di Giuseppe Fava
regia Giovanni Anfuso
scene Giovanna Giorgianni
costumi Riccardo Cappello
musiche Mario Incudine
movimenti di scena Donatella Capraro
luci Franco Buzzanca
con Guia Jelo, Miko Magistro
produzione Teatro Stabile di Catania
Catania, Teatro Musco dal 15 al 20 aprile 2014
CATANIA.- Il Teatro Stabile di Catania nonostante la crisi economica e gli attori a paga ridotta, riesce a produrre spettacoli interessanti e di un certo spessore drammaturgico. Come nel caso di Foemina Ridens di Giuseppe Fava, scritto quattro anni prima del suo feroce assassinio per mano mafiosa il 5 gennaio 1984, andato in scena con successo nel Teatro Musco (repliche sino a domenica 20 aprile) con una formidabile coppia di attori quali sono Guia Jelo e Miko Magistro. Protagonisti di due strampalati girovaghi segnati da un'esistenza narrata senza un ben preciso ordine cronologico, adeguandosi la regia di Giovanni Anfuso ad esaltare il pensiero di Fava e i suoi mirabolanti e ustionanti flash esistenzialisti. Pupa e Orlando, questi i loro nomi, vivono ai margini della società. Lei a 16 anni rimane in cinta d'un bandito ucciso poi dalle forze dell'ordine. Accusata di complicità si fa 4 anni di galera. Incontra poi Orlando, l'uomo della sua vita, col quale avrà sempre un rapporto conflittuale. Con le loro performances clownesche in giro per vicoli e piazze vivono male e mangiano poco. Lei farà la puttana, lui il ladruncolo. A volte somigliano Gelsomina e Zampanò de La strada di Fellini, in altri momenti sembrano Manfredi e la Santella di Brutti sporchi e cattivi di Scola. Una vita di stenti e di lordure, con Miko Magistro che esalterà con grande bravura i vari personaggi nei quali s'infilerà, sempre sgamato da Guia Jelo in sottana nera ( i costumi sono di Riccardo Cappello), la quale a sua volta in quel finale da antologia, scandito da una cascata di applausi - profetica la sua battuta "noi moriremo di fame, oppure assassinati dalla mafia?" - apparirà con un viso trasfigurato, quasi una maschera espressionista che ride piangendo o piange ridendo, sviscerando il suo istinto di mater-dolorosa quando dirà di voler pulire il corpo del figlio ammazzato dai poliziotti, come se davanti a lei giacesse il bianco cadavere del Che ucciso dai militari boliviani. Le scene "povere" erano di Giovanna Giorgianni, le musiche di Mario Incudine, in alcuni momenti troppo invasivi i suoni di fisarmonica sulle voci dei protagonisti, attorniati in tre momenti da un trio di figuranti che potrebbero anche non apparire.-
Gigi Giacobbe