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MA - regia Antonio Latella

Candida Nieri in "Ma", regia Antonio Latella. Foto Brunella Gioliva Candida Nieri in "Ma", regia Antonio Latella. Foto Brunella Gioliva

drammaturgia di Linda Dalisi
regia di Antonio Latella
con Candida Nieri
scene di Giuseppe Stellato, costumi di Graziella Pepe
musiche di Franco Visioli, luci di Simone De Angelis
assistente alla regia Francesca Giolivo
production Brunella Giolivo, management Michele Mele, produzione Stabilemobile Compagnia Antonio Latella, coproduzione Festival delle Colline Torinesi
in collaborazione con Centrale Fies, NEST
visto al Comunale di Casalmaggiore, l'1 novembre 2016
Milano, Piccolo Teatro Studio dal 2 al 10 novembre 2016
Napoli, Teatro Nuovo, dal 16 al 20 novembre 2016

www.Sipario.it, 19 nov 2016
www.Sipario.it, 16 nov 2016
www.Sipario.it, 5 nov 2016

Mentre il pubblico si sistema in sala, il sipario è aperto e le luci di scena sono già accese. Così, si fa fatica a cercare il proprio posto mantenendo gli occhi fissi sulla figura in palcoscenico: una donna, di nero vestita, di profilo con lo sguardo diretto a una parete (una specie di scaffale in ferro, con lumi e lampade appoggiate).
A catturare l'attenzione in quella figura femminile immobile e silenziosa - che aspetta paziente, senza fare niente per essere notata, la disposizione degli spettatori nella sala -, le scarpe ai suoi piedi: enormi. Ci si domanda come possa stare in piedi o dare dei passi, imprigionata in quelle strutture pesanti come carri armati.
Infatti, è l'immobilismo il primo messaggio percepibile aspettando l'inizio di MA, l'omaggio a Pier Paolo Pasolini, scritto da Linda Dalisi e diretto da Antonio Latella.
La regia di Latella è da subito inconfondibile: la protagonista in piedi lentamente si piega. Molto lentamente e senza dire una parola. Fino a sedersi, rigida. I muscoli tesi, l'espressione dolente. Il volto verso il basso, un fazzoletto candido nelle mani giunte a raccogliere lacrime, gocce di sudore dalla fronte e muco dal naso. Sono secrezioni silenziose, come se il personaggio si sciogliesse e si consumasse senza opporre resistenza.
Perché questo succede a una madre che ha perduto il figlio: scompare insieme a lui, si scioglie e dissolve in pianto. La Madonna, Medea, la sora Roma. Il testo è ispirato alla figura della madre nell'opera di Pier Paolo Pasolini. Attraverso gli audio dei film, i passi delle opere, ma soprattutto nel monologo recitato dalla bravissima Candida Nieri. Parole che si riferiscono anche al dolore provato dalla madre del poeta stesso, barbaramente trucidato nel 1975.
La donna rilegge il copione cinematografico (de Il Vangelo secondo Matteo) scritto da Pier Paolo, il modo in cui lui l'ha prima immaginata e poi partorita su carta ai piedi della croce. Ad alta voce, ci accompagna in una sequenza dopo l'altra, scoprendo e raccontando come il figlio l'abbia generata e messa al mondo. Un miracolo reciproco, donato e restituito, ma anche spezzato da una morte improvvisa. Una fine innaturale, perché non v'è genitore al mondo che debba seppellire la propria progenie. Non è giusto. Nessuno sceglie di soffrire, eppure chi si ribella ne paga alto il prezzo. Troppo alto: con la vita. E allora che fare per resistere al dolore? Non dimenticare, giammai, ma anzi riappropriarsi delle parole: ripetendo i suoni a raffica - «MA!», «MA!» -, disperati, strillati.
Gridando e rinfacciando al mondo le ingiuste condanne inflitte. I giudizi spietati, le incapacità di leggere e capire che diventano critiche taglienti. Secernendo e vomitando la cattiveria umana nel mettere ai margini un povero, un operaio, un intellettuale, un poeta. Un figlio.
Alla voce di Candida Nieri si alternano gli audio di Maria Callas in Medea e quelli di Anna Magnani in Mamma Roma. Le battute de La Ricotta e altri film firmati da Pasolini. Patrimonio di parole, suoni e sentimenti: come fiori cui la povera madre resta aggrappata. Per rialzarsi e, nonostante l'enorme peso che la schiaccia, continuare a camminare.

Giovanni Luca Montanino

Un'analisi indiretta su Pier Paolo Pasolini (Bologna 1922 – Roma 1975) - personaggio di grande spessore culturale e intellettuale con una vita segnata dalle conseguenze di un modo forte quando non travolgente di vivere la propria omosessualità complice anche l'atteggiamento dell'epoca osticamente persecutorio nei confronti di tale aspetto esistenziale - attraverso la figura di sua madre, Susanna Colussi, maestra elementare di origine contadina, sicuramente donna di tempra e profondamente legata al figlio da un affetto vicendevole tanto da occupare un ruolo centrale nell'esistenza e nell'opera dell'artista, provocatorio e polemico anche nella sua produzione.

