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Francesco Bortolozzo

SATYRICON – regia 
Francesco Bortolozzo

"Satyricon", regia Francesco Bortolozzo "Satyricon", regia Francesco Bortolozzo

opera in un atto dal romanzo omonimo di Petronio
musica e libretto di Bruno Maderna
Quartilla/Fortunata Manuela Custer
Criside Francesca Gerbasi
Trimalchio Marcello Nardis
Habinnas Christopher Lemmings
Niceros William Corrò
Eumolpus Francesco Milanese
Orchestra del Teatro La Fenice
direttore Alessandro Cappelletto
regia Francesco Bortolozzo
scene Andrea Fiduccia
costumi Marta Del Fabbro
luci Fabio Barettin
regia del suono Giovanni Sparano
Teatro Malibran, 25 gennaio 2023, ore 19

www.Sipario.it, 30 gennaio 2023

Il Satyricon di Bruno Maderna è andato in scena al Teatro Malibran a cinquant’anni dalla prima che si tenne a Scheveningen, Festival d’Olanda, 16 marzo 1973, dopo l’unica rappresentazione veneziana proposta dal Teatro La Fenice nel 1998 al Teatro Goldoni. Una versione perfetta, curata in tutti i dettagli, che ha anche dimostrato che Maderna riesce a superare i limiti cronologici e mentali della musica d’avanguardia: il suo Satyricon, prendendo in giro tutti gli stili musicali, sostanzialmente, getta uno sguardo sarcastico sul nostro tempo ricorrendo ad un classico della letteratura latina classica. Evento che ha permesso di ripercorrere il rapporto del compositore con la sua città d'origine, dal suo l’esordio musicale (Venezia, 21 aprile 1920 – Darmstadt, 13 novembre 1973) in giovanissima età, il 4 ottobre 1932, bambino prodigio direttore d’orchestra, con studi musicali alquanto disordinati alla sua costante presenza alle edizioni del Festival di Musica Contemporanea di Venezia a partire dal 1946. Fondamentale è stata la sua frequenza ai corsi estivi di musica contemporanea di Darmstadt negli anni '60, dove si costruì attorno a Karl Heinz Stockhausen la ricerca sulla composizione elettronica. Sono gli anni nei quali Milano si può confrontare con Parigi e Colonia grazie all'istituzione dello Studio di Fonologia della Rai a Milano, che Maderna costituì assieme a Luciano Berio. Satyricon è la sua ultima sua composizione teatrale e rappresenta in sintesi il mondo musicale del compositore tra esigenze di sperimentazione e scrittura musicale. Dopo una gestazione piuttosto lunga, con vari rimaneggiamenti, l’opera fu pronta per la sua prima rappresentazione pubblica, che avvenne il 16 marzo 1973 a Scheveningen, in Olanda, sotto la direzione dello stesso compositore, con la regia di Strasfogel. Appena una settimana più tardi, il 24 marzo, Maderna registrò per la Radio olandese una versione da concerto, con una sequenza di numeri radicalmente diversa rispetto a quella della prima teatrale. Il 17 novembre dello stesso anno, il compositore morì mentre lavorava a una nuova versione dell’opera (pubblicata postuma) chiedendo all'editore che fosse stampata in fascicoli singoli, per lasciare al direttore e al regista il compito della ricombinazione, anche se spesso la consuetudine porta a eseguire l’opera nella sequenza stabilita nella prima esecuzione. In ogni esecuzione, gli episodi possono essere combinati secondo una varietà di combinazioni possibili. Il libretto, messo a punto dallo stesso Maderna, venne tratto dal Satyricon, uno dei testi più inquietanti e controversi della tradizione classica, romanzo che ci è pervenuto in forma frammentaria e incompleta, attribuito a Petronio autore dei tempi di Nerone, maestro di raffinatezze ma anche capace di rappresentare gli aspetti grotteschi e sarcastici di una società romana dominata da facili arricchiti. In un’intervista rilasciata alla radio olandese Nos nel marzo 1973, infatti, il compositore dichiara che “sarebbe difficile trovare un’immagine così vicina alla nostra realtà come quella che ci offre Petronio descrivendo la Roma della decadenza”. L’azione infatti è ambientata nella Roma imperiale, i personaggi in scena sono quelli di Petronio, costruita attorno all’episodio cardine del libro, la cena di Trimalcione, personaggio dalla ostentata volgarità. Maderna effettuò solamente minime alterazioni al testo originale. Il libretto, costituito da 21 numeri, risulta alla fine ben strutturato, caratterizzato da plurilinguismo: in inglese, per le lunghe parti narrative, il francese per le situazioni amorose e i giochi di seduzione, il tedesco per le frasi legate al potere, agli affari, al denaro con inserimenti in latino classico.
