dramma di Rocco Familiari
Regia di Krzysztof Zanussi
Interpreti: Blas Roca-Rey, Ester Pantano, Andrea Pittorino, Monica Rogledi
Scene: Gaetano Russo
Musiche: Francesco Forni
Supervisione ai costumi: Liliana Sotira
Produzione: Loups Garoux e Nuovo Imaie
Teatro Vittorio Emanuele 7 e 8 maggio 2022
All’inizio del 2003 L’odore di Rocco Familiari è un dramma in due atti. Tre anni dopo diventa un romanzo con lo stesso titolo, mentre intanto viene rappresentato al Festival di Spoleto, al Valle di Roma e in qualche altro sito. Adesso approda al Teatro Vittorio di Messina, città tra l’altro abitata per tanti anni dallo scrittore e drammaturgo nativo di Addis Abeba e cresciuto in Calabria. Regione in cui è ambientata la pièce che vede in scena un poker di protagonisti, tutti all’altezza, che rendono verosimile un plot davvero curioso. Incentrato su due detenuti, l’anziano ‘Ntoni (qui Antonio di Blas Roca Rey) e il più giovane ‘Ndria (qui Andrea di Andrea Pittorino) e su due donne, la Maria moglie di Antonio (Ester Pantano) e Monica Rogledi, (psicologa del carcere e avvocato difensore di Antonio). Sin dalle prime battute si nota il livello culturale di Antonio condannato per reati politici, rispetto ad Andrea che è un pischello ex-ladruncolo di strada. Ciononostante i due vanno d’accordo, parlano del loro vissuto, Antonio diventa la guida spirituale di Andrea, dispiacendosi quest’ultimo nel vederlo piangere di notte, sbraitare per la moglie lontana, soffrire come se gli fosse morto un suo familiare, ossessionato in particolare nel non potere sentire il suo odore. L’odore appunto, uno dei cinque sensi percepiti dal naso, confinante con l’olfatto sessuale e prossimo a quel “profumo” di Patrick Süskind in grado di ricavare il protagonista olezzanti vapori da ogni cosa animata. A soddisfare i desideri di Antonio succede che la psicologa del carcere, visti i buoni comportamenti di Andrea, gli conceda la semilibertà, per cui la mattina può ritenersi libero, anche di lavorare in un cantiere navale, la sera però dovrà ritornare in cella. Ecco dunque il pensiero assurdo e pure surreale che frulla nella testa di Antonio e che mette in atto per poter placare in certo modo la sua libido affettiva: quello di convincere Andrea d’andare a trovare la sua Maria, consegnarle una sua lettera, fare l’amore con lei, tornare poi in cella e bearsi dell’odore della moglie rimastogli addosso. Insomma potere lui godere di lei tramite l’altro, un modo per possedere la moglie in un continuum senza fine. Sembrerebbe una tresca convenzionale, ma non lo è, perché qui tutti sanno tutto, risultando Antonio l’anello più debole del triangolo, colui che rasenta un comportamento sadomaso, contento quasi d’essere cornuto. Una condizione che precipita però quando Andrea mette in cinta Maria, mettendo in crisi Antonio che come vittima sacrificale si farà uccidere a coltellate durante una rissa con altri carcerati, non prima però d’avere registrato, con l’ausilio del suo avvocato difensore, un nastro in cui dirà che avrebbe potuto ammazzare Andrea e fare abortire la moglie, convinto com’era che quando faceva l’amore con l’altro lei pensava a lui e che dunque il figlio in grembo è come se fosse di loro due. Andrea continuerà a bussare alla porta di Maria ma lei non gli aprirà mai più. La messinscena di Krzysztof Zanussi si fa apprezzare per i buoni ritmi impartiti ad uno spettacolo che si snoda in un solo tempo di 65 minuti, molto applaudito alla fine e per la bravura mostrata da Andrea Pittorino ed Ester Pantano, nascente star televisiva costei della serie Màkari e di alcune puntate sul commissario Montalbano di Camilleri, mostrando Blas Roca-Rey una maturità interpretativa non comune in un ruolo non certo facile. Unico neo la scena miserella di Gaetano Russo, che divideva il palcoscenico in due ambienti: in un lato l’idea d’una cella con due lettini a castello dietro i quali era situata una staccionata simile ad un pollaio, una sedia con la figura d’una guardia carceraria pressoché silente e in ombra vicino ad un tavolinetto e sul lato opposto giaceva un letto a due piazze, un tavolo, un appendiabito e una cassa di legno per dare l’idea della casa di Maria.
Gigi Giacobbe