di Gioachino Rossini
direttore: Ottavio Dantone
regia: Luca Ronconi, scene: Gae Aulenti, costumi: Giovanna Buzzi
con Patrizia Ciofi, Daniela Barcellona, Annick Massis, Carmela Remigio, Juan F. Gatell Abre, Juan F. Gatell Abre
Coro e Orchestra del Teatro alla Scala
Milano, Teatro alla Scala, dal 7 aprile al 10 maggio 2009
Quando andò in scena nel 1985, segnò una delle tappe più gloriose della storia moderna della Scala: il miglior Abbado, il miglior Ronconi, un cast irripetibile e soprattutto la scoperta di un titolo tra i più ispirati di Rossini di cui quasi si ignorava l' esistenza: un' epifania. Ma anche oggi, 24 anni dopo, Il viaggio a Reims conquista, avvince, rapisce. Gli appassionati sanno tutto ormai su questa strana opera, il cast è solo «buono», la direzione di Ottavio Dantone criticabile, eppure il successo è ancora vivacissimo. Merito di una messinscena forse la migliore mai realizzata da Luca Ronconi in sede lirica. L' idea è che il teatro e la città sono tutt' uno, in quanto il pubblico è personaggio e viceversa. Gli spettatori vedono su schermi la gente che assiste al passaggio del corteo regale per le vie della città; quelli al di fuori vedono su altri schermi cosa accade in sala, finché con l' ingresso del corteo in teatro si festeggia l' incoronazione del re (il re peraltro è in ritardo e arriva di corsa: scena comicissima). Una trovata? No, una geniale traduzione della peculiarità del Viaggio a Reims di far coincidere pubblico e personaggio: vi si raccontano infatti le avventure di una serie di nobili di mezza Europa che vorrebbero recarsi a Reims per l' incoronazione di Carlo X (occasione per cui Rossini compose questo lavoro). Anche loro, dunque, sono personaggi che si fanno pubblico. Ma nella realizzazione dell' idea c' è tanto altro, un fuoco di fila d' invenzione (irresistibile il dettaglio della carrozza che si rovescia), di recitazione appropriata, leggerezza, poesia (il balletto delle marionette dei Colla è un incanto), senza mai dimenticare il graffio sarcastico di cui Ronconi è maestro assoluto. Musica e teatro si elettrizzano a vicenda. Con Abbado (non il «messia», il suo ritorno l' anno prossimo è piuttosto la ciliegina sulla torta di una Scala col vento in poppa anche se con qualche bonaccia) il teorema tornava alla perfezione. Con Dantone meno. In questo terreno il pur bravo direttore non è incisivo come in quello barocco ch' è abituato a calcare. E gli effetti si sentono soprattutto nel Sestetto, nell' aria di Sidney e nel successivo Duetto: tre numeri seduti e senza grinta nell' economia di una partitura che di numeri ne ha solo nove. Cast che diverte e si diverte: ottimi Ulivieri, Ciofi e Barcellona; bene Remigio, Massis, Gatell, Korchak e Capitanucci; così così Miles e Praticò. Ci sono anche coristi, ballerine, mimi e comparse. È una festa del teatro. Bello che si sia devoluto l'incasso ai terremotati abruzzesi, come annunciato dal sovrintendente Lissner a sipario chiuso.
Enrico Girardi