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MAROCCHINATE - regia Nicola Pistoia

"Marocchinate", regia Nicola Pistoia "Marocchinate", regia Nicola Pistoia

“Aspettavamo ji salvatori… so’ arrivati ji diavoli”
di Simone Cristicchi e Ariele Vincenti
con Ariele Vincenti
regia Nicola Pistoia
musiche dal vivo Marcello Corvino
produzione La Bilancia
Roma – Teatro Vittoria dal 2 al 7 maggio 2023

www.Sipario.it, 3 maggio 2023

Una delle particolarità del teatro di narrazione consiste nel ridurre al minimo ogni elemento scenico che possa distrarre da ciò che viene raccontato. Raccontato, non rappresentato. Perché il teatro di narrazione è un’evoluzione della pagina scritta che non vuole del tutto tradursi in spettacolo. Dell’elemento drammaturgico conserva la polifonia vocale dei vari personaggi che, affidati alla modulazione dell’attore-narratore, fanno il loro ingresso solo tramite l’elemento fonatorio. Il resto è lasciato in disparte. Perché, forse riprendendo quello che Savinio afferma all’inizio di Alcesti di Samuele – il teatro è parola – tutto è affidato alla scrittura, al periodo, alla felicità dello stile – quando c’è – di coloro che hanno confezionato il testo da raccontare recitandolo.

Una contraddizione in termini, perché il teatro prevede elementi verbali e di rappresentazione che si fondono insieme andando di pari passo, senza separarsi. Quello di narrazione, invece, è più che altro un teatro evocativo, perché è impossibile inscenare le storie che racconta. Le quali, per gran parte, hanno per tema situazioni drammatiche ignote, destini tragici, vicende dove l’individuo non può riscattarsi: una sorta di moderno e infinito ciclo dei vinti di stampo verghiano. E tutto questo non solo è di difficile rappresentazione in termini visivi, ma il teatro di narrazione rifiuta tale possibilità convinto com’è che la parola sia l’unica a rendere giustizia.

Marocchinate, in scena al Teatro Vittoria di Roma con un bravissimo Ariele Vincenti nei panni della voce narrante protagonista, si richiama proprio a questa nuova tradizione teatrale. Le vicende drammatiche vissute nei paesini della ciociaria ai tempi della fine della Seconda Guerra Mondiale, in piena liberazione, dove donne, uomini e bambini innocenti e inermi vennero violentati e privati della loro dignità umana dalle truppe marocchine alleate con le francesi, i Goumiers, che come premio per il compito ben svolto ottennero per ricompensa il cosiddetto diritto di preda contro i civili. Marocchinate erano le donne violentate, che vissero una vita non solo privata per sempre di gioia e speranza, ma anche all’insegna del disprezzo da parte dei loro mariti, dei loro padri e dei loro fratelli che arriverono a considerarle ignobili e non meritevoli di rispetto alcuno.

Noi conosciamo tutta questa storia per bocca del pastore Angelino, interpretato da un Ariele Vincenti in gran forma, che parla ininterrottamente in un dialetto a metà fra il ciociaro e il romano, ricorrendo ad una gestualità mimica essenziale ma schietta, ben decisa nei movimenti. Ha colpito, nella recitazione di Vincenti, l’essenzialità dell’intonazione: mai tendente al patetico, mai eccessivamente piatta come è tipico nel teatro di narrazione.

Un bellissimo spettacolo benché crudo per ciò che racconta. E però impossibile da non vedere, per conoscere di quali orrori gli uomini sono capaci in tempi di guerra dove, per dirla con Sartre, l’inferno sono gli altri. 

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Giovedì, 04 Maggio 2023 22:28

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