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ACQUARIO - regia Giuseppe Maria Martino

"Acquario",  regia Giuseppe Maria Martino. Foto Sabrina Cirillo, AGCUBO "Acquario",  regia Giuseppe Maria Martino. Foto Sabrina Cirillo, AGCUBO

Dal dittico Eternauti, di Dario Postiglione
Regia di Giuseppe Maria Martino
Interpreti: Giulia Acquasana, Riccardo Ciccarelli, Simona Fredella
Un progetto del Collettivo Bestano
Drammaturgia: Dario Postiglione
Luci: Sebastiano Cautiero
Proiezioni: Pietro Di Francesco
Scene: Paolo Catino. Suono e Musiche: Luca De Mstteis
Produzione: Bestano col sostegno produttivo di Teatro Mascheranova
17ª Edizione del Campania Teatro Festival. Teatro Nuovo- Napoli 13 ottobre 2024

www.Sipario.it, 17 ottobre 2024

In una Napoli affollata di turisti, dove non si trova un giaciglio per dormire, ma questo vale pure per altre città d’arte, si svolge da 17 anni uno dei Festival di Teatro più importanti in Italia, inventato all’origine da Walter Veltroni, stavolta partito in autunno e un po’ acciaccato per motivi economici, che il presidente della Regione Campana, Vincenzo De Luca, sostiene con convinzione col suo simpatico stile barricadiero.  Direttore artistico è l’ottimo Ruggero Cappuccio e Massimo Perrino cura un Ufficio Stampa fra i più efficaci che ci sono in giro. Dopo la bella prova di Rossella Pugliese col suo Papàveri al Teatro Nuovo, vi sono ritornato per assistere allo spettacolo Acquario, una delle due sezioni del dittico Eternauti di Dario Postiglione, vincitore tra l’altro del premio InediTO- Colline di Torino 2024, con la regia al fior di loto di Giuseppe Maria Martino. Sulla scena, anche questa avvolta da brume e fumi, forse perché il plot si svolge su una spiaggia, giace al centro una donna (Giulia Acquasana), distesa accanto ad una scatola rettangolare di plexiglass, con un filo di sabbia sul fondo, forse l’immagine di ciò che un tempo era un piccolo acquario, oppure metafora d’un mare che s’immagina soltanto e non si vede. A lato del proscenio sta seduto un uomo (Giampiero De Concilio sul catalogo, oppure Riccardo Ciccarelli sul programma di sala, fate voi) in giaccone marinaro col cappuccio, di cui non si vede il volto, che con un coltello pulisce un pesce, vero, tolto da un secchio pieno d’acqua che poi si colora di rosso quando si alza per andare via. L’immagine della donna, tramite una videocamera, posizionata in vari punti del palcoscenico, viene spesso amplificata su uno schermo, forse per spettatori miopi o presbiti, perché solo un esercizio di stile senza alcuna utilità o finalità. Ad un tratto appare sulla scena un’altra donna (Simona Predella) in pantaloni gialli e occhiali da sole, amica della prima, che le porta da mangiare e si lamenta con lei della vita che conduce e del lavoro in un call center che non la soddisfa e che vorrebbe andar via, cambiare aria e altro. Intanto ricompare l’uomo di prima, sordomuto che si esprime gesticolando con le mani e pare che tra i due ci sia del tenero, forse pure amore. Le immagini dei due compaiono sullo schermo, ripresi da varie angolazioni, mentre giunge dalla sala la donna in giallo - mi piace chiamarla così - come al solito raccontando le sue traversie. L’atmosfera che si respira è quella del day after, forse per la scena astratta dal fondale illuminato, spesso, d’azzurro, con Giulia Acquasana che parla di un’Onda, forse di uno tsunami che dovrebbe arrivare da lì a poco stravolgendo ogni cosa, una paura che non s’intravede sul suo volto, piuttosto depressione-mista-a-psicosi-collettiva per un evento solo immaginato, ma che mai potrebbe accadere. Lo spettacolo va avanti stancamente, forse quei fumi contenevano molecole di melatonina, perché adesso è la donna a scambiarsi i ruoli col sordomuto: anche lei sul proscenio, indossa il giaccone con cappuccio in testa e pulisce il pesce tolto dal solito secchio illuminato di rosso. Sono due le cose che mi sono rimaste impresse, a parte la bravura dei tre protagonisti: l’acquario senza acqua e il sordomuto che verso la fine canta una canzone in spagnolo.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Venerdì, 18 Ottobre 2024 12:25
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