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BLASTED - regia Elio De Capitani

Blasted Blasted Regia Elio De Capitani

di Sarah Kane
traduzione: Barbara Nativi
regia: Elio De Capitani
con Paolo Pierobon, Elena Russo Arman, Andrea Capaldi
Modena, Teatro delle Passioni, dal 20 al 23 novembre 2008

Corriere della Sera, 23 novembre 2008
Stupri (metaforici?) a catena

In Blasted, primo dramma di Sarah Kane, ora proposto da Elio De Capitani per Teatridithalia, tutti gli eccessi giocano a favore del testo, della sua plausibilità, della sua credibilità. Andò in scena nel 1995 al Royal Court di Londra. L' autrice aveva ventitré anni. Fu accolto nei modi più svariati. Fece scandalo. Esso nasceva, credo, dalla difficoltà di accettare la convivenza di due suoi intrinseci elementi. I tre personaggi parlano il crudo, realistico linguaggio del teatro inglese: il più crudo, realistico e prosciugato dopo Pinter e Bond. Nello stesso tempo il loro linguaggio, e gli accadimenti che ne discendono o lo provocano, si struttura in modo alogico, in una dimensione sottilmente onirica. Ian, un giornalista di cronaca locale, cronaca nera dello Yorkshire, (una professione che, come è stato notato, lo determina) induce Cate - che vive a Leeds, dove ora egli si trova - a passare una notte con lui in albergo. Cate è una sua ex amante, ora ama Shaun, si direbbe che ha accettato l' invito in nome dell' antico affetto, e per pietà, e per debolezza. Non intende tradire il suo nuovo fidanzato, a Ian vuole solo essere vicina. Per il nostro giornalista è tutto diverso. Beve in continuazione, whisky o champagne, non importa cosa; ha i polmoni rovinati, sa di dover morire; fuma come un dannato (blasted è «dannati», ma anche «esplosi»: fuori di quella stanza d' albergo, dove sta per cominciare un gioco al massacro, è in atto un massacro più vasto, infuria una guerra civile, tutto «scoppia»). Ian, naturalmente, vuole fare l' amore con Cate. Cate non vuole. Tra la prima e la seconda scena, nel cuore della notte, Ian stuprerà Cate che poi, detestandolo, ma anche no, il mattino successivo avrà nei suoi confronti un momento di debolezza/violenza. Nuovo orgasmo di Ian (alla fine saranno cinque o sei) e rovesciamento repentino della situazione. Cate scompare dal bagno dove s' era rinchiusa, irrompe un Soldato, costui vuole uccidere, ma vuole anche fare l' amore, o amare. Dopo aver stuprato Cate, Ian sarà a sua volta stuprato dal Soldato, al quale avevano ucciso la fidanzata e che, dopo aver succhiato via gli occhi a Ian, si ucciderà. Come non vedere in questa catena di violenze un andamento più onirico che realistico-religioso (castigo dopo il delitto)? Ian è dentro Cate, come il Soldato è dentro Ian. La guerra che imperversa là fuori non è che la metafora di questo inconscio che si sdoppia a una velocità senza tempo. L' effetto è, va da sé, allucinatorio. Pure, l' autrice si tiene sul filo del rasoio di una concretezza che - come se il mito Sarah Kane stingesse di continuo sul testo - a Elio De Capitani sfugge di mano. La Cate di Elena Russo Arman è troppo infantile per essere vera. Lo Ian di Paolo Pierobon urla troppo perché ci tocchi nell' intimo. Il Soldato è troppo grande e grosso perché non si appalesi come una proiezione fantasmatica, allegorica, terribilistica. Ecco, il terribilismo: questa è una inclinazione cui De Capitani a volte si abbandona. Lo fa con un pizzico di voluttà e con eccesso di fede (nella lettera del testo). Lo si può ammirare, non credergli. Mi piace come si percepisca, nella messinscena, quanto di Ibsen (Casa di bambola) vi sia nella prima parte; quanto di Brecht (la punizione, la giustizia) vi sia nella seconda; quanto di Beckett (le rovine, la desolazione) nella terza. Questi tre autori erano, come lei stessa rivelò, le fonti di ispirazione della Kane.

Franco Cordelli

Ultima modifica il Giovedì, 08 Agosto 2013 14:20

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