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DOC (Disturbi Ossessivo-Compulsivi) – regia Matilde Perissinotti Bisoni

"DOC (Disturbi Ossessivo-Compulsivi)", regia Matilde Perissinotti Bisoni "DOC (Disturbi Ossessivo-Compulsivi)", regia Matilde Perissinotti Bisoni

da TOC TOC di Laurent Baffie
Regia di Matilde Perissinotti Bisoni
Interpreti: Sabrina Sciabà, Enrico Saglimbeni, Nino Santamaria, Nella Sgroi,
Pina D’Andrea, Adriana Malignaggi, Francesca Spampinato
Manager di Produzione: Piero Pino
Check sound e luci: Sound’s colors di Giovanni Rando
Produzione: Ensemble Teatrale Sceluq – Messina
Teatro Annibale Maria di Francia 21 maggio 2023

www.Sipario.it, 22 maggio 2023

La formazione teatrale “Sceluq” di Messina privilegia un Teatro boulevardier, un Teatro comico dall’umorismo pungente (di recente ha messo in scena Inside New York tratta da una gustosa pièce di Woody Allen titolata Central Park West) dove il pubblico si diverte, ride, applaude e allontana, con i tempi che corrono, pensieri infausti per un paio d’ore. Adesso il gruppo ha adescato un testo scritto nel 2005 dallo scrittore francese Laurent Baffie il cui titolo Toc Toc somiglia a due colpi ad una porta e che invece è l’acronimo di Tic Ossessivo-Compulsivo, rappresentato ininterrottamente in Francia (dove ha conseguito un premio “Molière”), in Belgio, Portogallo, in particolare in Spagna per otto stagioni, in Argentina dove è andato in onda per nove anni consecutivi con 1,7 milioni di spettatori e pure in Messico dove sono state registrate più di mille repliche dello spettacolo. Sempre col titolo di Toc Toc nel 2017 il regista spagnolo Vicente Villanueva ha ricavato un film di successo, distribuito poi da Netflix e quattro anni fa Claudio Insegno l’ha messo in scena al Teatro Nuovo di Milano con Sandra Milo tra i protagonisti. Adesso con la regia ben orchestrata da Matilde Perissinotti Bisoni, la compagnia ha fatto bingo al Teatro Annibale Maria di Francia davanti ad un pubblico che ha occupato tutte le poltrone, festante e plaudente per 75 minuti, immedesimandosi forse un po’ nei sei personaggi della commedia. Tutti affetti da disturbi ossessivo-compulsivi, che si ritrovano, pressoché alla stessa ora, nella sala d’aspetto d’un famoso psichiatra, certamente un filantropo perché non fa pagare le visite. La furbizia della scrittura scenica è che il pubblico conosce i nomi e le loro fobie appena giungono in scena, in attesa che arrivi il luminare a visitarli, ma che purtroppo porterà ritardo - questo è quanto dice loro una pragmatica assistente del medico (Francesca Spampinato) che di tanto in tanto fa capolino in quella sala – perché sperduto in vari aeroporti europei. Conosciamo Ugo (Enrico Saglimbeni) affetto da sindrome Gide-Tourette, come dire uno che inserisce mentre parla ripetute e involontarie parolacce; giunge poi ansimando, per aver salito otto piani di scale in 22 secondi la camionista Jessica di Sabrina Sciabà, detta Barracuda, forse per i suoi tatuaggi o perché agghindata con bandana, jeans e gilè, che si esprime in romanesco, sofferente di arithmofobia, ovvero una persona che pur avendo paura dei numeri non può far a meno di nominarli di continuo in varie salse e combinazioni; arriva adesso con borsetta al braccio e tailleur marrone la Maria di Pina D’Andrea che ad ogni parola porcella di Ugo si fa il segno della croce, preoccupata sempre per non aver chiuso i rubinetti dell’acqua e del gas di casa; ecco poi vestita di verde la Flora di Nella Sgroi, che avendo paura di microbi e batteri nel toccare oggetti o persone, deve correre subito in bagno a lavarsi le mani; s’affaccia poi alla porta cercando di evitare le righe del pavimento l’Alfredo di Nino Santamaria, depositando a terra per camminare riviste o giornali oppure preferendo starsene all’in piedi sulle sedie e infine si unisce al gruppo la Lulù di Adriana Malignaggi che ripete sempre due volte ciò che dice e ogni tanto pronunzia molte volte le sillabe finali che ascolta.  Visto poi che il medico tarda ad arrivare, il sestetto, anche per schiacciare la noia, decide di intraprendere una terapia di gruppo, consistente, come si può capire, nel vomitare per sette minuti il peggio delle proprie manie. L’esperimento sortisce qualche successo, creandosi qualcosa che si chiama solidarietà, ma è ben poca cosa perché il gruppo stanco di aspettare si scioglie, abbandonando quel salone, tranne qualcuno che rimane (non dirò il suo nome) a dialogare con l’assistente, dichiarandosi soddisfatto dell’esperimento che avrà un seguito in un prossimo appuntamento in altre città con pazienti affetti di DOC. Bravi tutti i protagonisti, ben affiatati e calati nei loro ruoli, a lungo applauditi da un pubblico contento e soddisfatto. 

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Lunedì, 22 Maggio 2023 16:22

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