di Ivan Turgenev
traduzione e adattamento Fausto Malcovati e Fausto Russo Alesi
regia Fausto Russo Alesi
con Daria Pascal Attolini, Marial Bajma Riva, Giulia Bartolini,
Alfredo Calicchio, Luca Carbone, Matteo Cecchi,
Eletta Del Castillo, Cosimo Frascella, Stefano Guerrieri,
Marta Mungo, Marina Occhionero, Luca Tanganelli, Zoe Zolferino
e con Fausto Malcovati
pianoforte Esmeralda Sella
composizione musiche originali Giovanni Vitaletti
progetto scenografico Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
luci Max Mugnai
produzione
Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
Emilia Romagna Teatro Fondazione
in collaborazione con Teatro Verdi Pordenone
Napoli, Teatro Mercadante dal 22 al 27 marzo 2022
“Andiamo in scena perché, tramite le parole dell’autore russo Turgenev, vogliamo ribadire il NO alla guerra e l’inutilità della violenza” queste sono alcune delle parole che Fausto Malcovati ha rivolto al pubblico del Teatro Mercadante di Napoli prima dello spettacolo “Padri e figli” per spiegare le ragioni che hanno portato la compagnia a mettere in scena il capolavoro russo nonostante la guerra in Ucraina. Lo spettacolo, organizzato in due parti, prende il nome ed è tratto dal romanzo del 1862 di Ivan Turgenev considerato uno dei capolavori della narrativa del XIX secolo perché offre una puntuale analisi del periodo indicato ed allo stesso tempo un racconto introspettivo ben delineato. Sullo sfondo di una Russia sconvolta da guerre, da riforme e da scontri tra opposte ideologie si svolgono le vicende di Arkadijì e Bazarov, appena usciti dall’Università, e delle loro rispettive famiglie. Lo scontro generazionale è il punto di partenza: al passato fallito ed ormai obsoleto dei padri loro si oppongono e lo contestano abbracciando la “filosofia” del nichilismo. Salvo poi scoprire, con il passare del tempo e soprattutto immergendosi nella quotidianità della vita che non sempre dalle parole si riesce a passare ai fatti. Il protagonista Bazarov è un ragazzo sicuro di sé che abbraccia il nichilismo negando la morale tradizionale e l’ordine precostituito. Si mostra sicuro e con grandi doti. Ma nell’evolversi della storia diventa vittima degli abissi e delle debolezze del suo essere quando si scopre innamorato di Anna Sergeevna Odincova, un amore che però non rassicura la donna che è rimasta affascinata della sua sfrontatezza e sicurezza. Ella si rende conto che le offrirebbe un amore destabilizzante e devastante e per questo lo rifiuta. Sconcertante l’ultimo incontro tra i due in cui Bazarov, ormai morente, le rivela tutto il suo amore abbandonando la forza, il talento visionario e tutta la sua aggressività e la Odincova sempre molto controllata non proferisce parola. Tenero e commovente è il finale riproposto fedele al volume: “Esiste un piccolo cimitero in uno dei più remoti angoli della Russia. Come quasi tutti i nostri cimiteri, è assai triste… Ma una vi è fra queste, che la mano dell’uomo rispetta, che gli animali non profanano: soltanto gli uccelli vi si posano e inneggiano ai primi albori. Una ringhiera di ferro la circonda e due giovani abeti la fiancheggiano. In cotesta tomba è sepolto Eugenio Bazarov…” nelle ultime righe l’autore offre ai disperati genitori l’opportunità di credere ad un ordine superiore che non rimane indifferente alle nostre sofferenze e che come i fiori “che vi si schiudono sopra ci guardano tranquilli con gli occhi innocenti; nè ci parlano solo del riposo eterno, di quel gran riposo della natura indifferente: ci parlano anche di una eterna riconciliazione e di una vita che non ha tramonto”.
Autore, narratore, personaggi. C’è tutto sul palco che si presenta senza la quarta parete, spoglio e con pochi elementi scenografici ma che offre una grande prova attoriale e direttiva perché dimostra che, se si sa fare teatro, si può anche non essere troppo dettagliati. È come se lo spettatore fosse entrato nel libro, sia anch’egli lettore e man mano visualizzi quello che sta leggendo attraverso i personaggi presenti sul palco. Lo studioso russo Malcovati nei panni dell’autore si muove sul palco man mano che i capitoli vanno avanti spostandosi nel “suo” libro tra le “sue creature” quasi a confrontarsi con loro. La focalizzazione è multipla: il narratore introduce le varie sequenze, racconta e presenta i personaggi che a loro volta si presentano dal proprio punto di vista per indicare un momento particolare, una emozione, uno stato d’animo, il “non detto”. Il ritmo è lento, sofferto, ragionato, le luci soffuse accompagnano gli stati d’animo così come la musica del pianoforte che “cammina” nella scena assieme ai protagonisti. Interessante la scelta di brani moderni che accompagnano alcune scene. Una rappresentazione da vedere per riflettere, per rispolverare un grande autore come Turgenev e per applaudire ad una fucina di attori preparati e molto credibili.
Simona Buonaura