di Harold Pinter
traduzione Alessandra Serra
regia Peter Stein
con (in ordine di apparizione) Paolo Graziosi, Alessandro Averone, Elia Schilton, Antonio Tintis, Andrea Nicolini, Arianna Scommegna
produzione Teatro Metastasio Stabile della Toscana, Spoleto56 Festival dei 2Mondi
Catania, Teatro Verga, Stabile di Catania, dal 4 all'8 marzo 2015
Sono contento d'aver recuperato uno spettacolo perso un paio d'anni fa al Festival dei due Mondi di Spoleto, andato in scena adesso al Verga di Catania con molti applausi e ovazioni finali. Mi riferisco a Il ritorno a casa di Harold Pinter, un testo di cinquant'anni fa, diretto col rigore che lo contraddistingue da Peter Stein, tradotto in modo chiaro crudo e concreto da Alessandra Serra e recitato da un sestetto d'attori formidabili, per i quali la parola sacra raggiunge le ultime file del Teatro, capitanati da Paolo Graziosi nel ruolo del vecchio Max chiuso nel suo cardigan beige, coppola in testa (i costumi erano di Anna Maria Heinreich) che s'aiutava nel suo gibboso incedere con un bastone di legno che spesso alzava in alto come se volesse colpire chi lo contraddiceva. Appunto, gli stessi suoi due figli, Lenny e Joey, rispettivamente Alessandro Averone e Antonio Tintis, il primo un rampante magnaccetto con vari appartamentini per le sue donnine, il secondo un boxeur con qualche problemuccio di testa e c'è con loro l'anziano zio Sam, fratello di Max, cui dà vita un misurato Elia Schilton che svolge l'attività di chauffeur privato. I quattro vivono in una vecchia casa nel Nord di Londra e lo spettacolo, di due ore e quaranta con intervallo, si svolge in un living room per niente elegante (la scena è di Ferdinad Woegerbauer) in cui campeggia al centro un'usurata poltrona di pelle, una sorta di scranno per il re Max, ai lati c'è un ampio sofà e qualche sedia, un paio di mobili in legno demodé e sul fondo una scala che porta al piano superiore. Sin dalle prime battute si capisce che il vecchio Max, pure vedovo, ha abusato dei figli quand'erano piccoli e il suo fare da padre-padrone ricorda il Nino Manfredi di Brutti sporchi e cattivi di Scola e si respira tutt'intorno un'aria che accomuna i quattro a quei protagonisti di Parenti serpenti di Monicelli ma anche ai Parenti Terribili di Cocteau. Insomma nessuno ha pietà o considerazione per chi gli sta accanto. Anche le parole gentili risultano false, compresi i diminuitivi. Un atteggiamento che metterà in evidenza ancor più il loro squallore esistenziale quando nottetempo piomberà in quella dimora obsoleta il terzo figlio Teddy (Andrea Nicolini) che è un dottore in filosofia e la di lui moglie Ruth (Arianna Scommegna) ex-mannequin, che sposati da sei anni con tre figli piccoli, sono giunti dall'America senza avvertire nessuno, pensando solo di fare una sorpresa e ritrovare i congiunti più intimi. Da qui in avanti quei maschi si riveleranno delle belve buone solo a strusciare e corteggiare pesantemente quella donna che per loro è solo un oggetto di desiderio, una prostituta buona solo a soddisfare i loro istinti sessuali, pensando pure ad un tratto a farla battere, magari in uno degli appartamentini di Lenny e perché no, farle fare i servizi di casa e cucinare per loro. Il marito è sbigottito, impassibile, non muove un dito, non redarguisce i fratelli che le saltano addosso, né rimprovera la moglie per il suo concedersi facilmente e allegramente, pensa solo a fare le valige e prendere il primo aereo per ritornare a casa sua, naturalmente con la moglie. Ma costei, evidentemente non contenta della vita grigia che l'avrebbe attesa in America, forse anche contenta di fare il lavoro di prima, che certamente s'immagina non fosse solo quella di modella ma qualcosa che l'accomunava alle escort, sceglie di restare in quella casa a condizione che le venga assegnato un comodo trivani, una cameriera e un vitalizio per vivere. Il marito va via, Ruth occuperà lo scranno di pelle e come un'ape regina accoglierà quei maschi che le sbavano addosso, compreso il vecchio Max ringalluzzito che strisciando per terra le chiederà di baciarlo sbraitando pure che questa donna li fregherà tutti.
Gigi Giacobbe