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Chi sono i personaggi di Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, film fortunatissimo ora diventato una deliziosa commedia teatrale in scena all’Ambra Jovinelli? O meglio: chi sono questi perfetti sconosciuti? 

Degli amici, certamente. Che di tanto in tanto si incontrano insieme alle rispettive mogli davanti ad una deliziosa cena. Si conoscono tutti da anni. Sanno qualsiasi cosa l’uno dell’altro. O, almeno, così credono. Perché basta un’idea insolita, fuori dalla logica – “Mettiamo i cellulari sul tavolo e qualsiasi cosa arrivi, telefonate o messaggi, li condividiamo fra di noi” – per mandare all’aria questa certezza. E così una cena goliardica, organizzata solo per divertirsi, si trasforma in un confessionale non privo di pene. Una vera e propria pubblica gogna, dove ciascuno si trova ad essere giudice e accusato degli e dagli altri – tranne che di e da sé stesso – man mano che i rispettivi telefonini squillano. Sembra di assistere ad una versione moderna, certamente meno severa e più divertente, di Porta chiusa di Sartre: famosa pièce in cui, alla fine, uno dei protagonisti ha l’intuizione, ha compreso cos’è l’inferno: “Nessuna fiamma eterna, nessuno strumento di tortura: l’inferno sono gli altri”. 

E Perfetti sconosciuti è, effettivamente, una nuova versione in farsa – nel senso in cui intendeva questo genere teatrale Peppino De Filippo – della famosa affermazione sartriana. O almeno così pare. Fino alla fine quando in un cambio di scena suggestivo dove cala un telo nero sul quale è proiettata l’immagine della luna durante un’eclissi, le luci sul palco si riaccendono e ritroviamo gli amici che, tutti insieme, si stanno salutando mostrandosi contenti della serata, felici di aver passato altri momenti insieme felici. Quindi tutto quello cui abbiamo assistito – il gioco dei cellulari condivisi senza riserve, la dinamica di giudice e accusato l’uno dell’altro e viceversa – capiamo essere stata solo una fantasticheria dei vari personaggi qualora la proposta del gioco fosse stata accolta. Quindi i perfetti sconosciuti sono i rispettivi personaggi non nei confronti degli altri ma lo sono verso sé stessi? A questo, giustamente, la pièce di Genovese non risponde lasciando a noi il compito di farlo.

Bravissimi tutti gli interpreti. Una compagnia di attori che recitano veramente insieme, senza smanie di protagonismo, adottando ritmi e tempi comici che si incastrano alla perfezione. Valeria Solarino ha uno stile recitativo delicato ma molto espressivo ed incisivo all’occorrenza. Stile che s’intona alla perfezione con quello di Paolo Calabresi, verace ma mai aggressivo. Dino Abbrescia è padrone magistrale della recitazione sia comica che drammatica, passando dall’una all’altra con grande senso dell’equilibrio. Massimo De Lorenzo è magnifico nei suoi décalage e nella sua mimica molto espressiva.

Perfetti sconosciuti, grazie a tutte queste caratteristiche, si è presentata come una commedia deliziosa, divertente, ma che sa far riflettere senza banali moralismi.

Pierluigi Pietricola