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STABAT MATER - direttore Gabriele Ferro

"Stabat Mater", Gabriele Ferro dirige orchestra e coro del Teatro Massimo 2024. Foto Franco Lannino "Stabat Mater", Gabriele Ferro dirige orchestra e coro del Teatro Massimo 2024. Foto Franco Lannino

TEATRO MASSIMO DI PALERMO 
Stabat Mater di Gioacchino Rossini
Direttore Gabriele Ferro
Soprano Carolina López Moreno
Mezzosoprano Vasilisa Berzhanskaya
Tenore Francesco Demuro
Basso Luca Tittoto
Coro e Orchestra del Teatro Massimo - 30 marzo 2024

www.Sipario.it, 8 aprile 2024

La Pasqua è momento intenso sia per chi è religioso sia per chi non lo è poiché la forza simbolica di quel rinascere, risorgere dalla  propria morte come fa la Natura a primavera, è più forte di ogni esegesi confessionale. Il tempo che viviamo, in particolare l’aggravarsi delle tensioni mondiali, gli sconvolgenti numeri di vittime innocenti che ogni giorno i media riversano nella nostra coscienza, l’aver ripreso a masticare la parola “guerra” hanno reso la ricorrenza di quest’anno  ancora più significativa.  
La magnificenza del Teatro Massimo di Palermo ha accolto per questa solennità  lo Stabat Mater di Rossini diretto dal Maestro Gabriele Ferro e la comunità cittadina si è raccolta numerosa e vibrante  nel teatro che la rappresenta più di ogni altro luogo.
Il M.o Ferro ha fatto veramente dono di sé alla sua città poiché pur avendo subito una lussazione clavicolare per la quale ci sarebbero volute circa dieci settimane di riposo per il recupero, non ha minimamente ceduto ed eroicamente, dopo nemmeno tre di settimane, sostenuto solo da un leggero tutore ha affrontato la direzione del coro e orchestra del Teatro Massimo con energia e presenza di spirito. Dalla mia fortunata postazione laterale in platea ho potuto osservare in primo piano ogni suo minimo movimento che dettava  una minuziosa grammatica e punteggiatura direttiva, ho seguito ogni incresparsi del viso, ogni volo emotivo dai sopraccigli alle dita tese della mano verso gli orchestrali e i cantanti cosicché il momentaneo handicap ha finito per dare qualcosa in più anziché qualcosa di meno come se quella sua sofferenza extra fosse una fessura dalla quale si faceva oltremodo presente la ferita di questo presente martoriato .
La grandezza della musica di Rossini, radicata nell’Ottocento ma   già attraversata da tensioni e strappi novecenteschi, in quell’armonia che tiene dentro tante fratture, squarci quasi atonali, silenzi sotterranei e contrappunti, nello Stabat raggiunge quell’acme sacro che me lo ha fatto percepire come l’opera più  speculare alle increspature dolorose e drammatiche di questa  attualità di  passaggio di fronte alla quale stiamo  come una mater dolorosa sotto il peso di una civiltà moribonda che assiste al disfacimento  dei suoi linguaggi e delle sue culture, di quel turbamento che di certo attraversava gli ascoltatori  e nella meraviglia musicale che al contempo lo leniva rappresentandolo ed elevandololo a paradigma di altissima estetica grazie all’incisiva splendida  vocalità e presenza scenica della soprano Carolina López Moreno e della  mezzosoprano Vasilisa Berzhanskaya, la resa nitida e potente del basso Luca Tittoto e del tenore Francesco De Muro.  L’applauso lungo, lunghissimo scrosciante  di un pubblico commosso e grato ha detto tutto ciò che le parole non possono dire e che quindi non aggiungo.

Valeria Patera

Ultima modifica il Giovedì, 11 Aprile 2024 19:49

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