di Nikolaj Gogol
rielaborazione Nino Mangano
con Mariella Lo Giudice e Miko Magistro
regia Nino Mangano
Teatro Brancati, Catania dal 7 al 19 dicembre 2010
CATANIA (gi.gi.).- Un finestrone centrale con baldacchino, una primigenia bicicletta dalla grande ruota anteriore e piccola posteriore, un personaggio in lunghi mutandoni che solleva pesi a palla tenuti da un bilanciere, una donnina in vasca da bagno e una serie di cartelli con su scritto quanto accadrà da lì a poco sbandierati ai lati del palcoscenico, quasi come si vedevano nelle comiche dei film muti, sono gli elementi scenici di Dora Argento (suoi pure i costumi) che fanno compiere al pubblico un tuffo nel passato. Al tempo in cui Gogol, tra il 1833 e il 1842, scrisse e rifece Il matrimonio, un gioiellino di drammaturgia grottesca antelitteram che il regista Nino Mangano nella sua rielaborazione al Teatro Brancati amplifica senza riserve. Compiendo anzi un transfert con le drammaturgie di Cechov, Feydeau, Ionesco, calcando invero un po' la mano al punto che i suoi personaggi gogoliani, impomatati truccati e pieni di tic nervosi diventano delle vere macchiette. Non ce n'era bisogno. Perché per far uscire fuori il grottesco e l'assurdo è sufficiente che gli attori recitino nel modo più serio possibile. Sono le parole, le situazioni a creare atmosfere comiche, paradossali, surreali. Il plot ruota attorno a Pietruccio (Giovanni Carta) un celibe impenitente che sta per sposare Agata (Debora Bernardi) con l'apporto della mezzana Filomena (Mariella Lo Giudice) e gli escamotage del navigato amico Cosimo (Miko Magistro) che fa di tutto per togliere di torno una quaterna di pretendenti la mano di Agata. Ma dopo alcuni peripezie a sfondo comico e un definitivo soliloquio sui vantaggi e gli svantaggi d'un possibile cambiamento di stato civile, Pietruccio scapperà da quel finestrone centrale essendogli state chiuse tutte le porte per uscirsene attraverso una via normale. Applausi finali e repliche sino al 19 dicembre.
Gigi Giacobbe