testo e regia Renato Sarti
con Laura Curino e Renato Sarti
disegni Ugo Pierri e Giulio Peranzoni
videoinstallazione Fabio Bettonica
musiche originali Carlo Boccadoro
assistenti alla regia Salvatore Burruano, Chicco Dossi
produzione Teatro della Cooperativa
con il sostegno del Comune di Milano
con il patrocinio di Associazione Piazza Fontana 12 Dicembre 1969, ANED, ANPI Provinciale di Milano e Istituto Nazionale Ferruccio Parri
con il contributo di CGIL, FLC CGIL, FISAC CGIL, FIRST CISL e UILCA UIL
spettacolo sostenuto nell’ambito di NEXT ed. 2019/2020, progetto di Regione Lombardia in collaborazione con Fondazione Cariplo
Si ringraziano Licia, Claudia, Silvia Pinelli e Piero Scaramucci
Testo finalista al 55° Premio Riccione per il Teatro
In scena dal 12 al 18 dicembre al Teatro della Cooperativa
Il rumore del silenzio è uno spettacolo sulla strage, le cui ragioni e responsabilità sono tutt’oggi intricate e fosche, di piazza Fontana, verificatasi il 12 dicembre 1969 quando alla Banca dell’Agricoltura esplose una bomba. L’orologio al piano terra dello stabile segnava le 16.37. Non è un caso che la scenografia semplice e minimale della messinscena graviti attorno a un orologio, appeso al soffitto, che riporta, immoto, la stessa ora. Come a significare che non si può andare avanti, se non si è capito. Ma capire, ancora oggi, non è impresa da poco. Uno dei pregi dello spettacolo consiste nella volontà di partire dal quotidiano, di metterlo in luce anzi, di esporlo, esibirlo, come poche volte è stato fatto. Il teatro, recita Sarti all’inizio della pièce – sottintendendo in realtà pure la ricerca storica –, si fa anche a partire da un pacco di sigarette o da una cintura, ossia dalla materialità della vita quotidiana, privata e familiare delle persone coinvolte. Gli oggetti che i due attori maneggiano in scena evocano abitudini e consuetudini di tutti i giorni, dalla macchina da scrivere al telefono, per tutte le vittime nonché per i loro familiari. Mentre Renato Sarti dà voce alle fatiche e ai sacrifici degli uomini che morirono a causa della deflagrazione dell’ordigno – molti di loro erano coltivatori e allevatori, e alcuni non conoscevano che terra e bestiame e altri ancora avevano combattuto nelle due guerre mondiali –, Laura Curino fa rivivere alcuni momenti della vita familiare dei coniugi Pinelli, a cominciare dal loro primo incontro, a un corso di esperanto. I due artisti si danno il cambio nella narrazione, dimodoché sono quasi sempre al centro della scena da soli, coadiuvati dalle proiezioni sui teli alle loro spalle, che riproducono, sotto forma di disegni, particolari e dettagli della Milano degli anni Sessanta. Entrambi mutano di continuo tono della voce a seconda dell’aneddoto che stanno rievocando. Curino ci racconta di una moglie, Licia, che da allora è dovuta essere più forte del previsto, per le loro figlie ancora bambine. Rimboccarsi le maniche, non perdersi d’animo fino a che, però, s’indurisce al punto da non saper più pronunciare la parola “io”. Infine, tutt’e due, a turno, scendono dal palco, seguitando la narrazione, come per stabilire un contatto più diretto con il pubblico in sala. Narrazione che a tratti risente di una sceneggiatura un po’ verbosa e forse troppo statica, che non riserva sorprese, e che nondimeno è in grado di far toccare con mano i sentimenti, anche quelli meno evidenti, di Licia e degli altri. Catapulta lo spettatore fin dentro i pensieri, i timori e le arrabbiature di chi non può dimenticare. E, se l’etica ha come punto di partenza la capacità di mettersi nei panni altrui, spostandosi dal proprio baricentro, Il rumore del silenzio – ed è questo l’aspetto più meritorio dell’intero lavoro –, facilitando e stimolando la tensione verso vite e mondi interiori diversi e sfaccettati, rappresenta un incontro riuscito tra arte ed etica.
Virginia Benenati