Tragedia per musica in tre atti su libretto di Agostino Piovena
Musica di ANTONIO VIVALDI
Tamerlano Filippo Mineccia
Bajazet Bruno Taddia
Asteria Delphine Galou
Andronico Federico Fiorio
Irene Shakèd Bar
Idaspe Arianna Vendittelli
Direttore al clavicembalo Ottavio Dantone
Regia, scene e costumi Stefano Monti
Luci Eva Bruno
Contenuti video/3D Cristina Ducci
Pittura su tela Rinaldo Rinaldi, Maria Grazia Cervetti
Illustrazioni Lamberto Azzariti
Sculture Vincenzo Balena
Coreografie Marisa Ragazzo, Omid Ighani
Danzatori DaCru Dance Company
Accademia Bizantina
Coproduzione Teatro Alighieri-Fondazione Ravenna Manifestazioni, Fondazione Teatri di Piacenza,
Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Fondazione Teatro Comunale di Modena, Azienda Teatro del Giglio
teatro Comunale di Modena 3 febbraio 2023
Il Tamerlano, composizione in tre atti di Antonio Vivaldi con libretto di Agostino Piovene, è definita “il pasticcio vivaldiano”, in cui sono presenti, a fianco a partiture originali, brani, arie e romanze prese da altre opere sia vivaldiane, sia di altri autori contemporanei come Giacomelli, Hasse, Broschi. Presentata al pubblico nel carnevale del 1735 presso il Filarmonico di Verona, una decina di anni dopo l’opera scritta per lo stesso libretto da Händel e cinque dopo Porpora, narra la vicenda del destino di Bajazet dopo la cattura da parte di Tamerlano. Nel ‘700 la figura e le vicende di Tamerlano erano molto conosciute, tanto da dare origine ad un filone letterario. Siamo nei primi anni del ‘400 in Bitinia, nel palazzo della capitale Prusa. Il sultano Bajazet, tenuto prigioniero da Tamerlano, è liberato dal principe greco Andronico a cui vorrebbe affidare, come moglie, la figlia Asteria che, invece, il Tamerlano vorrebbe come sposa, in cambio di un regno in Grecia concesso ad Andronico ed una moglie, Irene, principessa di Trebisonda, promessa all’imperatore dei Tartari. Bajazet, non accetta il matrimonio della figlia con Tamerlano e la stessa rimane delusa dall’amato Andronico, che avrebbe sacrificato il loro amore per Irene ed un regno in Grecia. Tra intrecci avventurosi alla fine ci sarà una riconciliazione generale ed il sacrificio di Bajazet, che si dà la morte. Progetto a cura di Ottavio Dantone per l’Accademia Bizantina, il successo di questa rappresentazione de Il Tamerlano sta tutto e più che mai nella bravura degli interpreti, a cominciare dal direttore che fa scivolare il cast, costituito da grandi specialisti di questo repertorio, nelle soluzioni melodiche previste dall’autore gradualmente, ma in un crescendo coinvolgente, che rapisce l’ascoltatore. Le prestazioni canore sono quindi tutte di altissimo livello. Il baritono Bruno Taddia (Bajazet), voce grave, affronta e valorizza con disinvoltura le arie di furore concitato scritte per questo registro senza distaccarsi dalla consapevolezza tragica del personaggio e rischiare di conferirgli un carattere unicamente incentrato sulla rabbia inflessibile, anche grazie alla declamazione attenta dei molti recitativi, che non rischia mai di far apparire scontati. Il controtenore Filippo Mineccia (Tamerlano), ottimo cantante e artista di prim'ordine, sostiene con timbro sicuro e impeccabile e forte presenza scenica la caratterizzazione drammatica di un personaggio mutevole ed imprevedibile senza cadere in eccessi che potrebbero sfociare in atteggiamenti caricaturali. "Barbaro traditor", , di Giacomelli, una delle più belle arie dell’opera, sostenuta da un accompagnamento orchestrale meraviglioso, ne esalta al meglio le qualità vocali e lo stile sobrio e controllato. Il controtenore Federico Fiorio è un Andronico elegante, convincente e melodioso. Con sicurezza, emissione fluida e timbro fresco sostiene senza sforzo i virtuosismi e le agilità delle molte arie che sono state prese dal repertorio di Farinelli, florilegi di agilità vocali ed espressiva. Il contralto Delphine Galou, ha saputo mostrare le diverse sfaccettature del personaggio Asteria, figura principalmente patetica che sfocia in esplosioni come nell'accesa ultima aria “Svena, uccidi, abbatti, atterra”, ben sostenuta, senza segni di stanchezza, nonostante i recitativi in cui deve forzare la sua vocalità naturale a favore di tinte più accese. Le arie patetiche la dimostrano comunque naturalmente a proprio agio, interpretate con piglio severo e misura non scontati. Le arie più insidiose sono dei personaggi Irene e Idaspe. Shakèd Bar, grazie anche alla bella direzione di Ottavio Dantone, è una Irene che rende al meglio la partitura fiorita e leggiadra di Vivaldi, senza cadere in facili accenti stucchevoli. L’aria di Broschi, "Qual guerriero in campo armato", è una successione di acrobazie vocali che Shakèd Bar risolve prontamente come la magnifica, dolente aria "Sposa son disprezzata". Il ruolo di Idaspe è la memorabile, ottima prestazione in cui si misura Arianna Vendittelli. Il suo timbro non ha solo un ricco cromatismo, ma i virtuosismi che affronta mostrano una voce sempre sicura e la parte insidiosa di Idaspe lo conferma. La partitura per questo personaggio è meno ricca quantitativamente, ma non qualitativamente per le difficoltà che vi si concentrano. Queste esplodono in modo pirotecnico nell’aria di virtuosismo estremo "Anche il mar par che sommerga", affrontata senza cedimenti e voce corposa. I musicisti dell’Accademia Bizantina, uno dei massimi punti di riferimento a livello internazionale per la riscoperta del repertorio barocco, con la direzione sciolta, dinamica ed equilibrata del maestro concertatore Ottavio Dantone, riportano la partitura a variazioni interpretative suggestive, chiare e dal suono ben levigato. Il regista Stefano Monti ha curato anche scene e costumi. La scena è spoglia e nera arricchita da sculture astratte che creano un’ atmosfera irreale, grazie anche a un monolite che si staglia sulla scena e alle luci di Eva Bruno, ai video di Cristina Ducci, alle illustrazioni di Lamberto Azzariti. Originale e ben riuscita l’idea di doppiare i sei cantanti con altrettanti danzatori della Dacru Dance Company che li accompagnano nei movimenti e, grazie alle coreografie di Marisa Ragazzo e Omad Ighani, ne interpretano mimicamente la personalità descritta del musicista.
Giulia Clai