di Antony Neilson
Traduzione di Natalia di Giammarco
Regia di Gianluigi Fogacci
Interpreti: Carlotta Proietti, Gianluigi Fogacci
Scene e costumi: Susanna Proietti
Aiuto regia: Maria Stella Taccone
Musiche originali: Giovanni Mancini
Tecnico audio e luci: Matteo Gregori
Produzione: Politeama S.R.L.
Al Teatro L’Istrione di Catania dal 7 al 9 gennaio 2020
Jessica e James stanno insieme da nove anni, negli ultimi sei hanno convissuto e da quattordici mesi non fanno sesso. Il perché viene sciorinato in poco più di un’ora dai bravi Carlotta Proietti e Gianluigi Fogacci (pure regista) interpreti di The Prudes del 53enne drammaturgo scozzese di Edimburgo Antony Neilson, nel confortevole Teatro L’Istrione di 100 posti al centro di Catania, ad uno schioppo da Piazza Verga, attivo da una decina d’anni per merito di Valerio Santi che lo dirige, pure protagonista con la sua compagnia di pièce di autori contemporanei italiani e stranieri. I due si presentano al pubblico chiarendo subito di non appartenere alla categoria dei prudes, a coloro che la traduzione inglese inquadra nel girone dei puritani, dei moralisti, dei timorati di dio…insomma sono due individui giovani senza figli che esprimono apertamente ciò che pensano, sia che si parli di masturbazione, di preservativi, di stupro o di coiti interrotti. Adesso sono lì seduti attorno ad un tavolo a sorseggiare del buon vino, cercando di chiarire il perché siano giunti a questo status, lontano invero da quelle scene da un matrimonio di Bergman o da quei tradimenti di Pinter, decidendo tout court che adesso faranno sesso di fronte al pubblico, senza freni e inibizioni, fregandosene se possono suscitare sguardi libidinosi. Nei siparietti che si creano con la complicità di luci direzionali che si stagliano di volta in volta su di loro, i due cercano di capire e spiegare perché il desiderio dell’uno verso l’altro si sia scemato e come l’originaria passione si sia stemperata negli anni. Si crea un gioco da psicodramma in cui ognuno cerca di giustificare il proprio comportamento. Affiorano vecchie ruggini, cose non dette o comprese male, argomenti che feriscono entrambi, vacanze in Spagna in bianco, oppure banalità, come il cigolio d’una porta o il rumore dell’infradito, sufficienti per bloccare i loro approcci sessuali. Approcci che non vanno a buon fine anche perché James ammette di non avere un’erezione soddisfacente come un tempo, non volendo per questo ricorrere al viagra per i sui numerosi effetti collaterali. Da canto suo Jessica reagisce ad un tratto dando al compagno un bacio profondo sperando che il suo amore possa essere un attimo che duri tutta la vita. Lui invece tirerà fuori da dietro il tavolo il manichino d’un infermiera che nel suo immaginario rappresenta il simbolo d’una sessualità senza se e senza ma e vorrebbe che Jessica indossasse quei panni. Lei esce di scena e sembra che accetti l’invito, poi invece quando rientra apparirà nei panni rosso-azzurri della super eroina Wonder Woman. Un costume che lui non gradisce, pur avendo nel frattempo una evidente erezione procacciata da Jessica che di nascosto ha versato nel vino una pilloletta azzurra. Non c’è un momento di pausa in questa dinamica messinscena di Fogacci e lo spettacolo è divertente nel suo incedere, mai banale e la materia sessuale è trattata con garbo, mai volgare e il due protagonisti sono davvero credibili, aleggiando su di loro una leggerezza calviniana e un rinnovato e riconquistato rapporto d’amore con lui che le dice in chiusura: “grazie d’amarmi”.
Gigi Giacobbe