di Henrik Ibsen
traduzione Claudio Magris
adattamento e regia Piero Maccarinelli
con Massimo Popolizio, Lucrezia Lante della Rovere, Manuela Mandracchia e Mauro Avogadro?e con Alex Cendron, Ilaria Genatiempo, Camilla Diana
scene da un'idea di Carlo De Marino
costumi Gianluca Sbicca, luci Umile Vainieri, musiche Antonio Di Pofi
produzione Artisti Riuniti in collaborazione con Teatro Eliseo
Teatro Grassi, Milano ?dal 7 al 18 novembre 2012
Piero Maccarinelli porta in scena John Gabriel Borkman di Ibsen. Ad attori il cui talento è ormai noto, come Massimo Popolizio, Lucrezia Lante della Rovere, Manuela Mandracchia e Mauro Avogadro, si uniscono i non meno talentuosi Alex Cendron, Ilaria Genatiempo e Camilla Diana. Il testo è reso parte integrante di un dinamismo fisico che completa l'espressione verbale e restituisce al meglio ciò che si muove nell'animo dei personaggi. La scenografia essenziale da un lato permette di traslare facilmente la vicenda da un'epoca lontana al mondo contemporaneo, dall'altro restituisce il senso di isolamento di una casa popolata da personaggi completamente ripiegati su se stessi. I costumi rimandano a figure quasi luttuose, ombre di un passato che le ha private di ogni gioia, e contribuiscono a creare un'atmosfera cupa. Ben riusciti i cambi di scena che utilizzano le musiche di Antonio Di Pofi per lasciare sospese in sala le suggestioni del dramma.
L'opera appartiene all'ultima fase creativa di Ibsen e porta in sé i tratti del mondo di fine Ottocento, proteso verso il nuovo secolo. Borkman è figlio della grande utopia del Novecento, il capitalismo come fonte di prosperità e benessere per l'intera umanità. È la personificazione delle ambizioni della nuova epoca, un visionario che si immola a un unico scopo: creare un regno che dia lavoro e ricchezze agli uomini. Tuttavia qualcosa va storto e il fallimento lo chiuderà otto anni in carcere e altri otto in isolamento volontario al piano superiore della propria casa.
Il sipario si apre su questo scenario e restituisce agli spettatori l'epilogo della vicenda. Interessante la scelta di presentare i personaggi non al termine della vita ma a metà del loro cammino, giacché permette di esaminarne la natura nel quadro esaustivo di passato, presente e futuro. Tuttavia nessuno di loro sembra in grado di uscire dalle vecchie dinamiche per ricostruirsi una vita. E se Borkman da una parte è l'uomo che ha vissuto lo scontro devastante tra le proprie ambizioni e la realtà, dall'altro è sicuramente colpevole di aver distrutto la vita di chi l'amava. Spetterà a Ella, sua cognata e amante, gridarlo in un impeto di disperazione, lasciato fluire dal profondo del cuore dopo anni di sofferenza. Trasportato da una grande ambizione verso la felicità materiale dell'umanità intera, Borkman ha trascurato gli affetti personali e ha privato se stesso e le due sorelle Rentheim di ogni felicità. Ha sposato Gunhild rinunciando a Ella per offrirla all'uomo che avrebbe potuto aiutarlo economicamente e con tale gesto ha deliberatamente ucciso l'amore e la propria anima.
Il figlio diviene l'ultima ancora di salvezza per le due donne e si trasforma nel nuovo oggetto di contesa. Tuttavia sarà proprio il giovane Erhart, insieme alla signora Wilton, a porre fine alle asfissianti dinamiche familiari suggerendo un'altra verità: non c'è nulla per cui valga la pena sacrificare amore e felicità, pur nella loro possibile fugacità.
Serena Lietti