Antonio Latella (Castellammare di Stabia, 1967) - attore, regista e drammaturgo di fama internazionale - di questa figura onnipresente analizza i valori simbolici che assume attraverso la recitazione forte e sul filo di una continua drammaticità di Candida Nieri (attrice diplomatasi nel 1999 alla Scuola del Piccolo Teatro e ultima generazione degli allievi di Giorgio Strehler) ancorata e bloccata da megascarpe maschili la cui simbologia suggerisce vincoli interpretabili da ciascuno secondo la propria sensibilità così come quel microfono, legame ideale con il feto e con l'anima di chi non c'è più ed è raggiunto nei meandri dell'ignoto dall'inarrestabile e travolgente forza materna.

Ciò che emerge quale fil rouge del lavoro è quindi la disperazione di una madre-emblema di tutte le madri che in cambio della fatica del procreare sono gratificate da uno dei primi monosillabi pronunciati: quel Ma, abbreviazione della parola Mamma, apparentemente unica consolazione del male di vivere da sempre e ancora oggi in cui tante false e distorte 'teorie' spingono giovani a rinunciare e deprivare gli altri di quel dono della vita di cui la madre si fa mediatrice.

Il testo esaspera in modo angosciante attraverso numerose e varie sfaccettature questo scorato sconforto e grazie alla formidabile interpretazione della validissima Candida Nieri (che nel 2013 ha ricevuto il Premio Ubu come miglior attrice) emerge al di là dei contenuti un fiume inarrestabile di dolore espresso con dolente, lucida e icastica autenticità... un fiume di lava incandescente, che brucia percorsi di umanità, da cui dovrebbe secondo legge naturale rigenerarsi la vita.

Un'epifania della sofferenza declinata con quello che per ciascuno che soffre è un turbine di pensieri, riflessioni e ragionamenti che s'affollano, scompaiono e ricompaiono consolatori, desolanti e trascinanti nella voragine del nulla.

Wanda Castelnuovo

Ma è la prima sillaba di 'mamma', Ma è il primo suono articolato del bambino verso la sua fattrice, Ma è un'avversativa... Ma di Antonio Latella con Candida Nieri è un elzeviro teatrale, è un esercizio di 'bella scrittura' in cui il regista e la drammaturga Linda Dalisi evocano la figura materna nell'opera pasoliniana per celebrare e far propria l'eredità di Pier Paolo Pasolini. Con indosso due enormi scarpe nere che le impediscono il movimento si presenta così Candida Nieri, seduta di fronte a una grata/finestra con lampade di varie fogge. In mano ha un microfono coperto da un fazzoletto bianco, un fazzoletto che cromaticamente stacca con il nero delle scarpe, dei pantaloni e della canottiera. E' il fazzoletto del pianto di Maria ai piedi della croce, il pianto della madre di Pasolini davanti al corpo del figlio massacrato sul lido di Ostia. Ma parte come un lamento silenzioso, lacrimoso. In quel pianto c'è la descrizione del corpo del poeta tumefatto e un facile parallelismo, se non una disturbante sovrapposizione fra la figura del Cristo e il poeta, in nome di una religio laica e poetica che troppo spesso accompagna la mitologia pasoliniana: infarcita di aneliti protestatari, ma alla fin fine nostalgica di una tradizione rural-cattolica. Antonio Latella non si sottrae a questo trasporto laico nei confronti del poeta di Accattone, Mamma Roma, Teorema, martirizzato nella notte fra il 1° e il 2 novembre di quarantun anni fa.
Detto questo Ma porta avanti un canto che nel gioco delle anafore e della ripetizione amplia il significato di quel Ma e ne fa un'avversativa e un'interrogazione sull'ipotesi irreale che quanto accaduto potesse evitarsi. E' il 'ma' ripetuto di una madre davanti allo scandalo del figlio morto, è la riflessione della madre sulla parola poetica segreta e quella politica esibita, è la forza di quel farsi poeta, profeta, moraliste che fu di P. P. P. , sigla ripetuta con insistenza e con la stessa apodittica declamazione dell'Inri cristologico. L'effetto è un accumulo di vocalità che Candida Nieri intesse col registrato dei pezzi di film in cui si parla o parlano le madri, è il pianto ritmato con la protesta, è la non consolazione e al tempo stesso l'abbandono al dolore. In tutto ciò Candida Nieri è strumento corporeo che vibra e fa vibrare le parole di una drammaturgia che procede con andamento appositivo e corre dritta alla santificazione laica di P.P.P. Davanti alla morte, davanti al sacrificio è necessario ribadire con forza la battaglia poetica e politica di Pier Paolo Pasolini nello scandire i titoli dei film e le censure, condanne e denunce che sempre ne seguirono: il tutto costruito con un muoversi di Candia Nieri, potente e cadenzato dal tonfo sul palcoscenico delle grandi scarpe nere, per raggiungere la grata/finestra e prendere una piccola scarpetta, porla al centro del palco e nell'abbassarsi delle luci perdersi nel buio. Quella scarpina è l'eredità minuscola – ma si suppone per Latella – prolifica del poeta, è la sua poesia forse, il suo impegno politico portato fino in fondo... Ma è un bell'esercizio di stile, è un omaggio di Antonio Latella al suo amato Pasolini, è un cammeo che il regista regala alla sua attrice, e un divertissement che si accetta nelle sue premesse fideistiche oppure lo si rifiuta; è un gioco raffinato di rimandi cinematografico-teatrali che confermano la mitologia pasoliniana... e nulla di più, ma neppure nulla di meno.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Domenica, 20 Novembre 2016 08:55

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