Musica di Richard Strauss
Opera in un atto
Dal dramma di Oscar Wilde
Prima rappresentazione assoluta: Hofoper, Dresda, 9 dicembre 1905
Prima rappresentazione al Teatro Costanzi: 9 marzo 1908
Durata: 1h 45' circa senza intervallo
DIRETTORE Marc Albrecht
REGIA Barrie Kosky
Scene e costumi Katrin Lea Tag
Luci Joachim Klein
Drammaturgia Zsolt Horpácsy
Regia ripresa da Tamara Heimbrock
PERSONAGGI E INTERPRETI
Erode John Daszak
Erodiade Katarina Dalayman
Salome Lise Lindstrom
Jochanaan Nicholas Brownlee
Narraboth Joel Prieto
Un paggio di Erodiade Karina Kherunts
Primo ebreo Michael J. Scott
Secondo ebreo Christopher Lemmings
Terzo ebreo Marcello Nardis
Quarto ebreo Eduardo Niave*
Quinto ebreo / Secondo soldato Edwin Kaye
Primo Nazareno / Primo soldato Zachary Altman
Secondo Nazareno Nicola Straniero*
Un uomo di Cappadocia Alessandro Guerzoni / Daniele Massimi 10, 14 marzo
Uno schiavo Giuseppe Ruggiero
*dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
ORCHESTRA DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA
ALLESTIMENTO OPER FRANKFURT
Roma, Teatro dell'Opera dal 7 al 16 marzo 2024
E' andata in scena al Teatro dell'Opera di Roma "Salome", Opera in un atto con musica di Richard Strauss tratta dall'omonimo dramma di Oscar Wilde tradotto in tedesco da Hedwig Lachmann e adattato a libretto da Strauss stesso. In scena per la prima volta nel 1907 incontrò un successo controverso a causa del tema scabroso, il dramma fu anche censurato in Inghilterra fino al 1931, tratta il tema della perversione dei personaggi biblici e di Salome nel martirio di Giovanni Battista. Federica Sivieri Sanséau
La vicenda è ambientata nella reggia di Erode, tetrarca di Gerusalemme. Salome, figliastra di Erode incontra il profeta Jochanaan (Giovanni Battista) prigioniero, che annuncia l’arrivo del Messia e condanna i peccatori della corte. Salome si innamora del profeta e prova a baciarlo, ma lui la respinge mandandola su tutte le furie.
Erode invaghito di Salome, le offre del vino e chiede alla figliastra insistentemente di danzare per lui promettendole di darle in cambio tutto ciò che vorrà, lei accetta ed esegue una danza sensuale per il tetrarca, chiedendo come ricompensa la testa di Jochanaan. Il carnefice consegna la testa mozzata del profeta su un piatto d’argento a Salome che in estasi bacia la sua bocca ancora coperta di sangue e intona un canto in cui esprime tutta la sua passione delirante. Erode, inorridito dalla scena, ordina ai soldati di uccidere la figliastra.
Barrie Kosky regista dell'opera interpreta la vicenda dal punto di vista di Salome, operando una sintesi tematica elimina gli aspetti biblici per concentrarsi sul binomio Eros e Thànatos. Istinto di vita e impulso distruttivo, amore e morte, due antipodi che convergono, ricorrenti dalla mitologia alla tradizione drammaturgica e analizzati da Freud come componente centrale della psiche.
E ancora ci chiediamo da dove provenga l'impulso femminicida? Quando fa parte di un retaggio culturale ancestrale di cui facciamo fatica a disfarci.
Ma qui non si tratta dell'uccisione di una donna bensì di una donna carnefice e spietata : Salome, interpretata da Lise Lindström soprano dal canto espressivo, con crescendo ben bilanciati. Straordinario Jochanaan interpretato dal basso-baritono Nicholas Brownlee, con una potenza sovrastante e carica di solennità nel suo canto messianico, nonostante un costume penalizzante.
La musica di Richard Strauss è espressiva con note drammatiche alternate a stacchi leggeri e porta in viaggio l'ascoltatore verso mondi lontani. L'orchestra è guidata magistralmente dal direttore Marc Albrecht, esperto del repertorio tardo romantico tedesco-austriaco, si esprime in una performance delle più notevoli con coloriture e complessità valorizzando al meglio l'espressività dei musicisti dell’orchestra del Teatro dell'Opera di Roma.
La geniale orchestrazione, la ricchezza e complessità della partitura e il canto con volute e crescendo sono però in totale contrasto con l'allestimento scenico estremamente scarno e frugale, vera nota dolente di questo spettacolo. Viene così a crearsi una cesura netta tra il piano sonoro e il piano visivo, ciascuno evolvendosi in direzioni opposte.
Le emozioni suscitate dalla musica non si ritrovano in scena, dove prevale lo schermo nero, i movimenti risultano staccati. I personaggi sono immersi nel buio, in totale assenza di scenografie, con costumi e trucco al minimo, anche con discrepanze rispetto al libretto, ad esempio vengono ampiamente cantati « i capelli neri dell'amato Jochanaan (Giovanni Battista) » mentre in scena il personaggio indossa una parrucca bionda, dettagli che contribuiscono a rompere l'armonia scenica.
Con un paragone cinematografico potremmo dire che il regista Barrie Kosky ha applicato una sorta di Dogma 95, il movimento danese promosso da Lars Von Trier caratterizzato dall'abolizione di luci, scenografie, e rifiutando ogni espediente al di fuori dello stretto necessario.
Funziona al cinema e talvolta in teatro, ma si può dire lo stesso per l'Opera?
Lo stesso Barrie Kosky afferma di aver eliminato « quello che non era necessario, la scenografia »
E' giusto definire la scenografia non necessaria?
Il lavoro delle maestranze concentra un know how fondamentale che è espressione dell'eccellenza dei professionisti che lavorano presso i laboratori di Falegnameria, di Scenografia/Scenotecnica e di Sartoria con tecniche di alto livello che costituiscono un patrimonio storico che andrebbe riconosciuto e apprezzato.
Lo spettatore andando all'opera si aspetta una certa opulenza o per lo meno una complessità nell'articolazione dell'allestimento scenico almeno pari all'intreccio della narrazione.
Negli ultimi anni sono sempre più frequenti gli spettacoli privi di allestimenti, frugali, per scelta stilistica o per vincolo, tuttavia dovremmo segnalare ai registi che queste scelte rendono difficile la fruizione dei loro spettacoli e rischiano infine di allontanare il pubblico dai teatri.