di Harold Pinter
traduzione di Alessandra Serra
interpretazione e regia di Lorenzo Costa e Ivana Monti
Milano, Teatro Franco Parenti, dal 20 ottobre al 1 novembre 2009
Nel realismo claustrofobico de «Il calapranzi» di Pinter c' è durezza e violenza che esplodono in un crescendo di tensione che rendono la situazione descritta una metafora acuta e nervosa. Nell' attesa vissuta in una squallida stanza da Gus e Ben, killer pronti a essere pilotati sulla vittima di turno, si insinuano l' angoscia, la tensione, l' incertezza, la rabbia, l' impotenza per eventi che non sono spiegabili e possono essere solo accettati: è il materializzarsi di quel senso opprimente di minaccia esistenziale che grava sulla vita di ogni essere umano e che lì si concretizza con le ordinazioni che arrivano dall' alto col rumore sinistro di un calapranzi o con una lettera che scivola sotto la porta d' ingresso: segnali in codice o grottesche casualità? Purtroppo nella gialla stanza in cui Lorenzo Costa e Ivana Monti ambientano la messinscena della pièce di cui sono anche protagonisti, non si respira tensione, non si respira minaccia, non si respira mistero, c' è una stemperata e stereotipata cattiveria, un' altrettanta stemperata e stereotipata rabbia, si percepisce poco il senso di tradimento. Peccato perché l' idea di un Gus al femminile era interessante, anche se più nevroticamente dura e aspra di quanto la brava Ivana Monti l' abbia disegnata, ma quello che è mancata è una lettura registica tesa e forte.
Magda Poli