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RESTERÒ PER SEMPRE NELLA FOTO DI UNO SCONOSCIUTO - regia Claudia Manuelli

“Resterò per sempre nella foto di uno sconosciuto”, regia Claudia Manuelli “Resterò per sempre nella foto di uno sconosciuto”, regia Claudia Manuelli

soggetto e regia: Claudia Manuelli
con: Oscar Bettini, Claudia Manuelli, Paolo Tosin
dramaturg e aiuto regia: Elisa Emilia Scatigno
Progetto a cura di Fondamenta Zero
Visto a Venice Open Stage il 5 luglio 2024

www.Sipario.it, 12 luglio 2024

Presentato per “Fermenti” all’interno dell’eccellente Festival Venice Open Stage
Con Fondamenta Zero “Resterò per sempre nella foto di uno sconosciuto”
Vita e morte, le cose e le storie, la verità e il teatro, il gioco tra l’aldiqua e l’aldilà 

Gli oggetti persistono nel tempo anche quando chi li ha posseduti - magari scelti con cura, per gusto estetico o immediata simpatia, oppure solo ereditati, mobili di famiglia, libri annotati - non c’è più. Già: si muore, destino umano. E le domande si moltiplicano sul potere che ha la materia di continuare a emanare fluidi di ricordi, ma anche sul desiderio, più o meno consapevole, di pensare a un oltre dove noi, in qualche modo, ci siamo ancora, per religione o metempsicosi, per scia di fama o per i geni lasciati ai figli. 

Temi poderosi questi scelti da Fondamenta Zero per lo spettacolo, dal bellissimo titolo, “Resterò per sempre nella foto di uno sconosciuto”. Non solo: oltre il senso evocativo delle cose e il sentimento della fine, il caso e la necessità, la causalità  e la casualità, interrogativi scientifico filosofici, c’è un terzo elemento ritenuto indispensabile dalla compagnia, il coinvolgimento del pubblico. Del resto non sono questi tra i motivi di pensiero più sentiti, affrontati in vario modo in ogni tempo e luogo da ogni comunità e singolo individuo? Oggi come allora e dovunque tra dogmi, nuove ricerche scientifiche e angosce personali. Se nulla è così umano come la morte perché non giocare insieme?

Giocare?! Ebbene sì: più facile stimolare gli spettatori, specie se si lancia come input iniziale la frase “Tra sessanta minuti qualcuno morirà”. In scena tanti scatoloni bianchi, parallelepipedi neutri che acquisteranno anche la funzione di lapidi - e infine di bara: uno sull’altro “intrappoleranno” il personaggio femminile, Claudia Manuelli, suo il soggetto dello spettacolo, regista e interprete in scena affiancata da Oscar Bettini e Paolo Tosin, proprio mentre elencava i tanti meccanismi inventati dall’umanità per non segnare la parola fine alla propria vita.

Arrivano in scena ogni tanto degli areoplanini di carta con dei messaggi: forse esiste qualcuno al di sopra di noi, onnisciente, che si diverte, lui sì, a prendere in giro/ allarmare gli umani? Sua la certezza dell’imminente morte di qualcuno? Un Regista dai poteri speciali? Ma: proprio lì? Si sta forse prefigurando la morte di Claudia “inscatolata”? Che fare? Ritornano nello spettacolo quesiti simili: “ti dicono che hai tre mesi di vita, tu allora che cosa fai?”

E’ stato nell’ambito dell’ottava edizione di “Fermenti” - spettacoli di compagnie di fresca formazione selezionate da un bando - che si è incontrato “Resterò per sempre nella foto di uno sconosciuto”:  la mini rassegna di tre titoli è inserita nel ricco, originale, stimolante festival internazionale “Venice Open Stage” che si svolge tutte le estati, questo il dodicesimo anno, 3/13 luglio, al Campazzo San Sebastiano, ogni sera tantissimo pubblico con liste d’attesa, una struttura lignea funzionale ideata da Gigi Dall’Aglio, a cui la bella arena è ora intestata. Da montare a ogni inizio di festival, eccellente la visibilità da ogni posizione: VOS (Venice Open Stage) è una rassegna organizzata da Cantieri Teatrali Veneziani, associazione nata nel 2014 da un gruppo di professionisti della cultura (attori, tecnici, organizzatori, esperti di comunicazione) in seno all’università IUAV, acquisendo progressivamente la propria indipendenza, estesa quindi la collaborazione a Ca’ Foscari, l’Accademia di Belle Arti, le maggiori istituzioni culturali della città, presente sin dalla prima edizione il Comune di Venezia. 

