ideazione Antonio ‘Tony’ Baladam, Rebecca Buiaforte
drammaturgia e regia di Antonio ‘Tony’ Baladam
con Alessia Sala, Giacomo Tamburini e Antonio ‘Tony’ Baladam
coproduzione Collettivo Baladam B-Side, Teatro GiocoVita e La Piccionaia
teatro Gioia, Piacenza, 16 ottobre 2024, festival L’altra scena
Tre sedie e la conversazione dopo-spettacolo può iniziare. A condurla è un critico con la prosopopea di chi tiene gli incontri di approfondimento con tanto di taccuino per gli appunti. Tutto come si deve, secondo lo stile di un rito tanto ripetitivo, quanto spesso autoreferenziale. Lo spettacolo che noi spettatori avremmo dovuto vedere è Pigiama Party, una sorta di kolossal che nelle parole del critico e poi del regista e dell’attrice protagonista assume i connotati di una sorta di improbabile happening con centinaia di comparse, Elio Germano a rivestire una parte da comparsa, ma che risulta essere bravissimo e una serie di dettagli che si sommano fra l’incredibile e il comico, fra il grottesco e una parodia leggera della creatività registica, affidata allo stupore della performance. Ad un certo punto l’attrice si mette ad allattare un pelouche che dice essere suo figlio, i due attori mettono alle strette il critico che pian piano si ritrova vittima dei due, spiazzato da ciò che fanno, costretto a performare anche lui. Il pubblico – che volendo avrebbe potuto presentarsi in pigiama – sta al gioco e alla fin fine si ha l’impressione di averlo visto quello spettacolo di cui si parla, che sembra assomigliare a certe scene della saga del signor Malaussène di Daniel Pennac. Alla fine mettendo in croce il povero critico con tanto di chitarra e performance canora, gli attori si prendono una bella rivincita su una critica un poco spocchiosa, ma complice, prona agli artisti e che non sa parlare, se non nello stretto recinto della communitas teatrale, perché al di fuori non è conosciuta né ri-conosciuta come tale. Il bello è che tutta la compagnia è in pizzeria e sul finale il problema è che la cucina non chiuda, per buona pace del critico e dell’incontro. Si sorride, ci si diverte, forse sul finale Pigiama Party avrebbe bisogno di maggiore coesione drammaturgica, ma questo elzeviro sugli usi e costumi critici del teatro post-spettacolo ha il sapore dello sberleffo gentile, ci si toglie qualche sassolino dalla scarpa, si fa il verso a una ritualità che è un poco onanistica. E in fondo ciò che Pigiama party mette in scena è la tendenza autoreferenziale di un teatro che guarda al proprio ombelico, credendo che sia il mondo. E allora ridiamoci sopra e andiamo tutti in pizzeria. Sipario. Nicola Arrigoni