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CARIDAD. UN'APPROSSIMAZIONE ALLA PENA DI MORTE DIVISA IN 9 CAPITOLI - regia Angélica Liddell

"Caridad. Un’approssimazione alla pena di morte divisa in 9 capitoli", regia Angélica Liddell "Caridad. Un’approssimazione alla pena di morte divisa in 9 capitoli", regia Angélica Liddell

testo, scene, costumi e regia di  Angélica Liddell
con David Abad, Yuri Ananiev, Federico Benvenuto, Nicolas Chevallier,
Guillaume Costanza, Angélica Liddell, Borja López, Sindo Puche
e con il coro di laringectomizzati SHOUT AT CANCER: Guy Vandaele, Frank Meeus e Andrew Pett
produzione Iaquinandi S.L, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Festival Temporada Alta Girona, CDN Orleans Centre Val de Loire, Teatros del Canal Madrid, in collaborazione con Aldo Miguel Grompone (Roma)
all’Arena del Sole, Bologna, 15 aprile 2023

www.Sipario.it, 26 aprile 2023

Caridad è un invito a mettere in discussione le nostre certezze, è un pugno nello stomaco. «La vera carità non può che essere immorale, poiché redime il ladro, lo stupratore, l’assassino. Il suo latte non nutre i bambini, ma i vecchi. (…) Una delle otto felicità che Cristo prospettò ai suoi discepoli è ancora oggi trasgressiva: beati i perseguitati per causa della giustizia. La questione fondamentale è la seguente: quanto perdono siamo disposti a tollerare». È l’idea sfidante che Angela Liddell sostiene, mostra, ostenta per tutto il suo lavoro. «Quanto perdono siamo disposti a tollerare»: e i due termini perdono e tolleranza mettono in crisi il nostro perbenismo, la nostra tranquillità etica, ci provocano nel profondo, ben oltre lo spettacolo.

Angélica Liddell provoca in continuazione, lo fa perché cerca la reazione del pubblico, altrimenti non ha senso pro-vocare. Ottiene la reazione del pubblico? Sì e no. Qualche fischio si sente da fondo platea, qualcuno è uscito a metà, c’è chi mostra un certo disagio, ma gli applausi hanno la meglio. Questo il dato di cronaca registrato la sera della prima all’Arena del Sole di Bologna. Ma dove sta la forza di Liddell? Sta nell’insinuare dubbi su ciò che si considera giusto e ingiusto, nello scardinare ciò che crediamo possibile, mettere in discussione la giustizia e lo scandalo del perdono, predicato da Cristo. Così dopo giorni il pensiero torna su Caridad, sulle immagini che Liddell costruisce, immagini sporche, eccessive, ripetute e proprio per questo dotate di una scomposta bellezza che conquista e infastidisce al tempo stesso. Sono insopportabili i bambini che ballano con gli uomini laringectomizzati, chiamati a essere quegli stessi bambini vittime di quegli stessi uomini, condannati a morte e ghigliottinati nella Francia degli anni Settanta del secolo scorso. Che dire della festa degli ulivi intorno alla ghigliottina, citazione dal Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini? La macchina di morte è costruita da Tobias Schmidt, fabbricante di clavicembali, in collaborazione col dal boia di Parigi. Liddell dice che le stesse mani che costruiscono clavicembali possono dare vita a quella macchina che produce morte.

Angélica Liddell procede per apposizioni di immagini, costruisce tableaux vivants che affianca l’uno all’altro, in un racconto paratattico il cui senso è affidato alla sensibilità dello spettatore, provocato, violentato, urtato, forse, dalla crudeltà di ciò che accade in scena. Parole e immagini, racconto e visione vivono di accostamenti ossimorici e lasciano il segno. E allora il racconto delle violenze inferte da Gilles de Laval, signore di Rais, luogotenente di Giovanna D’Arco ai suoi bambini, torturati con sadico piacere è destinato a fare attrito con le voci angeliche del Miserere di Allegri e con la figura elegante dell’attore, incoronata di alloro con una calla in mano che sembra un insopportabile Ecce Homo. 

Angèlica Liddell è feroce nel suo amoreggiare con la ghigliottina, è un corpo in tensione che si svuota allattando il vecchio padre, dopo aver munto il cielo, è una erinni nel suo trasporto erotico, nel esibire il sesso e nel darsi ai suoi amanti, è tutto troppo, è tutto eccessivo, oltrepassa la misura e sbatte in faccia al pubblico non solo il suo sesso ma la consapevolezza che: «Ci sono uomini e donne che durante la loro vita rispettano la legge. Si comportano con rettitudine. Sono cittadini modello. Sono democraticamente responsabili e non commettono mai un crimine. Ma moralmente sono orribili, molto più riprovevoli di un assassino. Quanti di questi cittadini modello bisognerebbe giustiziare perché il mondo fosse più bello?». È l’ultimo potente schiaffo di Caridad di Angelica Liddell e i fischi si intrecciano agli applausi e si esce da teatro tutti un po’ più inquieti. 

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Mercoledì, 26 Aprile 2023 21:29

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