di JULES MASSENET
Dramma lirico in quattro atti, su libretto di Édouard Blau, Paul Milliet, Georges Hartmann,
tratto da “I dolori del giovane Werther” di Johann Wolfgang von Goethe, del 1774
direttore Giampaolo Bisanti
regia Stefano Vizioli
scene Emanuele Sinisi
costumi Anna Maria Heinreich
disegno luci Vincenzo Raponi
visual Imaginarium Creative studio
ORCHESTRA DEL TEATRO PETRUZZELLI
Coro di voci bianche “Vox Juvenes”
maestro del coro Emanuela Aymone
Allestimento scenico | OperaLombardia
Charlotte Caterina Dellaere [20/23 apr]
Sophie Veronica Granatiero [20/23 apr]
Werther Valerio Borgioni [20/23 apr]
Albert Pierluigi Dilengite [20/23 apr]
Le Bailli Francesco Verna
Schmidt Valentino Buzza
Johann Stefano Marchisio
Brühlmann Carmine Giordano
Kätchen Angelica Disanto
Bari, Teatro Petruzzelli dal 19 al 24 aprile 2022
Sigmund Freud avrebbe saputo cosa dire del Werther di Massenet e di quella sua insostenibile forza distruttiva dei due protagonisti. Infatti il perno intorno al quale si muove tutta l’opera è proprio nella infelicità forzata di due giovani che si amano ma che le condizioni sociali non permettono loro di poter vivere liberamente la loro passione. E’ una forza romantica, fortissimamente romantica. D’altronde Goethe non ci va mica leggero nel narrare il turbamento costante di Werther, un giovane sorretto da un forte intellettualismo e da una rigida educazione morale. Quello che poi diventa nelle mani di Massenet è una sorta di fluido vitale, di impressionante asserzione di un modello educativo che poteva portare alla autodistruzione. Ma Werther di Massenet è soprattutto il passaggio da una scrittura meno profonda ad una ricerca compositiva intensa e ricca di riferimenti da parte del compositore francese. Che non è secondo a nessuno. La sua forma creativa è talmente interessante che nella continua proposizione di temi, la mente a volte fa fatica ad incamerare e riconoscere dei riferimenti. E’ questo il vero turbamento creato da Massenet, ovvero una overdose di suoni che deve sottolineare l’impossibile idea di un amore travagliato e travagliante. Ed è perfetto. Se già Bizet aveva provato con la sua Carmen a narrare la disperazione e la distruzione di un amore assolutamente passionale, Massenet va ben oltre, è quasi chirurgico nel far emergere le idiosincrasie di una rappresentazione che non ha mezzi termini. E’ così e basta! Tutto l’impianto compositivo non è semplice, tutt’altro. Lo sanno bene i cantanti che devono interpretare i vari ruoli, soprattutto quelli destinati a Charlotte e a Werther. Probabilmente neanche lo stesso Goethe poteva immaginare come il suo capolavoro fosse talmente enfatizzato da un vero e proprio poema sinfonico creato da Massenet. Concertare e dirigere questa opera non è quindi impresa facile. E’ stato talmente bravo Gianpaolo Bisanti da far trasparire i minimi respiri della narrazione. La sua interpretazione ha reso questo capolavoro un vero punto di riferimento per la direzione. Bisanti è talmente attento a mantenere con costanza il suono dell’orchestra che l’amalgama con i cantanti è sintomaticamente romantica. Ovvero, Bisanti conosce molto bene il repertorio sinfonico e ha ben compreso come Massenet fosse un operista sinfonista come solo dopo Puccini sarebbe stato. Pertanto è ineccepibile il suo lavoro così come è stato quello del tenore Valerio Borgioni, Werther incarnato in voce, perfetto in quella sua dolente interpretazione grazie anche ad un lavoro sulla voce che richiama alla memoria la grazia di tenori come Franco Corelli. Ed è Borgioni il vero protagonista di questa opera. La regia di Vizioli tende a far comprendere come in tempi di Covid sia difficile professare l’intesa passionale senza incappare in difficoltà d’avvicinamenti. E’ stato quindi bravo a costruire la sua regia aiutandosi con il visual design e con una serie di rimandi necessari a essere coerente con ciò che il libretto indicava. Riascoltare l’orchestra del Petruzzelli è sempre piacevole e in questo lavoro emerge senza nessuna difficoltà la chiara appartenenza ad un mondo che considera la lirica come una ricerca sinfonica continua e loro ne sono assolutamente all’altezza. Plauso a tutto il resto del cast e al coro di bambini diretto da Emanuela Aymone.
Marco Ranaldi