Testo, messinscena e spazio scenico di Pascal Rambert
Con Sara Bertelà e Anna Della Rosa
Traduzione italiana di Chiara Elefante
Produzione TPE - Teatro Piemonte Europa, FOG Triennale Milano Performing Arts
Teatro Astra, Torino
Prima nazionale 4 maggio 2021
La riapertura al pubblico di un Teatro di Rilevante Interesse Culturale come la torinese Fondazione Teatro Piemonte Europa, polo cittadino della contemporaneità, si è celebrata con il testo coevo di un autore teatrale transalpino di grande notorietà nel mondo, meno in Italia. Un lavoro di netta vitalità empatica incarnato con adesione e spirito collaborativo verso il progetto che ha richiesto un’esposizione totale da parte delle attrici, forse però ingannate dalla tracimante emozione del debutto, dopo i mesi di chiusura forzata. Perché Sara Bertelà e Anna Della Rosa sono interpreti capaci di prove sopraffine e qui appaiono troppo riconoscibili nella loro gestualità abituale, con cui rivestono personaggi non sfaccettati. Forse l’emozione, forse l’assenza di un tempo sufficiente per assimilare l’esperimento e l’esperienza, forse la partitura testuale, ricca, variegata, ma con sacche di incompiutezza che ne inficiano l’efficacia. Con azioni di cui si percepisce la meccanicità e non l’essenzialità. L’autore ha dichiarato “Non esiste una trama, mi piace immaginare lo spettacolo in termini di energia. Non mi interessa raccontare una storia di conflitto ma focalizzarmi su come le interpreti incarnano il testo”. Eppure, non trattandosi di un copione surreale o astratto, la trama c’è ed è quella che tiene agganciata l’attenzione dello spettatore, intento a decodificare l’ira funesta di una delle due sorelle nei confronti dell’altra. Insieme si catapultano nello spazio scenico, si posizionano a distanza e poi cominciano a duellare, rivangando puntigli e gelosie e cattiverie infantili, punti di vista radicalmente diversi che ribaltano all’infinito la visione del passato, per poi giungere al presente, ai lavori o agli impegni di entrambe, eticamente agli antipodi. Incompresioni tra i personaggi, ipocrisie in famiglia, tutto l’apparato del bieco circolo familiare, poi uno svelamento, la madre sarebbe morta e la sorella maggiore non avrebbe informato la minore, che avrebbe colto questa occasione per rovesciarle addosso tutto il rancore, le frustrazioni, le violenze, le aporie di un’esistenza. E nonostante un fugace momento di riappacificazione, di avvicinamento, senza parole, in cui la condivisione di una musica libera istinti anche benevolmente reciproci, il cerchio si salda, con la chiusura del sipario, sull’assenza di ricomposizione, di comprensione. Di amore. Sulla voce dell’odio riverberata dalle grida, continue, tenaci. Non c’è pace, mai. Troppa cronaca (fittizia), forse.
Maura Sesia