mercoledì, 15 maggio, 2024
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PA’ - regia Marco Tullio Giordana

Luigi Lo Cascio in "PA’", regia Marco Tullio Giordana Luigi Lo Cascio in "PA’", regia Marco Tullio Giordana

LUIGI LO CASCIO
PA’
Drammaturgia Marco Tullio Giordana, Luigi Lo Cascio
da testi di Pier Paolo Pasolini
regia Marco Tullio Giordana
con la partecipazione di Sebastien Halnaut
scene e disegno luci Giovanni Carluccio
costumi Francesca Livia Sartori
musiche Andrea Rocca
aiuto regia Luca Bargagna
foto e video Serena Pea
produzione TSV – Teatro Nazionale
si ringraziano gli eredi di Pier Paolo Pasolini Maria Grazia Chiarcossi e Matteo Cerami, la casa di moda Missoni e Maurizio Donadoni
Roma – Teatro Ambra Jovinelli 5-10 marzo 2024

www.Sipario.it, 7 marzo 2024

Pasolini è poesia che si fa corpo e voce. Come disse Heidegger: importante è cogliere il timbro della poesia. Udire, cioè, il tono della parola detta che viene fermata su carta e che si esprime attraverso metafore, rime, figure retoriche. Eco lo disse in termini altrettanto esatti: poesia è, innanzitutto, materia sonora, suono che diviene parola e reale perché del mondo ne coglie l’essenza.

In Pasolini tutto ciò è intimamente unito alla sua figura senza distinzione, senza cesura fra il poeta e i suoi versi: essi sono lui e viceversa. In questo, più che nella produzione saggistica da polemista e nella prosa narrativa, consiste la sua contemporaneità.

Un tratto che Marco Tullio Giordana, regista e autore insieme a Luigi Lo Cascio di Pa’, prodotto dallo Stabile del Veneto e in scena in questi giorni all’Ambra Jovinelli, hanno colto benissimo.

Cosa vediamo sulla ribalta insieme al poeta che si racconta nei momenti salienti della sua esistenza, tutta protesa al massimo compimento di sé? All’inizio un prato verde con sopra un cielo terso e ovunque puntellato di stelle. Ma tutto questo, lentamente, a mano a mano che gli anni scorrono, lascia il posto a luoghi molto meno innocenti e tutt’altro che arcadici. E si vedono piombare dall’alto, cadendo insieme, un mucchio di fogli di carta; successivamente, un gruppo di oggetti umani calati lentamente, prima usati e poi gettati via, forse prelevati da una discarica: sono tracce di esistenze che sopravvivono solo agli occhi di chi sa osservarle e percepirle: non sono rifiuti, ma simulacri di vita che fu.

In questo universo esterno che va dalla purezza dell’infanzia sporcata dall’evento doloroso della morte del fratello, alla poesia vissuta con intensità e verità passionale in tutte le sue gradazioni: dalla più pura e innocente a quella più licenziosa e libertina e inconfessabile (per l’epoca), sino ad arrivare all’ultimo giorno in cui il suo corpo fu trovato senza vita su una spiaggia alla periferia di Roma: in questo mondo si staglia, imponente ma discreta, la figura del Pasolini di Luigi Lo Cascio. Questo attore dalla voce potente, ricca di modulazioni e timbri, ha impersonato il poeta con discrezione e coraggio, in modo antiretorico. Un’interpretazione che ha stupito per incisività e delicatezza al contempo. Una recitazione in grado di tratteggiare le parole di Pasolini come Simone Martini la sua Annunciazione: con uno stile lineare ricco di corrispondenze. Ogni tono vocale aveva in Lo Cascio il suo simile in un movimento del corpo. Gesti mai scattosi e mai repentini ma lenti e delicati: come a significare, nella recitazione, la nascita delle parole dalle fibre muscolari e dalla pelle del poeta.

E che straordinario colpo di genio chiudere lo spettacolo non finendo: con la voce in levare, il braccio in su, il resto del corpo mosso da un lieve fremito quasi stesse per volare.

Un’interpretazione sublime.

Luigi Lo Cascio, ancora una volta, ha dimostrato d’essere il Roberto Longhi degli attori del teatro italiano.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Lunedì, 11 Marzo 2024 07:28

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