E’ il gioco proposto da Fondamenta Zero possibile strumento di salvezza? Sarà mai possibile rimettere a posto un petalo caduto? “L’antica alleanza è infranta - scrive Monod, Premio Nobel, in ‘Il caso e la necessità’ - l’uomo finalmente sa di essere solo nell’immensità indifferente dell’Universo da cui è emerso per caso. Il suo dovere, come il suo destino, non è scritto in nessun luogo”. Difficile da accettare?  E’ per questo  che viene posto su uno scatolone “L’Urlo” di Munch? Sembra però poi fuori tempo massimo, la scelta, un po’ misera, della mini statuetta del Duomo di Milano come esempio di oggetto shock della memoria da indovinare, colpito Berlusconi. Gli spettatori vengono quindi sollecitati a rispondere sul comune trauma infantile: la morte della mamma di Bambi!

Si avverte in tutto lo spettacolo un’esigenza di verità: ogni evento raccontato viene consegnato ricco di indizi, riferimenti precisi, nomi  e date. Ma non ci si trova a teatro? Perché questo timore verso la ricerca di nodi vitali che potrebbero forse essere anche più “veri” (più carichi delle essenze che si vogliono far emergere) di tanti accadimenti reali? Molto bella comunque la storia dell’incontro (data, città, via…) con Elisa - e la conoscenza di Cocò, il piccione/ peluche che lei aveva regalato a Riccardo, il suo ragazzo che stava morendo. E’ nata allora l’Associazione “i santi piccioni” per la tutela delle storie senza voce e per la salvaguardia delle cose impolverate (meno male: anche un po’ d’ironia).

Una catena di storie per mantenere in vita episodi trascorsi? O addirittura mutare l’esistenza di chi le ascolta? Questo può fare il teatro? Non può essere riduttivo il bisogno cronachistico? Ma è un gioco - e tre oggetti verranno consegnati come premio a chi tra gli spettatori saprà meritarli  attraverso altre storie che potranno quindi entrare nello spettacolo. Intanto gli aeroplanini scandiscono il tempo. Emozioni: come rabbia. Un frammento da Giovanni Verga. E poi c’è quella domanda: restando solo tre mesi di vita…

Difficile accettare l’idea della morte. Non esistere più. Esempi di negoziazione: particolari intrugli, viaggi a  ritroso nel tempo, sfide con le lancette dell’orologio…E se fosse possibile “tornare”? Parlare al telefono tra l’aldiqua e l’aldilà? Ma c’è un momento dello spettacolo dove affiora anche il tema della nascita - che non è comunque l’opposto della morte, che è il fine/ la fine sin dal primo vagito. Il lungo monologo di Claudia, il suo definitivo “inscatolamento”, con tanti applausi da parte del pubblico che ha partecipato volentieri alle azioni di coinvolgimento.

Molto interessante il confronto con il gruppo di Fondamenta Zero e gli esperti chiamati da Venice Open Stage (che qui firmano) non solo la sera dello spettacolo, ma anche nei giorni seguenti: accolti di buon grado i dubbi in uno spettacolo certo molto ricco di idee. E’ comunque importante che, lì dove si sono colte alcune fragilità, gli interventi, se vorranno  esserci, possano rispondere in ogni caso e sempre alla poetica della compagnia.

Valeria Ottolenghi, Alberto Baraghini, Giulia Brescia Francesco Montagna

Ultima modifica il Domenica, 21 Luglio 2024 08:57

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