MARIO BRUNELLO Violoncello piccolo
JOHAN SEBASTIAN BACH
Sonata n. 1 in sol min. BWV 1001
Partita n. 1 in si min. BWV 1002
Partita n. 2 in si min. BWV 1004
Siena, Teatro dei Rozzi, 28 settembre
Non c’è da meravigliarsi che il pubblico abbia gremito il Teatro dei Rozzi per il concerto che Mario Brunello ha dedicato interamente a Bach. La sua ultima presenza alla Chigiana data infatti 2006, e l’incisione di quest’ultimo suo lavoro per Arcana ha avuto un successo straordinario. A noi è tornata alla mente la sua fisicità, la sua capacità di comunicare musica di allora, che ci rivelò l’essenza da protagonista di questo strumento. Ma le sfide per Brunello sembra non finiscano mai, eccolo allora presentarsi in questa trasposizione di tre fondamentali brani per violino, ripensati per uno strumento antico, ancor più antico della scrittura di questi brani, che datano tutti 1720 e furono composti dall’ allora musicista di corte, mentre lo strumento è sì antico e barocco, ma vede la sua creazione alla metà del ‘600. E come succede sempre per la musica di Bach, la trasposizione serve soprattutto a dimostrare come strumenti diversi, non solo pianoforte anziché organo, ma tromba fisarmonica e quant’altro, rivelino le infinite realtà espressive nella medesima composizione. Sempreché l’interprete sia all’altezza, naturalmente. E Mario Brunello lo è, ed ha l’umiltà di spiegare il motivo che lo ha spinto verso questa scelta: la (nobile) invidia nei confronti del protagonismo assoluto del violino. Forse per questo Uto Ughi, che ha ricevuto dal Comune di Siena l’incarico collaborando con l’Accademia di celebrarne il centenario, l’ha voluto nel percorso sonoro che ci accompagnerà ancora per tutta la Micat in Vertice, concludendosi in maggio 2024. La rivelazione di queste musiche famosissime, ricche di elementi che invitano alla danza, è riviverle nota per nota, coi toni bassi e caldi dell’antico strumento, ripensandole in tutta la struttura compositiva: Brunello con i suoi capelli ormai grigi è il guru che guida all’ascolto un pubblico che osserva il silenzio più assoluto, trattiene il fiato per non sciupare un’atmosfera che, per dirla col musicologo Stefano Jacoviello, ci guida alla meditazione. Annamaria Pellegrini