scritta e diretta da Alessandro Genovesi
con Massimiliano Speziani, Gabriele Calindri, Corinna Augustoni
Milano, Teatro dell’Elfo, fino al 26 maggio 2007
Roma, Teatro Valle, 28 e 29 settembre 2007
Alle volte è bene dirlo subito e senza mezzi termini: questo è uno spettacolo da non perdere. Si tratta di «Happy family». Inserito nell'ambito del progetto «Prime Opere» è, dunque, frutto di un esordiente (anche se nulla lo lascia intendere), Alessandro Genovesi, e bene ha fatto l'Elfo, che si conferma come una delle realtà teatrali milanesi più vive e interessanti, a dargli spazio. Genovesi è, oltre che autore del testo e regista, anche ottimo interprete di se stesso (o quasi). In scena, per lui, un duplice ruolo: Mac sulle ginocchia, è uno scrittore che digita in tempo reale un romanzo, che altro non è che la commedia stessa. E i suoi personaggi, pirandellianamente, più volte gli si rivolgono per ottenere maggiore spazio, battute migliori e più visibilità. Non solo: con un escamotage nella storia, come Ezio, ci entra davvero e sarà anche lui alla «cena». Un passo indietro: due famiglie, nella Milano di oggi, incrociano i destini a causa dei figli quindicenni, Anna (Marta Iagatti) e Filippo (Manuela De Meno en travesti) che hanno deciso di sposarsi mettendo in crisi (ulteriormente) i loro genitori. E così tra padri che si fanno le canne, madri nevrotiche, malati di cancro e nonne con l'alzheimer, va in scena la commedia delle paure e delle nevrosi dell'oggi dove l'amore permea (ma non è) ogni cosa. Nel palco ingigantito dell'Elfo, tutto il cast è da segnalare: a cominciare dall'ottimo Gabriele Calindri (Vincenzo) e dall'«allucinato» Massimilano Speziani, i due papà così diversi da diventare irresistibilmente amici; brave anche le madri Linda Gennai e debra Zuin e la «nonna Anna» (Corinna Augustoni). Ultima, ma non ultima, la «protagonista» (ruolo che essa stessa rivendica all'autore che poi diverrà il suo amato) camerina (una ispirata Roberta Rovelli). Tutti bravi, anche il «cane Gianni» che pensa in francese (Jean-Christophe Potvin).
Luca Vido
Alessandro Genovesi recita nel ruolo del giovane scrittore alle prese con una trama che gli si forma in testa e prende vita in scena
Un autore è pirandellianamente sul palcoscenico con i suoi personaggi, con loro dialoga e entra nella storia che fa loro vivere. È Alessandro Genovesi che in «Happy Family» recita nel ruolo del giovane scrittore alle prese con una trama che gli si forma in testa, e prende vita immediatamente sulla scena. È la storia triste, ironica e comica della vita di due famiglie delle quali una «allargata» con madre, una giovane e gentile signora, il marito che scopre di essere gravemente malato, la mamma di lui che non si ricorda più nulla ma sa cucinare bene, la figlia di lui, una timida, bella e brava pianista con l'ansia di non piacere, il figlio di lei un adolescente saputo e iper razionale, antipatico. Quest'ultimo ha deciso, a quindici anni, di sposarsi con una coetanea, la cui madre è una signora frustrata e inacidita dalla vita con un marito che ama molto passare il suo tempo, quando non lavora, sdraiato sul divano a fumare «spinelli».
Dall'incidente di bicicletta che lo scrittore ha con la signora della prima coppia, da un invito a cena proprio nel giorno in cui le due famiglie decidono di ritrovarsi per parlare dei loro figli adolescenti in smania di matrimonio, nasceranno storie, destini si intrecceranno mentre altri si spezzeranno, il tutto giocato con lievità. E in quel giorno fatale in cui scoppiano amori e amicizie persino i cani delle due famiglie si ameranno. Alessandro Genovesi con una felice idea drammaturgica, con taglio cinematografico, dialoghi veloci, brevi monologhi, fa vivere una commedia di bella leggerezza che si intreccia lungo molte vite per raccontare una quotidianità di ordinaria nevrosi, paura della solitudine, insicurezze di ogni tipo, bisogno d'amore. Suggestioni, piccole verità che gli attori fanno vivere tutti con bravura da Gabriele Calindri, a Linda Gennari, a Manuela De Meo, a Marta Iagatti, a Roberta Rovelli, a Corinna Agustoni, a Jean-Christophe Potvin, a Debora Zuin, a Massimiliano Speziani e allo stesso Genovesi.
Magda Poli
Non è solo una famiglia ma un viluppo di famiglie con figli di diversi letti e coniugi spaiati quello che, in un complesso contesto di imprevisti, si ritrova a una cena per un preteso fidanzamento di due quindicenni subito sviato in Happy Family, una commedia diretta da Alessandro Genovesi, che ne è pure l’autore e si serba una parte di disinvolto protagonista, occupato tra l’altro a scriversi addosso la parte oltre a quelle degli altri, perché la finzione vuole che quello che si recita sia un suo romanzo improvvisato lì per lì. Inseritosi quindi come personaggio nel contesto, grazie a un incidente di macchina, si crea al volo un amore per la più bella del gruppo, al secolo Roberta Rovelli, e finisce per sposarla. Ma sul palcoscenico nudo e dilatato su più piani del Teatro dell’Elfo, dove si può circolare in bici, inventarsi una pizzeria, giocare sull’ubiquità, ognuno si può coltivare il suo orto di sorprese, evasioni programmate e scoperte, senza ignorare i sentimenti e anche i cani si fidanzano. Il clima tende a farci pensare a un “family day” mentre gioca sullo sgretolarsi delle istituzioni con grande spirito in un clima di scatenato divertimento di chi recita e di chi ascolta, solo un poco appannato nel finale, attento a portare le situazioni a buon fine. E il miracolo si avvera grazie a un bellissimo cast di cui vanno ricordati l’inventiva di Massimiliano Speziani, la nonna con l’Alzheimer di Corinna Agustoni, la vena assorta di Gabriele Calindri, lo stile di Debora Zuin e il cane che pensa in francese di Jean-Christophe Potvin.