di Albert Camus
adattamento e regia: Corrado d'Elia
assistenti alla regia: Marco Brambilla e Marco Rodio
con Corrado d'Elia, Giovanna Rossi, Alessandro Castellucci, Andrea Bonati, Marco Brambilla, Cristina Caridi, Giovanni Carretti, Andrea Tibaldi, Gianni Quillico, Marco Rodio, Chiara Salvucci
traduzione: Franco Cuomo
scene: Febrizio Palla
tecnico luci: Marcello Santeramo
tecnico audio: Mario Bertasa
foto di scena: Angelo Redaelli
produzione: Compagnia Teatro Libero
Milano, Teatro Litta (Manifatture Teatrali Milanesi) dal 12 al 24 gennaio 2016
Dopo la notizia del passaggio alle MTM (Manifatture Teatrali Milanesi, giovane realtà derivante dall'unione del Teatro Litta e di Quelli di Grock) di Corrado d'Elia che ha ricoperto per molti anni la direzione artistica del Teatro Libero, ecco che il dinamico regista inaugura l'anno 2016 nella sua nuova casa con un cavallo di battaglia come Caligola di Camus.
Albert Camus (Mondovi, in francese Dréan e oggi Deraan, sulla costa orientale dell'Algeria 1913 – Villeblevin 1960) - scrittore e filosofo francese tra i fondatori dell'esistenzialismo ateo di tipo umanistico insieme a Jean-Paul Sartre (da cui poi si staccherà) - di famiglia poverissima eccelle negli studi e, avviato alla filosofia dal suo professore Jean Grenier, vince una borsa di studio all'Università di Algeri. L'insorgere della tisi (considerata incurabile fino agli anni '40) muta la sua vita e blocca le sue aspirazioni allo sport e al teatro influendo sulla sua visione del mondo; riesce tuttavia a dedicarsi alla letteratura fino a vincere nel '57 il premio Nobel.
Frutto della sua inventiva, Caligola è un dramma teatrale (tre le versioni dal 1937 al 1958) che descrive le intemperanze e le sregolatezze dell'imperatore-folle, poeta-artista cui si oppone il pretoriano Cherea, filosofo materialista.
Storicamente Caligola (Anzio 12 – Roma 41), appartenente alla dinastia giulio-claudia, regna per meno di quattro anni ed è personaggio controverso passato alla storia per un insieme di azioni nefande che peraltro non lo diversificano molto da altri imperatori. Il dramma di Camus portato in scena da Corrado d'Elia narra lo scorcio finale della vita dell'imperatore partendo dal momento in cui, morta Drusilla, sorella e amante, le sue condizioni mentali peggiorano visibilmente come mostra l'aumento degli atti insensati e folli. Certo non si tratta di un periodo tranquillo: pur essendo cessate le guerre civili, violenze e sopraffazioni sono all'ordine del giorno e indubitabilmente lasciano segni nelle giovani menti come in quella già instabile di Caligola sicuramente traumatizzato dalla morte del padre Germanico che sospetta di essere stato avvelenato (sistema tra i più in voga all'epoca per liberarsi dagli avversari o presunti tali).
Eccoci allora nella sontuosa dimora imperiale resa con elegante semplicità da una 'piscina' colma di palline rosse a significare quel sangue che in senso reale e metaforico scorre a fiumi durante il suo breve e tormentato regno, intorno è abbozzato un imponente colonnato bianco da cui appaiono e scompaiono braccia che si muovono armonicamente quasi elementi danzanti e i personaggi tutti nerovestiti salvo Caligola e l'anima di Drusilla abbigliati di bianco e Cesonia di rosso, simbolo della passione sensuale che seduce ed è sedotta e in nome della quale si sacrifica accettando un rapporto in cui è costretta a ingoiare molti rospi.
Una rappresentazione incisiva del malcostume dei cortigiani che con in mano calici di vino - metafora della passione che si avvicina e del sangue in cui navigheranno - sono apparentemente interessati alla sorte dell'imperatore che sconvolto dal dolore per la morte dell'amata Drusilla è scomparso senza dare notizie di sé
Il fragile, immaturo e insicuro Caligola appare con il suo fardello di angoscia procuratagli dalla recente ferita che gli fa prendere coscienza di quella sofferenza forse già provata e sopita che ora si mostra in tutta la sua tragicità a evidenziare le menzogne e le contraddizioni della vita e la dicotomia tra una natura tenera, vibrante e trionfante e l'abisso nero del male, della fine e del baratro. Un'attrazione morbosa - aggravata da un'insonnia logorante - verso il bene e verso il male che si confonderanno sostituendosi l'uno all'altro per lenire la solitudine e per ubriacarsi d'onnipotenza (che lo ha fatto identificare con Hitler, dittatore sanguinario e complessato): cosciente di non poterla raggiungere, è oberato e schiacciato dal potere e dall'incapacità di gestire il patrimonio pubblico e privato.
Un'epifania di errori - accompagnati da una musica raffinata - in un infelice che si muove consapevolmente verso una voragine di assurdità da cui sarà inghiottito, incurante dell'affetto immeritato del giovane Scipione e delle sagge argomentazioni di Cherea.
Un gruppo di attori veramente coeso e teso a fare partecipare al pubblico i sentimenti che travolgono gli animi cui danno vita: tanto ben amalgamati da riprendere lo spettacolo dopo un'inattesa mezz'ora d'interruzione con lo stesso pathos e la medesima vibrante recitazione: grande professionalità e amore per il teatro, lo stesso di chi si sente arricchito da una pièce di notevole intensità come questa.
Wanda Castelnuovo