di Federico García Lorca
adattamento e regia Lluís Pasqual
con Lina Sastri, Giacinto Palmarini, Giovanni Arezzo, Alessandra Costanzo, Ludovico Caldarera, Roberta Amato Floriana Patti, Gaia lo Vecchio, Alessandro Pizzuto, Sonny Rizzo, Elvio La Pira
musicisti Riccardo Garcia Rubì (chitarra), Carmine Nobile (chitarra)
Gabriele Gagliarini (percussioni)
coreografia Nunzia Castejon
scene Marta Crisolini Malatesta
costumi Franca Squarciapino
luci Pascal Merat
maestro di canto Salvo Disca
aiuto regia Lucia Rocco
Teatro Stabile di Catania
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
Teatro Biondo Palermo
Teatro Carignano, Torino 30 GEN – 11 FEB 2024
Premessa: chi scrive ha ancora in mente la trasposizione RAI del 1960, diretta da Mario Ferrero, con Lina Volonghi nel ruolo della madre e Giulio Bosetti in quello dello sposo, suo figlio (poi, anche Rina Morelli, Valeria Moriconi, Luigi Vannucchi… ). D’accordo, una messinscena televisiva, adattata alle telecamere e alle luci di uno studio, ma anche un prodotto che al teatro deve (in pratica) ogni cosa, tempi e dispositivi compresi: una trasmissione che, come spesso accade in quell’epoca, ha il merito di avvicinare il grande pubblico al palcoscenico e a un autore come Federico García Lorca (alla sua drammaturgia che trasuda sangue e lacrime, fa venire i brividi e riga gli occhi d’amore). Lina Volonghi è una fantastica protagonista, ma un’altra Lina, per la precisione Lina Sastri, a quell’interpretazione tiene abilmente testa, accettando inoltre la sfida del doppio ruolo, la protagonista e il suo alter ego: succede nello spettacolo Nozze di Sangue (in scena al Teatro Carignano di Torino), adattato e diretto da Lluís Pasqual, che di García Lorca è uno dei massimi esperti contemporanei. Un’artista completa e polivalente come la Sastri dà a Pasqual l’opportunità impagabile di appassionarsi costruendole uno allestimento intorno, che è danzante e musicale insieme. Così, la madre – già piegata dalle perdite e dai lutti – può cantare in onore dello sposo, l’unico figlio rimastole, allietando il banchetto; può gioire e danzare con gli altri invitati. Ma, soprattutto, Lina Sastri può impersonare al contempo anche la giovane sposa fedifraga, passando da una donna all’altra; dalla vedova e madre dolorosa, alla fanciulla vinta dalle sue stesse, distruttive passioni. Quasi a voler rappresentare il tema universale del doppio, del buio e della luce che coesistono nell’essere umano; e chi può dire quale sia dei due il lato luminoso e quale l’oscuro? Ispirata a un fatto di cronaca, Nozze di sangue (1933) è, per antonomasia, il dramma di una società retrograda e oppressiva, dove le passioni sono soffocate nel sangue: diventa, perciò, un manifesto ante litteram contro il sessismo, contro stereotipi e regole nel campo dell’amore che limitino le libertà personali; abbiamo sì o no il diritto di seguire le nostre passioni? García Lorca, del resto, conosce bene il clima repressivo che racconta nelle sue poesie e opere teatrali: morirà tragicamente solo tre anni dopo il debutto di Nozze di Sangue. Giovanni Luca Montanino