di Claudio Fava
regia e adattamento scenico di Alessandro Gassman
con Anna Foglietta, Alessandra Costanzo, Giorgia Boscarino,
Stefania Ugomari Di Blas, Cecilia Di Giuli, Sabrina Knaflitz, Gaia Lo Vecchio, Olga Rossi
musiche Pivio& Aldo De Scalzi, costumi Mariano Tufano, disegno luci Marco Palmieri
Messina, Teatro Vittorio Emanuele di Messina dal 3 al 6 dicembre 2015
Sono nata il 21 a primavera / ma non sapevo che nascere folle, /aprire le zolle / potesse scatenare tempesta / ... Sono alcuni versi ustionanti di Alda Merini, "la poetessa dei navigli" milanesi (nata il 21 marzo 1931 e scomparsa il 1° novembre 2009) forse la più grande della seconda metà del Novecento, più volte citati da Anna Foglietta, che ne veste mirabilmente ed empaticamente i panni, nella toccante pièce di Claudio Fava La pazza della porta accanto. Che ha lo stesso titolo d'un libro in prosa della Merini, edito da Bompiani nel 1995, andato in scena felicemente e molti applausi al Vittorio Emanuele con l'appassionata e passionale regia di Alessandro Gassman, ideatore pure d'una scena claustrofobica, composta da un grande cubo nero, quasi una Kaaba al centro della Mecca, con una fila di mattoni di vetro tutt'intorno in alto, giusto per far entrare un po' di luce, i cui lati aprendosi a ventaglio delineano i vari ambienti d'un manicomio, compresa pure una gabbia mobile di ferro che a volte giunge sul proscenio, occupato da un velatino che proietta immagini oniriche come le nuvole, la luna e fiocchi di neve. E' qui, in questo luogo di pena che si svolge l'intero spettacolo, reso esaltante dalla Foglietta, quasi una figurina espressionista sbucata fuori dai film di Murnau o Fritz Lang, con quei suoi capelli lisci tenuti da una forcina, puntuta nell'incedere in un fianco a piccoli passi e con una voce tendente al grido e alla ribellione. Incolpevole tuttavia del suo status mentale, diagnosticato dal direttore dell'ospedale, (autorevolmente vestito da Angelo Tosto che apprezzerà i suoi versi regalandole per giunta una lettera 22 Olivetti) come una schizofrenia paranoica, ovvero un disturbo bipolare accusato pure da scrittori del calibro di Baudelaire, Hemingway, Strindberg e tanti altri, senza che costoro abbiano varcato quei reclusori infernali, ormai in gran parte liberalizzati da noi con la legge Basaglia. Nella sua messinscena, Alessandro Gassman opportunamente evita tanti luoghi comuni come i letti di contenzione, le grida e gli schiamazzi gratuiti, immettendovi solo un lettino per la classica terapia con l'elettrochoc, "utile a sciogliere il buio in testa" della Merini e popolando la scena con un'infermiera, una suora e un gruppo di devianti (Alessandra Costanzo, Giorgia Boscarino, Stefania Ugomari Di Blas, Cecilia Di Giuli, Sabrina Knaflitz, Gaia Lo Vecchio, Olga Rossi) libere di fumare ed esprimersi come vogliono, con la presenza maschile d'un "matto" di nome Pier (Liborio Natali) che ricorda un po' il nome del secondo marito della Merini, pure poeta, che si chiamava Michele Pierri, col quale avrà un'intensa storia d'amore, scambi di fiori, poesie, abbracci amorosi, un accenno alla canzone Azzurro di Celentano, rendendole più accettabile e vivibile quella specie di bolgia dantesca. Vi entrerà altre volte ancora la Merini in quei lager, uscendone sempre più bambina, ironica, sorridente, imprevedibile, impetuosa, allegra, triste, generosa, dolce, affettuosa, forse più selvatica, certamente fragile come un giorno di primavera, componendo e scrivendo poesie su poesie pubblicate poi dai più importanti editori italici, serbando sempre nel cuore un dolore che nessuno mai le toglierà. A noi piace ricordarla con questi versi : La poesia educa il cuore, la poesia fa la vita, riempie magari certe brutte lacune, alle volte anche la fame, la sete, il sonno. Magari anche la ferita di un grande amore, un amore che è finito, oppure un amore he potrebbe nascere. Le musiche originali di Pivio& Aldo De Scalzi, i costumi di Mariano Tufano, il disegno luci di Marco Palmieri, hanno decretato pure un successo per gli Stabili di Catania e dell'Abbruzzo produttori dello spettacolo.
Gigi Giacobbe