L’uso giocoso e virtuosistico di questo multilinguismo nel libretto, si riflette anche nel polistilismo della partitura. Previsto un organico più che cameristico che dà forma alle voci e ai suoni che, in forma strumentale, si alternano a caratterizzare le singole sequenze definite da diversi stili, dal canto gregoriano, belcanto, Sprachgesang, forme musicali e melodie, che vanno a costituire un ricco e vario apparato di citazioni, più o meno esplicite, a volte distorte, ma sempre riconoscibili (da Bizet, Gluck, Mozart, Offenbach, Strauss, Stravinskij, Verdi, Wagner, Weill), scelte per affinità poetica e teatrale con le varie situazioni narrate, con le varie tipologie di personaggi, con i loro umori contrastanti
Gli episodi si presentano impostati su dei monologhi più o meno lunghi, una sorta di sequenza di numeri chiusi, affidati a diversi personaggi. La mancanza di dialogo determina, inevitabilmente, una totale assenza di sviluppo dell’azione; e l’assenza di uno sviluppo lineare diventa, come abbiamo visto, condizione necessaria e sufficiente a garantire la intercambiabilità dei singoli episodi. La natura non consequenziale della disposizione dei brani origina, quindi, una destrutturazione della drammaturgia in forma “aleatoria”, ci pone davanti l’idea che Maderna aveva dell'opera come "opera aperta" copione “non finito” o meglio “non definito”, libero di modificarsi continuamente. La poetica dell’opera “aperta” e dell’indeterminazione sta nel richiedere all’interprete, di volta in volta, di operare delle scelte, non in modo arbitrario, ma sempre all’interno di una rosa di opzioni stabilite dall’autore e di accogliere il suo invito ad aprire l’opera alle diverse letture che le diverse combinazioni dei numeri può definire. Ma la novità sostanziale sta nell'interconnessione dei numeri musicali orchestrali, con registrazioni elettroniche, cinque inserti, esempio di quanto le nuove frontiere dello sperimentalismo sonoro della musica elettronica stavano attraversando il mondo musicale italiano di quegli anni. Compaiono la voce del compositore e di alcuni parenti e amici, nonché versi di svariati animali: oggetti sonori capaci di sortire un senso di straniamento nello spettatore, così come di creare un continuum sonoro che fa da ‘fondale’ sonoro alla scena. Applausi convinti da parte di un pubblico variamente composito, che ha esaurito il Teatro Malibran nella data della prima rappresentazione, a dimostrazione che anche un pubblico tradizionalmente formato è in grado di recepire le istanze della musica contemporanea. Del resto questo Satyricon si è presentato anche con una regia rassicurante che definiva un ambiente moderno ed lineare per raffigurare la sala di Trimalcione, con una regia di Francesco Bortolozzo, con scene di Andrea Fiduccia, costumi vivaci di Marta Del Fabbro e luci di Fabio Barettin, che conferiva la giusta comprensibilità di tutta la struttura drammaturgica e musicale, quest'ultima gestita con competenza dal giovane direttore e compositore Alessandro Cappelletto. Significativi gli inserimenti coreografici che compensavano ad una certa staticità dell’impianto scenografico. Il cast si rivela di ottimo livello e tutti inseriti anche fisicamente nei rispettivi ruoli caratterizzati vocalmente e attorialmente: dall’Eumolphus di Francesco Milanese, con il suo inserimento in latino, caratterizzato dalla giusta comicità, il Niceros di William Corrò, assieme a Francesca Gerbasi e la sua Criside, puntuali nei loro inserimenti. Il nucleo centrale drammaturgico era affidato a Christopher Lemmings nel ruolo di Habinnas alle prese grandi brani solistici come l'esemplare aria dedicata al denaro (The Money) e, su tutte, il racconto della matrona di Efeso. Assieme, il Trimalchio di Marcello Nardis che ha delineato un personaggio variamente sfaccettato, consapevole dei suoi eccessi, e dalle sue ossessioni, dotato di una linea di canto che ha restituito una recitazione intensa e coinvolgente. Il mezzosoprano Manuela Custer, in un avvenente vestito laminato rosso, è stata esemplare nei panni di Fortunata/Quartilla, una parte che richiede capacità di adattamento alle diverse modalità di canto che Maderna le prescrive, un percorso vocale che spazia dalle arie in stile barocco di ingresso, alle nevrotiche linee di Spachgesang, tra colpi di scena jazz e tango in francese alla maniera di Kurt Weil. Un meccanismo musicale praticamente perfetto.

Federica Fanizza

Ultima modifica il Giovedì, 02 Febbraio 2023 00:05

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