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MARCHESE DI RUVOLITO (IL) - regia Giuseppe Romani

"Il marchese di Ruvolito 
", regia Giuseppe Romani "Il marchese di Ruvolito 
", regia Giuseppe Romani

di Nino Martoglio

con Tuccio Musumeci

e Rossana Bonafede, Turi Giordano, Maria Rita Sgarlato, Riccardo Maria Tarci,  Roberta Andronico, Fabio Costanzo, Antonio Castro, Donatella Liotta, Enrico Manna, Savì Manna, Claudio Musumeci, Luigi Nicotra, Marina Puglisi, Raniela Ragonese, Giovanni Strano

Regia Giuseppe Romani

costumi Mela e Rosa Rinaldi, scene Susanna Messina

movimenti coreografici Silvana Lo Giudice

Catania, Teatro Brancati dal 20 ottobre al 6 novembre 2016

www.Sipario.it, 28 ottobre 2016

Un grande attore qual è Tuccio Musumeci, adesso 82enne, non ha bisogno di profferire verbo sulla scena. Gli basta solo esserci. Con la sua presenza, i suoi sguardi, i suoi movimenti, certo anche con le sue parole, o mimare con gli occhi e con le mani, per esempio, quel pesce o quella torta che Don Jabicu Timurata (Riccardo Maria Tarci) depone per finta su un tavolo e lui, Musumeci, nei panni d'un nobile in miseria, cerca di fare spazio spostando alcuni oggetti come se quelle prelibatezze ce le avesse lì davanti, sentire per giunta per bocca di quel nero-arricchito che non avendo voglia di gustarle né lui né la sua famiglia, sarebbero poi state gettate nella spazzatura. Succede questo ne Il marchese di Ruvolito di Nino Martoglio con l'eccellente regia di Giuseppe Romani, in una replica pomeridiana al Teatro Brancati di Catania, con Musumeci che calza il personaggio come un guanto e con un pubblico che va in sollucchero durante i tre atti della commedia, giostrata da un cast ricco di 15 attori. Quasi un'eccezione di questi tempi, visto come vanno al ribasso le finanze nei teatri privati ma anche pubblici. Merito alla comprovata esperienza di Orazio Torrisi che diligentemente e oculatamente dirige il teatro etneo. Il battesimo di questa commedia si deve ad Angelo Musco e alla sua compagnia che la mise in scena il 23 dicembre 1920 al Teatro Nazionale di Roma: un successo poi bissato dall'omonimo film di Raffaello Matarazzo del 1939 con i fratelli De Filippo Eduardo e Peppino assieme a Rosina Anselmi, Turi Pandolfini e Tina Pica e poi negli anni '60 allo Stabile di Catania con Turi Ferro. Assieme a L'aria del continente e San Giovanni decollato, Il marchese di Ruvolito è una delle commedie più divertenti di Martoglio e l'ultima purtroppo, per lui e per noi, perché pochi mesi più tardi, il 15 settembre 1921, morirà in modo accidentale, come ci ricorda Sarah Zappulla Muscarà nell'opuscolo di sala, precipitando nella tromba dell'ascensore in costruzione dell'Ospedale Vittorio Emanuele di Catania. Il lavoro ruota attorno alla famiglia Timurata, arricchitasi con la vendita dell'olio e del formaggio pecorino, che malata di nobiltà vuol fare sposare la figlia 'Mmaculata (Roberta Andronico) ad un vero blasonato. Invero è più la madre, donna Prazzita, vestita da una colorita e volutamente sguaiata Rossana Bonafede, a perseguire ad ogni costo, questo obiettivo, a costo pure di pagare quel marchese in miseria perché possa offrirle uno stemma qualunque. Questa ex rivendugliola ha individuato in quel baronello di Mezzomondello (Claudio Musumeci, sufficientemente cinico e borioso e in cerca di dote) chi possa impalmare la figlia. La quale a sua volta ama-riamata il giovane Adolfo (Giovanni Strano) figlio di Don Neddu Grisi (Turi Giordano dialoga ripetendo sempre "certo...certo..) e Donna Nzula (Maria Rita Sgarlato dai cappelli piumati e che parla gridando) anche loro famiglia straricca per aver fatto i soldi vendendo saponi e potassa. Qui entra in gioco il saggio marchese di Ruvolito che tifando per il giovane Adolfo, adottandolo come figlio, lo nominerà marchese di Gebbiagrande (secondo titolo del marchese) consentendo così di sposare 'Mmaculata e fare felice in particolare donna Prazzita che in un solo colpo è diventata mamma d'una marchesa di curuna cch' 'i gigghia, non con le palle (corona con i gigli e non con le palle). Da canto suo Il marchese di Ruvolito non subirà più minacce di sfratto del palazzo che abita perché sarà riscattato da Adolfo. Il lavoro è recitato in dialetto catanese, il cui scilinguagnolo è comprensibile anche a chi viene da fuori e viene sciorinato bellamente dai tanti protagonisti raffigurati dai signori Mangialardo (Enrico Manna e Donatella Liotta) lui che distribuisce carta moneta ai camerieri di casa Timurata, lei a mostrarsi elegante nelle sue ampie mise, non dimenticando la governante Marianna del marchese (Raniela Ragonese), Antonio Castro (padre del baronello), Savì Manna in vari ruoli, Fabio Costanzo (Tanu Cionti) anche lui malato di nobiltà e infine la Teresina di Marina Puglisi e il servitore Luigi Nicotra. Le scene per lo più dipinte erano di Susanna Messina, i costumi delle sorelle Rinaldi, i movimenti coreografici di Silvana Lo Giudice.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Martedì, 01 Novembre 2016 09:10

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