di Margaret Mazzantini
Regia di Leo Muscato
Interpreti: Nancy Brilli e Chiara Noschese
Scene: Federica Parolini
Costumi: Lisa Rufini
Disegno luci: Alessandro Verazzi
Assistente alla regia Alessandra De Angelis
Assistente scene e costumi: Eleonora De Leo
Produttore esecutivo Michele Gentile
Organizzazione: Carmela Angelini
Teatro Vittorio Emanuele di Messina dal 14 al 16 aprile 2023
All’inizio, nel 1995, Manola è un testo teatrale scritto da Margaret Mazzantini che lo interpreta assieme a Nancy Brilli in una messinscena curata da Sergio Castellitto. Tre anni dopo diventa un romanzo di successo, come le opere che seguiranno e lì rimane. Adesso, dopo 25 anni, la Mazzantini rispolvera quel testo, gli dà una verniciatina, il suo ruolo lo copre Chiara Noschese, Nancy Brilli è molto contenta perché nuovamente coinvolta in questa nuova avventura teatrale e Leo Muscato è chiamato a curarne la regia. E voilà il nuovo spettacolo in scena in varie città italiane, giungendo pure al Teatro Vittorio Emanuele di Messina dove è stato accolto festosamente e con molti consensi. A cosa si deve un’accoglienza così felice? Certamente ad un testo dalla scrittura brillante, ben congegnato, cucito quasi sulla pelle delle due protagoniste: la coloratissima Anemone di Nancy Brilli, vestita quasi sempre di rosso, apparentemente svampita come una rediviva Marylin Monroe e la lugubre Ortensia di Chiara Noschese agghindata spesso con straccetti funerei, una parente quasi della Famiglia Addams (i costumi sono di Lisa Rufini), due figure completamente diverse l’una dall’altra, due facce d’una stessa medaglia pur essendo gemelle eterozigote. Se ne stanno lì, a chiacchierare senza sosta in un albergo decrepito (la scena è di Federica Parolini) lasciato in eredità dai propri genitori, occupando due stanze segnate dai numeri 900 e 901 convergenti al centro in uno squallido salone senza le porte agli usci, un gigantesco orsacchiotto di peluche sul lettone poggiato sulla verdognola parete laterale, dipinta quasi con i colori del muschio e muovendosi verso il centro, le due signorinelle stagionate hanno difficoltà a muoversi per via d’una sorta di montarozzo, quasi un blob solidificato, sulla cui sommità giace un’antica poltrona. Parlano di tutto, di politica, di cultura, di personaggi che hanno segnato la loro esistenza sessantottina, combattendo battaglie femministe, alcune vinte altre perse, senza tuttavia mai perdersi d’animo, ritornando in quel guscio d’albergo che diventa quasi un utero materno da farle sentire sicure da ogni minaccia esterna. Parlano le due donne senza sosta, rivolgendosi ad un’entità astratta chiamata Manola, identificabile con uno/a psicanalista che non c’è, con uno specchio inesistente delle loro brame o forse con lo stesso pubblico che apprezza la loro verve e bravura, applaudendole sonoramente e con molta spontaneità. Mi piace immaginare le due donne nei panni beckettiani di due Winnie di Giorni felici, che scrollandosi di dosso la terra che le teneva racchiuse in una fossa, una volta fuori dalle loro postazioni, si ribellano ai loro compagni, alle loro amiche e alla loro fugace vita, a volte più immaginata che vissuta, riuscendo a fare entrare gli spettatori nei loro ragionamenti non tanto assurdi e portare a galla i sentimenti più nascosti. Nella seconda parte si apprezza la metamorfosi di Ortensia che non è più quel personaggio depresso con cuffietta in testa, sempre vestita di nero, ma una femmina desiderabile dallo zoo maschile, mai presente in scena, solo citato quando Anemone appare agghindata da sposa, forse con un filo d’invidia di Ortensia che in certo modo si sente sminuita nelle sue fragili certezze. Intanto le due donne dormono accucciate nello stesso lettone e chissà se la Mazzantini non stia preparando un sequel per vedere come si concluderà la loro vita.
Gigi Giacobbe