’adulta, tra i vecchi codici d’onore e i valori eterni dell’amicizia e dell’amore. Senonche dapprima in Tchaikovsky – che vide rappresentata per la prima volta il suo Oneghin al Mariinsky di San Pietroburgo nel 1878, e fu subito un grande successo – ed ora questa bella messa in scena di Pelly a Bruxelles, pongono al centro dell’azione non Oneghin ma Tatiana. La sensibilità cambia, anche se tutto era già in qualche modo presente in Puskin: la generosità e la commovente verginita’ dei sentimenti (Tatiana) e la prudente saggezza delle piu’anziane (Larina, la madre, e Filipp’ yevna, la nutrice)... Ma ora è il focus che si sposta: Tatiana occcupa il centro della scena, mentre Oneghin asseconda soltanto lo svolgimento del dramma, non lo riempie. Per un’animo tanto generoso e virginale occorreva una presenza versatile e la giusta voce. La Monnaie l’ha trovata in Sally Matthews, splendido soprano inglese, voce velutata, compatta, non potente ma di incredibile ampiezza, una presenza scenica perfetta che si esalta soprattutto nell’aria sublime della lettera d’amore che la sognatrice e innocente Tatiana scrive a Oneghin. Quanto a quest’ultimo, Stephan Degout – uno dei migliori baritoni oggi in circolazione- ha saputo ben restituire il senso di antipatia che il personaggio suscita: vanitoso, capriccioso, arrogante. Altro grande protagonista è stato l’eccellente coro del La Monnaie, voci precise, bene amalgamato e compatto: è il popolo russo, di cui si indovina l’oppressione e la forza, la ineludibile e ormai minacciosa presenza. Lensky è Bogdan Volkov, l’unico cantante russo del cast, un eccellente tenore leggero, convincente. Infine da segnalare una delle regie più belle viste al La Monnaie, quella di Laurent Pelly: rigore, sobrietà, la magnifica idea del plateau sopraelevato sul quale si muovono i protagonisti, sempre sull’orlo del precipizio. E il nero come colore dominante, che aggiunge mistero e forza drammatica ad un dramma denso e enigmatico.
Attilio Moro