di AA. VV.
con Giorgio Panariello
Produzione Friends & Partners
Bassano del Grappa (Vicenza), Palabassano 2, 11 marzo 2022
Uno spettacolo - favoletta, quello di Giorgio Panariello visto a Bassano del Grappa, raccontato con garbo e tanta ironia, e quella malinconia che ogni tanto salta fuori dal cilindro di un comico che conosce bene il mestiere, e ancor di più la sua storia. Ecco dunque nei teatri “La favola mia”, che richiama la canzone omonima di Renato Zero, personaggio caro al comico fiorentino, che anche in questo spettacolo a un certo punto si materializza ed è ancora una volta identico a lui. Apre la scena un vecchietto seduto sul fondo di un borgo, raccolto nei suoi pensieri, che tra gli altri si identificano in uno: come si chiamava…Panariello? Giocoso e maturo, il comico si racconta pian piano senza indugi né autocompiacimenti, è l’onesta storia di un ex ragazzino venuto su vivendo coi nonni in una Versilia non quella modaiola di oggi, sul finire dei Sessanta e in pieno boom economico. Il piccolo Giorgio è uno di noi, sua stessa generazione, e in questo ci si riconosce ampiamente, come in quell’epoca tra pregi e difetti. Popolare come i suoi personaggi, che di lì a poco fioriscono per una nuova, ennesima replica, Giorgio Panariello non si smentisce, semmai conferma le doti (anche fisiche, visti gli accenni ai balletti) di intrattenitore caro al pubblico, al quale basta un’espressione, un silenzio, ed è una risata. Che poi le risate si susseguono, sono una dietro l’altra, del resto è chiaramente il suo pubblico quello seduto in platea. Come si diceva, uomo velato di manlinconia sana, Panariello sa che proponendo se stesso svela agli spettatori il loro doppio. “La favola mia” arriva dunque nelle sale dopo essere stata come altri spettacoli più volte sospesa e rinviata, causa pandemia. Un taglio di luna squarcia la notte del borgo scenografico, fino ad aprire le porte al suo racconto, ai suoi personaggi , anche se prima di loro il comico ironizza e non poco sui vari mestieri cosiddetti “nuovi”, quelli inventatisi, tipo lo youtuber, l’influencer, il tiktoker, nonostante, siamo d’accordo, l’inglese non faccia per noi e ci rende (e ci mostra) spesso sprovveduti. Anche se siamo quelli della lingua di Dante. Dietro a lui scorrono foto della sua infanzia, mentre si racconta la storia dei nonni. Poi è il turno di Merigo, ispirato a un campanaro del paese, in un crescendo di vizi e virtù italiane, quindi si torna al presente con un nuovo accenno a ciò che da un lato ci rende attoniti e dall’altro ci rincuora, come le consegne sugli ordini fatti online, per qualsiasi cosa. Panariello si muove con sicurezza su un canovaccio peraltro di vita vissuta, e personale, e si ritaglia anche un angoletto di satira politica, sbeffeggiando più di qualcuno. Quindi è Mario il bagnino a farla da padrone. Tutto con un certo mestiere, una grazia tipica, come quando ricorda il falò sulla spiaggia (che non si può più fare), le coppiette, e mentre ironizza sulle nuove canzoni. Prima che il finto Renato Zero appaia sul palco c’è il tempo di spiegare il suo processo di identificazione, quando si accorge di assomigliargli un pochino e di saperlo ben imitare. Anni bischeri, si dice in Toscana, che corrono veloci e portano Giorgio attraverso una lunga gavetta, scoprendo i personaggi come il Pierre della discoteca Chiticaca, che “vengono” a lui, senza cercarli. Un artista a tutto tondo, che umilmente e non per piaggeria di certo, racconta anche il rimorso che rimane dopo la morte del fratello Franco, salendo le scale simboliche del successo, sulle note proprio de “La favola mia” di Zero.
Francesco Bettin