liberamente tratto da Il signore delle mosche, di William Golding
Regia: Emanuele Crotti
Interpreti: Francesco Meola, Valentina Picello, Andrea Pinna, Libero Stelluti, Giulia Viana, Chiara Zerlini, Fabio Zulli
Musiche: Stefano De Ponti ed Eleonora Pellegrini
Produzione: Eco di Fondo
Milano, Spazio Tertulliano dal 11 al 15 aprile 2012
Da Il signore delle mosche, romanzo del premio Nobel William Golding, da sessant'anni a questa parte sono state tratte parecchie riduzioni cinematografiche e teatrali: da ricordare, almeno il film di Peter Brook, del '63.
Con I candidi, prodotto dalla compagnia Eco di Fondo e liberamente tratto dall'opera, il regista Emanuele Crotti ne estrae, prosciugandoli, i temi salienti, traducendoli con efficacia in una forma teatrale di non semplice definizione, costruita utilizzando un linguaggio fra il gestuale e il coreutico, sostenuta da musica eseguita dal vivo, ove la parola è ridotta ad in un pugno di battute, che risuonano solo dopo i primi venti minuti dello spettacolo.
Al progetto drammaturgico ha collaborato l'intero gruppo (Francesco Meola, Valentina Picello, Andrea Pinna, Libero Stelluti, Giulia Viana, Chiara Zerlini, Fabio Zulli), visibilmente legato da un forte affiatamento, maturato in quasi due anni di lavoro corale (il progetto ha vinto il Premio Schegge, bandito da Il cerchio di gesso, di Torino nel 2011).
In scena, quasi sempre il gruppo al completo: un groviglio di giovani corpi, sommariamente vestiti, a volte nudi, che attraverso una gestualità ed una comunicativa prevalentemente non verbale, un promiscuo, reciproco contatto fisico, sanno restituire la sconsolata, cinica visione che Golding ha dell'umanità, ed esprimono con impressionante intensità le dinamiche dei rapporti umani, del potere, di una illusoria democrazia che diviene prevaricazione.
Il registro non è mai realistico (i sette attori sono dei giovani, ma non si fingono adolescenti), tuttavia anche il ricorso alla metafora è ad un tempo discreto e trasparente: le magliette bianche indossate all'inizio, che alludono al candore cui si riferisce il titolo e che, nel corso dello spettacolo saranno sformate, ridotte a brandelli; i corpi lordati da sostanze immonde (le feci del maiale), a segnalare il progressivo degrado dei loro rapporti, fino allo sconvolgente episodio di cannibalismo (soltanto suggerito, alluso nel testo letterario).
Anche uno dei temi centrali del romanzo, l'istanza del soprannaturale, il bisogno di costruirsi un totem, di inventare un dio da onorare e temere, emerge con forza, ma sempre secondo quella scelta di comunicazione obliqua, mai esplicita, che percorre l'intera azione teatrale, e che costituisce la cifra più affascinane del lavoro. E lo spettacolo si chiude, come era iniziato, con l'inquietante irruzione in scena di un'aitante figura maschile, con una testa di maiale, che compie una sorta di primitiva danza rituale.
Elemento non secondario nella messa in scena, la presenza dei musicisti (Stefano De Ponti ed Eleonora Pellegrini: chitarra, voce, percussioni, xilofono, armonica a bocca) che, con l'ausilio di tracce registrate, sottolineano, preannunciano, accompagnano, commentano l'azione teatrale.
Val la pena, infine, di sottolineare che questo gruppo di giovani artisti, che escono tutti da una solida formazione teatrale classica, ha compiuto la scelta di cimentarsi nella ricerca di forme che non ricalcassero i più rassicuranti e frequentati sentieri del teatro di tradizione, e che è riuscito nel suo intento, senza cedere alle tentazioni solipsiste di sperimentazioni criptiche e sterili.
Claudio Facchinelli